著者
西川 しずか
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.64, pp.29-48, 2014

<p>In Italia, durante la seconda meta del Quattrocento, il collezionismo di gemme antiche era al culmine della sua prosperita. Per "gemme antiche" si intendono i cammei (incisioni in rilievo) e gli intagli (incisioni a incavo) di pietre preziose o semipreziose che venivano prodotti in eta antica. Al tempo, queste erano considerate il simbolo della nobilta e vantavano una considerazione esorbitante e non paragonabile alle opere d'arte dello stesso periodo. Fra i piu noti collezionisti del tempo, troviamo Papa Paolo II, Francesco II Gonzaga o Mattia Corvino: ogni grande signore ambiva al possesso delle gemme antiche. Una passione che potrebbe essersi generata dalla lettura della Storia Naturale di Plinio il Vecchio, che narra il mitico e fanatico collezionismo di Alessandro Magno e di altri imperatori. La raccolta di Lorenzo de' Medici, detto il Magnifico (1449-1492), che fu tra i piu importanti collezionisti del suo tempo, era famosa per la ricercatezza della qualita. Tra i capolavori spiccava soprattutto un piatto fondo di epoca ellenica con cammei su entrambe le superfici: la cosiddetta Tazza Farnese a cui, per la rarita, viene conferito un valore inestimabile. Questo gioiello dell'arte greca passe in seguito alla famiglia Farnese (da cui il nome attuale), giungendo sino a not carica di un'aura pressoche mitica. Si ritiene, infatti, che sia appartenuta agli imperatori romani Augusto e Costantino II e che nel 1239 fosse stata acquistata da Federico II di Svevia. La presenza della Tazza Farnese a Samarcanda ed Herat all'inizio di XV secolo, durante l'impero Timuride, potrebbe essere suggerita dalla sua riproduzione in un disegno di Muhammad al-Khayyam. Giunse, quindi, nelle mani di Alfonso V d'Aragona e, subito prima di approdare in casa Medici, fu di proprieta di papa Paolo II. Il lato esterno della Tazza Farnese presenta una testa di Medusa, mentre la superficie interna e dedicata ad illustrare allegoricamente la fertility della dinastia Tolemaica. E inoltre noto che Lorenzo considerava le gemme antiche al pari delle opere d'arte e che ha contribuito alla rinascita della glittica antica, una tecnica per cui si incidevano temi mitologici su pietre preziose o semipreziose. Possedeva infatti numerosi cammei e intagli del periodo che imitavano altre gemme antiche in suo possesso, aumentandone cosi il prestigio. Le imitazioni delle gemme antiche offrivano inoltre grande fama agli artisti. Nelle ricerche precedenti si e osservato che Sandro Botticelli (1444/5-1510) conosceva questa corrente e che nelle sue opere e possibile trovare riferimenti alle gemme antiche dei Medici. Questo lavoro intende mostrare come la Venere raffigurata in Venere e Marte presso la National Gallery di Londra sia una citazione della figura femminile distesa nel centro, incisa sulla Tazza Farnese e considerata in genere come Iside, divinita dell'antico Egitto, osservazione che non si presenta nelle ricerche svolte fino ad oggi. Possiamo, ad esempio, notare la grande somiglianza fra la pettinatura della Venere di Botticelli e quella di Iside: il morbido ricciolo discendente e la lunga treccia occipitale rimandano direttamente al lungo ricciolo e al nastro sull'occipite della figura incisa nella Tazza. Anche la spilla sul petto e il vestito di Venere, con il bordo dorato intorno al seno, sono simili all'abito di Iside che, peraltro, mostra un nodo al centro del petto per accentuare il seno sopra la fascia. Si intende poi verificare l'interpretazione della tematica di Iside, sulla Tazza Farnese nel Quattrocento, non ancora chiarita, attraverso l'analisi del De rerum natura di Lucrezio, delle Stanze per la giostra di Poliziano e de Le metamorfosi (L'asino d'oro) di Apuleio. Si propone qui per la prima volta l'ipotesi che in quel tempo Iside fosse raffigurata come Venere, secondo quanto emerge da un piccolo numero di opere</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>