著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.47, pp.1-17, 1997

Secondo Dante, la posizione dell'uomo nella struttura dell'universo corrisponde esatamente a quella del linguaggio umano. L'uomo infatti occupa una posizione intermedia tra gli abitanti del paradiso e gli animali inferiori. Gli angeli e i beati sono le "sustanze separate da materia", sicche'i minori e' grandi / di questa vita miran nello speglio / in che prima che pensi, il pensier pandi' (Par., xv, 61-63), Tale natura deriva dal fatto che nelle intelligenze celesti "l'affetto e il senno" corrispondono perfettamente (Par., xv, 74-76), per cui non hanno bisogno di avere il linguaggio. Per quanto riguarda gli animali inferiori, "dato che sono guidati dal mero istinto naturale, non fu necessario dotare neppure loro di linguaggio : e in effetti tutti gli animali appartenenti alla stessa specie hanno in comune gli stessi atti e passioni, sicche attraverso i propri possono conoscere quelli degli altri" (De v. e., I, ii, 5).Solo agli uomini e invece necessario un qualche segno insieme razionale e sensibile per la mutua comunicazione fra pensieri, perche lo spirito umano, in differenza di quello trasparente degli angeli, e gravato dallo spessore e dall′opacita di un corpo mortale (De v. e., I, iii, 1-2). Dopo la confusio linguarum, gli uomini mutarono le proprie lingue a loro arbitrio. Ogni lingua quindi, come i quattordici dialetti dell′Italia esaminati dal Poeta, e naturale poche si impara dalla madre, ma non e universale come il latino. Come e ben noto, Dante volle creare un volgare illustre, insieme naturale e universale. Ogni lingua e potenzialmente dotata della capacita di esprimere, ma spetta a ogni individuo di trasformare questa potenza in atto. Il cambiamento delle lingue storicamente manifestato e dovuto alla stessa natura dei mortali tanto instabili e corruttibili, pare essere puramente negativo, ma Dante ne rinviene invece un aspetto positivo, sostenendo che se un individuo disponesse del suo libero arbitrio per migliorare la propria lingua, riuscirebbe in fine a portarla a un alto grado di espressivita. Tuttavia, mentre un abuso del libero arbitrio conduce gli uomini alla dannazione, un suo buon uso li porta in Purgatorio. Abbiamo qui di nuovo un'immagine della struttura dell'universo riportata nell'orizzonte del linguaggio. Per Dante, creare una lingua nuova significava infatti espiare il "peccato originale linguistico" dell'uomo. Dante stesso, d'altronde, e riuscito con il suo strenuo sforzo individuale a raggiungere un linguaggio nel contempo naturale e universale, quasi paradisiaco, distaccandosi dal ristretto ambito linguistico e assumendo una prospettiva cosmopolita, grazie alla sua dolorosa esperienza dell'esilio.

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