著者
岩倉 具忠
出版者
京都外国語大学
雑誌
研究論叢 (ISSN:03899152)
巻号頁・発行日
vol.67, pp.175-184, 2006

「国語論争」(questione della lingua)とは幾世紀にもわたるイタリア語のモデル(共通語)についての大論争である.文学作品の創作にあたって,フィレンツェを代表とするトスカ-ナ地方の方言なのか,それとも多くの方言の長所を採り入れた折衷的なイタリア語なのかという問題である.それには中世以来多国家,多都市に分裂していたイタリアの歴史自体が深くかかわってくる.中世のいわゆる育都市国家を経てルネサンス時代に入ると,イタリアにはいくつかの強力な国家の支配が確立し,政治的にも文化的にも互いに拮抗し合い,覇権を争うことになる.当然この不統一な政治状況は「俗語の混乱」を招き,当の国語論争にも反映した.フランスのように中央集権国家の確立によって政治的統一が達成されていた国とは違い,イタリアはそうした統一が政治的要因によって阻まれていたとはいえ,イタリア人には同じ文化を共有しているという意識はあった.だからこそ共通語としてのイタリア語を求めたのである.ルネサンス期には各々宮廷を持つ君主,僭主,教皇たちの人文主義的文化政策によって知識人のあいだの交流が促進され,かれらのあいだには,時として政治的統一への願望とあいまって,古代におけるラテン語のような「共通語」への回帰に対する欲求がとみに高まってきたというのも事実であった.この論争のさなかにトリッシノによって発見されたダンテの『俗語詩論』の写本が,「折衷派」に利用されることになる.しかし『俗語詩論』でダンテの追い求めた「共通語」は,実は詩のジャンルのなかでもっとも高級なカンツォ-ネに適した「高貴な俗語」にはかならなかった.そうした理想的言語を駆使できるのは,プロヴァンスの詩人たちにも匹敵する国際級の大詩人であり,シチリア派やボロ-ニャの少数の詩人とダンテ自身のみであることを巧妙に暗示しようというのが『俗語詩論』の「隠れた」意図であったとすれば,この作品はいわば文学的「自己解釈」であったと考えられる.こうした隠れた意図はもとより,次元の高いダンテの構想を理解できなかったルネサンスの作家たちは,『神曲』をフィレンツェ方言で書きながら,『俗語詩論』で,ある種のフィレンツェの語嚢を拒絶したダンテが矛盾を犯していると考えた.その代表者は共通語をフィレンツェ方言にするべきであると主張するマキャヴェッリであった.中世の修辞学に則りダンテは,詩の文体に厳密な等級を設け,カンツォ-ネは最高級の「悲劇的」文体でかかれ,一方『神曲』は,中級の「喜劇的」文体でかかれるべきであるとした.したがって「高貴な俗語」の範疇に入らない低俗な語彙が『神曲』で用いられるのは当然のことなのである.その後のイタリア語はどのような歩みをたどったのであろうか.現在イタリア語の標準語は,フィレンツェ方言に落ち着いた.実はイタリア語の標準語の形成には独特な経緯があったのである.ダンテ,ぺトラルカ,ポッカッチォの三大作家がいずれもフィレンツェ方言で創作したため,イタリア全土のひとびとはまずものを書くにあたって,この三大作家をモデルにした.その結果フィレンツェ方言が共通語となり,やがて話しことばにもフィレンツェ方言が浸透していった.ダンテから現代にいたる700年の間にイタリア語がさほど変わっていないということは,三大作家の時代に現代イタリア語の基礎が築かれたということを意味する.ダンテはよく「イタリア語の父」と呼ばれるが,これは単なる比境というより,まさに文字通り,イタリア語の生みの親といえるであろう.国語論争をしているあいだに言語は自然の流れに乗っていたのである.
著者
岩倉 具忠
出版者
京都大学
雑誌
京都大學文學部研究紀要 (ISSN:04529774)
巻号頁・発行日
vol.26, pp.139_a-61_a, 1987-03-31

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著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.22, pp.95-103, 1974-03-20

