著者
ベンチヴェンニ アレッサンドロ 北川 忠紀
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.14, pp.7-24, 1966-01-20

Studiando il canto 26mo dell' Inferno, non mi e mai sembrato che ci fosse un vero contrasto, fra l' Ulisse della tradizione classica, cambiato in fiamma, pre avere istigato il tranello del cavallo di Troia e la confessione che Ulisse stesso fa, raccontando la storia del suo naufragio. che secondo Dante e anche la causa della sua discesa nell' Inferno. Alcuni commentatori troppo abituati a leggere la Divina Commedia, come un racconto oggettivo di un viaggio immaginario del poeta, che una esperienza intima esistenziale di Dante, hanno sentito il contrasto, e per spiegarlo hanno dovuto ricorrere all' ormai troppo vecchio strattagemma, di dividere la personalita del poeta in due, facendolo giudicare alcune volte come poeta ed altre come teologo. Secondo me, Ulisse, che non e altro che un simbolo, per Dante, simbolo di un male da evitare, comincia con insegnare inganni e termina ingannando se stesso, attribuendosi falsamente, e qui l' inganno, la forza di poter sorpassare i limiti fissati dagli Dei.La confidenza esagerata, frutto del successo avuto ingannando gli altri, lo conduce naturalmente ad avere una tale fiducia nel potere della sua intelligenza da osare persino di sorpassare i limiti fissati da Dio.Mi sembra dunque, che il secondo Ulisse non sia che una conclusione logica del primo, perche infondo fra il primo Ulisse, quello della tradizione classica, ed il secondo quello inventato da Dante, c' e la medesima relazione di quella che esiste fra causa ed effetto, e chi oserebbe vedere un solo contrasto anche se non contradizione, fra la causa e l' effetto ?

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