- 著者
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仲谷 満寿美
- 出版者
- イタリア学会
- 雑誌
- イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
- 巻号頁・発行日
- no.58, pp.131-150, 2008-10-19
Benche gli opuscoli amatori dell'Alberti siano di per se interessanti, nessuno studioso del nostro Paese sembra essersene specificamente occupato. A nostro avviso e invece opportuno prendere in considerazione due saggi fondamentali che hanno come tema la Deifira (per la quale si utilizza qui l'edizione critica del Grayson 1973), una delle opere albertiane stampate piu frequentemente nel Rinascimento. Il primo e M. Aurigemma, L'Ecatomfila, la Deifira e la tradizione rinascimentale della scienza d'amore (1972), un contributo ormai classico ma non sbiadito. Qui la Deifira e accoppiata a priori (ma non senza ragione se si considera la tradizione delle stampe) con l'Ecatonfile (secondo il titolo di Marcelli 2004) quale dittico inseparabile allo scopo di dettare norme sul comportamento amoroso. Egli afferma che nelle due opere e possibile individuare tanto l'esortazione alla medietas e all'esercizio della prudenzia, quanto l'incitamento all'industria. Nella mia analisi mostrero pero che tali concetti, ricavati dall'Ecatonfile, non sono altrettanto applicabili alla Deifira, soffermandomi in particolare sulla medietas. L'Aurigemma ne indica un indizio nella similitudine del sole abbagliante e in quella del grande sasso che rotolando fracassa tutto. Da parte mia aggiungero anzi che anche la similitudine del toro legato sembra indirizzata allo stesso scopo. Ritengo pero che tali immagini, somiglianti a quella del bambino in fasce nei secondi Asolani, I, ix (1530), non siano orientate all'espressione della medietas, poiche la similitudine bembiana vuole invece ammonire riguardo al veloce e pericoloso accrescersi del sentimento amoroso. Sembra viceversa piu facile trovare un elemento di eccesso, piuttosto che di medietas: ad es. Filarco condanna l'infedelta, la velleita, la crudelta delle donne con un tono quasi misogino. Se tutte le donne fossero cosi cattive, sarebbe inutile cercare la medietas nell'amare creature tanto abominevoli. Pallimacro si lamenta ininterrottamente per la perdita del suo amore, con un'ostinazione altrettanto eccessiva. A lui Filarco cerca di dare consigli, non importa se impraticabili, come andare a caccia di lupi e di orsi, cacciagione incredibilmente pericolosa. Anzi, gli suggerisce addirittura di <<tagliare quel membro>>, perche un dolore momentaneo del corpo puo scacciare una volta per sempre il dolore cronico delta mente. Questa stranissima cura e segnata dall'eccesso, non certo dalla medietas. E quindi difficile considerare la Deifira e l'Ecatonfile come due facce della stessa medaglia. Il secondo saggio che desideriamo considerare e R. Rinaldi, Melancholia albertiana: dalla Deifira al Naufragus (1985), uno straordinario contributo nel quale si osserva come l'amore di Pallimacro mostri indizi che rimandano all'amor hereos. L'amor hereos e un'alienatio connessa al disordine determinato dallo stato umorale della melancholia. Questa e descritta anche in opere di alcuni medici medievali, come Costantino Africano, Bernardo Gordonio, Arnaldo di Villanova, Valesco di Taranta e Michele Savonarola (Lowes 1914). Secondo il Rinaldi, il <<tagliare quel membro>> alluderebbe alla castrazione di Saturno, il dio (ovvero il pianeta) che domina la melancholia. Gli ammonimenti di Filarco in questa prospettiva avrebbero dunque l'obiettivo di recuperare un malato d'amore alla vita sociale e per questa ragione i suoi consigli clinici derivano da opere mediche. Investigando la spiegazione della cura del Gordonio, si capisce tuttavia che molte delle sue terapie sono fondate sui Remedia amoris ovidiani. Il viaggio in paesi lontani, il parlare con gli amici, l'andare a caccia sono certo raccomandati anche dai medici medievali, ma sono riscontrabili anche in Ovidio (benche ne il Gordonio ne Ovidio prescrivano l'evirazione). In altre parole, la Deifira non sembra deviare dalla tradizione letteraria in misura cosi consistente come sostiene il Rinaldi, ma le sue osservazioni talvolta azzardate rimangono sempre preziose, al punto che tutti gli studiosi successivi non possono non farvi riferimento. L'ipotesi che presentiamo in questo lavoro, tuttavia, differisce dalle interpretazioni sia dell'Aurigemma che del Rinaldi, poiche essi hanno investigato l'operetta assegnando un significato letterale a tutte le prescrizioni li presenti. Si ritiene invece che molte delle affermazioni dell'operetta possano essere ricondotte ad un intento motteggiante, il che potrebbe rappresentare un ulteriore punto di interesse e di fascino per l'opera albertiana.