L, A.cerca di individuare un filone del linguaggio della critica d'arte nella storia della lingua moderna italiana, analizzando i vari aspetti linguistici rilevanti negli scritti di alcuni autori in questo campo. L'A.mette in rilievo l'importanza capitale dll'influenza esercitata dall'estetica crociana sulla critica d'arte : si tratta del problema della valutazione estetica delle opere d'arte non solo nel campo della critica d'arte contemporanea ma anche in quello degli studi della storia dell'arte. Questa tendenza non pote lasciare tracce indelibili anche al linguaggio usato come strumento della critica. Secondo l'analisi dell'A., le caratteristiche piu salienti, sono le metafore linguistiche tratte da altri campi, l'espressione astratta forse dovuta anche all'assemanticita dell' oggetto da criticare nel caso dell'arte contemporanea, per esempio il neologismo, causato dall'esigenza di trovare espressioni che possano esprimere adeguatamente i nuovi concetti.
著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.47, pp.1-17, 1997

Secondo Dante, la posizione dell'uomo nella struttura dell'universo corrisponde esatamente a quella del linguaggio umano. L'uomo infatti occupa una posizione intermedia tra gli abitanti del paradiso e gli animali inferiori. Gli angeli e i beati sono le "sustanze separate da materia", sicche'i minori e' grandi / di questa vita miran nello speglio / in che prima che pensi, il pensier pandi' (Par., xv, 61-63), Tale natura deriva dal fatto che nelle intelligenze celesti "l'affetto e il senno" corrispondono perfettamente (Par., xv, 74-76), per cui non hanno bisogno di avere il linguaggio. Per quanto riguarda gli animali inferiori, "dato che sono guidati dal mero istinto naturale, non fu necessario dotare neppure loro di linguaggio : e in effetti tutti gli animali appartenenti alla stessa specie hanno in comune gli stessi atti e passioni, sicche attraverso i propri possono conoscere quelli degli altri" (De v. e., I, ii, 5).Solo agli uomini e invece necessario un qualche segno insieme razionale e sensibile per la mutua comunicazione fra pensieri, perche lo spirito umano, in differenza di quello trasparente degli angeli, e gravato dallo spessore e dall′opacita di un corpo mortale (De v. e., I, iii, 1-2). Dopo la confusio linguarum, gli uomini mutarono le proprie lingue a loro arbitrio. Ogni lingua quindi, come i quattordici dialetti dell′Italia esaminati dal Poeta, e naturale poche si impara dalla madre, ma non e universale come il latino. Come e ben noto, Dante volle creare un volgare illustre, insieme naturale e universale. Ogni lingua e potenzialmente dotata della capacita di esprimere, ma spetta a ogni individuo di trasformare questa potenza in atto. Il cambiamento delle lingue storicamente manifestato e dovuto alla stessa natura dei mortali tanto instabili e corruttibili, pare essere puramente negativo, ma Dante ne rinviene invece un aspetto positivo, sostenendo che se un individuo disponesse del suo libero arbitrio per migliorare la propria lingua, riuscirebbe in fine a portarla a un alto grado di espressivita. Tuttavia, mentre un abuso del libero arbitrio conduce gli uomini alla dannazione, un suo buon uso li porta in Purgatorio. Abbiamo qui di nuovo un'immagine della struttura dell'universo riportata nell'orizzonte del linguaggio. Per Dante, creare una lingua nuova significava infatti espiare il "peccato originale linguistico" dell'uomo. Dante stesso, d'altronde, e riuscito con il suo strenuo sforzo individuale a raggiungere un linguaggio nel contempo naturale e universale, quasi paradisiaco, distaccandosi dal ristretto ambito linguistico e assumendo una prospettiva cosmopolita, grazie alla sua dolorosa esperienza dell'esilio.
著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.29, pp.1-71, 1980

Se esaminiamo attentamente le pagine del De Vulgare Eloquentia, ci accorgiamo subito che ci sono dei capitoli dedicati alla trattazione della teoria generale del linguaggio (dal I all' VIII cap.)e dei capitoli destinati a discutere problemi piu concreti dal punto di vista storicosperimentale (dal IX al XV cap.). Mentre la teoria esposta nei primi capitoli si e basata su un' accurata mutuazione di varie fonti preesistenti, come Dante stesso ammette (I, I, I), i capitoli seguenti affrontano, nel metodo e nel contenuto, discussioni originali e innovative pur non allontanandosi dal nuovo tipo di approccio storico-sperimentale. Ma ora il nostro interesse si volge piuttosto alla teoria generale del linguaggio che, per quanto indubbiamente meno originale, presenta evidenti differenze rispetto ad altri simili trattati di retorica del suo tempo. Mosso da un suggerimento di M. Corti, che e recentemente riuscita ad identificare una parentela tra il testo del De V.E. e quello di un logista danese, si e potuto constatare, attraverso l'analisi di alcuni termini frequente-mente usati come per es. locutio ed eloquentia, e lo studio del metodo con cui Dante svolge le sue trattazioni, che, dietro una teoria "teologico-linguistica"formatasi intorno ai problemi del linguaggio, si puo identificare un sostrato teorico finora stranamente sfuggito all'attenzione degli studiosi di questa materia. Sara loro futuro compio non soltanto la ricerca specifica di ogni fonte, ma anche e soprattutto la generale e precisa comprensione dello sfondo culturale contemporaneo, come Mengaldo giustamente osserva: questo patrimonio culturale, lungi dall'essere completamente compreso, esercito un'influenza non trascurabile sulla formazione della teoria dantesca.
著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.40, pp.1-16, 1990-10-20

Mi sono interessato particolarmente alla parte del canto XV del "Paradiso" che costituisce il preambolo al famoso incontro con Cacciaguida, in cui il trisavolo del poeta rivolge a Dio parole incomprensibili ai mortali. Si tratta di un linguaggio mistico che il poeta non ha modo di intendere. Gli angeli e i beati non hanno bisogno di nessun mezzo di comunicazione, perche la loro intelligenza non viene coperta "cum grossitie atque opacitate mortalis corporis humanus". Essi mirano "nello speglio in che, prima che pensi, il pensier pandi". Non era necessario quindi per un beato come Cacciaguida parlare a Dio che "tutto discerne". Ci deve esere un altro motivo per cui egli parla. A mio parere nelle parole che Cacciguida rivolge a Dio vi e un elemento mistico e liturgico. Nel "De vulgari eloquentia" Dante spiega l'origine della lingua umana, basandosi sulla narrazione del "Ggenesi", ma aggiunge delle considerazioni personali che non si trovano nel testo originale. Il poeta pensa che Adamo abbia cominciato a farsi sentire prima che a sentire, perche nell'uomo il farsi sentire e piu essenziale che il sentire. Adamo, unico uomo esistente, avrebbe rivolto la sua prima parola a Dio per farsi intendere. Ma Dio discerne tutti i segreti della mente del primo uomo, e non c'era necessita che Adamo parlasse. Dio tuttavia volle che anch' egli parlasse, affinche fosse gloirficata la Sua opera. Io penso che Cacciaguida rivolga le sue parole a Dio per una ragione analoga : glorificare l'opera del Signore, ringraziandolo per l'eccezionale generosita con cui ha concesso al suo discendente l'alta missione di "scriba Dei". Di fatto il linguaggio mistico di Cacciaguida si configura come uno sfogo religioso simile a una preghiera. Una situazione non molto diversa si puo osservare nel dialogo tra Dante e Cacciaguida. Dal momento che quest' ultimo prevede tutto quanto il poeta concepisce nella mente senza che venga espressa con il linguaggio, non sarebbe stato necessario che Dante si esprimesse. Cio nonostante il trisavolo gli chiede di parlare con voce "sicura, balda e lieta". Anche qui si tratta di un atto prettamente rituale. Che significato ha dunque in Dante il ricorso a tale azione rituale? Senza dubbio il poeta voleva conferire autorita alla missione decretata dall' Eterna Volonta senza tuttavia esplicitarne il vero significato. In conclusione il linguaggio mistico nel episodio considerato e un artificio retorico utilizzato abilmente dal poeta per rendere ancora piu solenne l'incontro memorabile con il suo trisavolo.
著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.40, pp.1-16, 1990-10-20 (Released:2017-04-05)

Mi sono interessato particolarmente alla parte del canto XV del "Paradiso" che costituisce il preambolo al famoso incontro con Cacciaguida, in cui il trisavolo del poeta rivolge a Dio parole incomprensibili ai mortali. Si tratta di un linguaggio mistico che il poeta non ha modo di intendere. Gli angeli e i beati non hanno bisogno di nessun mezzo di comunicazione, perche la loro intelligenza non viene coperta "cum grossitie atque opacitate mortalis corporis humanus". Essi mirano "nello speglio in che, prima che pensi, il pensier pandi". Non era necessario quindi per un beato come Cacciaguida parlare a Dio che "tutto discerne". Ci deve esere un altro motivo per cui egli parla. A mio parere nelle parole che Cacciguida rivolge a Dio vi e un elemento mistico e liturgico. Nel "De vulgari eloquentia" Dante spiega l'origine della lingua umana, basandosi sulla narrazione del "Ggenesi", ma aggiunge delle considerazioni personali che non si trovano nel testo originale. Il poeta pensa che Adamo abbia cominciato a farsi sentire prima che a sentire, perche nell'uomo il farsi sentire e piu essenziale che il sentire. Adamo, unico uomo esistente, avrebbe rivolto la sua prima parola a Dio per farsi intendere. Ma Dio discerne tutti i segreti della mente del primo uomo, e non c'era necessita che Adamo parlasse. Dio tuttavia volle che anch' egli parlasse, affinche fosse gloirficata la Sua opera. Io penso che Cacciaguida rivolga le sue parole a Dio per una ragione analoga : glorificare l'opera del Signore, ringraziandolo per l'eccezionale generosita con cui ha concesso al suo discendente l'alta missione di "scriba Dei". Di fatto il linguaggio mistico di Cacciaguida si configura come uno sfogo religioso simile a una preghiera. Una situazione non molto diversa si puo osservare nel dialogo tra Dante e Cacciaguida. Dal momento che quest' ultimo prevede tutto quanto il poeta concepisce nella mente senza che venga espressa con il linguaggio, non sarebbe stato necessario che Dante si esprimesse. Cio nonostante il trisavolo gli chiede di parlare con voce "sicura, balda e lieta". Anche qui si tratta di un atto prettamente rituale. Che significato ha dunque in Dante il ricorso a tale azione rituale? Senza dubbio il poeta voleva conferire autorita alla missione decretata dall' Eterna Volonta senza tuttavia esplicitarne il vero significato. In conclusione il linguaggio mistico nel episodio considerato e un artificio retorico utilizzato abilmente dal poeta per rendere ancora piu solenne l'incontro memorabile con il suo trisavolo.
著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.27, pp.24-47, 1979-03-03

Prima di esaminare le caratteristiche proprie della lingua e dello stile dei poeti siciliani, l'A. cerca di mettere in evidenza un aspetto rilevante, comune alla poesia lirica dell'Europa medievale, e ravvisabile in fondo anche nelle opere della Scuola poerica siciliana. Chi prenda a caso alcuni versi di un poeta medievale e cerchi di metterli a confronto con quelli di un altro notera subito che quasi tutti i poeti cantavano su temi gia frequentemente ripetuti e anche dal punto di vista linguistico seguivano una maniera molto simile. Il motivo di tale tendenza verso l'omogeneita e l'impersonalita sarebbe dovuto al fatto che poeti medievali attingevano alla stessa fonte di patrimonio poetico tradizionale e cercavano di ricalcarne fedelmente la forma e la lingua ed inoltre tendevano ad essere molto suscettibili all'influsso delle letterature straniere. Innumerevoli limiti e regole, di generazione in generazione cosi accumulatesi nella poetica del tempo, fecero si che i poeti finissero con l'elaborare una tecnica eccessivamente manieristica. Nel procedere all'analisi di opere di questo genere dobbiamo sempre stare attenti a non trascurare il minimo segno che ci consenta di identificare la loro originalita difficilmente riconoscibile, spesso celata sotto un aspetto apparentemente omogeneo. Dopo aver delineato sommariamente il contesto culturale della Magna Curia sveviana in cui si e formata la Suola, l'A. prende in esame alcune canzoni di Giacomo da Lentini e di Guido delle Colonne. Attraverso analisi linguistiche l'A. viene ad identificare una struttura piu complessa e un linguaggio piu elaborato che le canzoni di Guido ci rivelano in confronto a quelle di Giacomo, che sono invece foneticamente piu ricche e piene di immagini vive, ma ci dimostrano chiararamente una fisionomia piu arcaica. L'A. vede uno svilippo storico linguistico avvenuto tra questi due poeti insigni della Scuola. Come indice di questo sviluppo l'A. osserva tra gli altri elementi la distribuzione delle parti del discorso e l'uso della perifrasi. In genere si puo netare facilmente che opere piuttosto arcaiche dimostrano una predominanza verbale e una poverta sostantivale. Ma in un'epoca piu tarda invece tale tendenza cede sempre di piu a quella della predominanza sostantivale ed aggettivale e l'uso piu frequente della perifrasi viene accertato nelle opere piu tarde che hanno un tono piu elevato e un contenuto metafisico. In base a questo criterio l'A. tenta di riesaminare le canzoni sopraccennate. Mentre nelle canzoni di Giacomo si possono trovare molti esempi dell'uso verbale e soprattutto l'uso delle similitudini che richiedono una cosruzione verbale, respinto quasi totalmente dai poeti del Dolce Stilnovo, quelle di Guido ricorrono invece volentieri all'uso dei sostantivi e degli aggettivi e non ripudiano anche l'uso della perifrasi. L'A. conclude affermando che si dovrebbe supporre una seconda generazione della Scuola poetica siciliana a cui Guido delle Colonne dovrebbe appartenere e vede una fase di evoluzione linguistica e stilistica tra le due generazioni. Contemporaneamente l'A. cerca di sottoporre ad un esame critico il guidizio di Dante sui due poeti siciliani proposto nella sua De Vulgari Eloquentia. L'A. non e affatto restio ad affermare che la particolare predilezione di Dante per le canzoni di Guido sarebbe dovuta alla sua intenzione di guistificare la sua attivita poetica giovanile, come osserva acutamente Mario Marti, ma vede nello stesso tempo nel giudizio dantesco anche una verita storica obbiettivamente accertata.
著者
岩倉 具忠
出版者
京都大學文學部
雑誌
京都大學文學部研究紀要 (ISSN:04529774)
巻号頁・発行日
vol.24, pp.59-138, 1985-03-30

この論文は国立情報学研究所の学術雑誌公開支援事業により電子化されました。
著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.16, pp.85-100, 1968-01-20

L'autore cerca di spiegare quale posizione importante assume la teoria del sostrato nella, linguistica storica contemporanea e di chiarire nello stesso tempo il motivo si sia spinto alla ricerca dell'origine e della formazione di quella teoria che caratterizza la scuola italiana fondata e diretta dall'Ascoli. Nel secondo capitolo viene delineato lo sviluppo del pensiero relativo al concetto del sostrato in Italia, mettendo in ordine cronologico varie testimonianze di alcuni autori appartenenti all'epoca della linguistica prescientifica, come per esempio Muratori e Maffei. Pone in rilievo la posizione particolare del Cattaneo linguista che esercitera piu tardi un forte influsso sul pensiero ascoliano. Nel terzo capitolo, attraverso l'analisi delle prime opere ascoliane, l'autore osserva che la teoria del sostrato, in poco conto dall'Ascoli fino a circa il 1860, assume un'importanza sempre maggiore nel suo pensiero, in relazione al passaggio del suo interesse dal campo della linguistica indoeuropea a quello della linguistica romania. L'autore pensa cha la formazione della teoria del sostrato nella linguistica ascoliana corrisponde esattamente alla formazione dell'Ascoli romanista avvenuta nel 1873 con la fondazione dell'Archivio Glottologico ltaliano, con la cui collaborazione Ascoli poteva formare una scuola italiana emula di quella tedesca che fino a quell'epoca godeva di un predominio assoluto nel campo della linguistica storica. E' proprio la teoria del sostrato che diventa una delle piu salienti caratteristiche di questa scuola. E' stato fatto ogni sforzo per porre la linguistica italiana in una giusta posizione nello sviluppo generale della linguistica storica avvenuto in Europa, soprattutto nella Germania dell 'Ottocento.