著者
長谷川 悠里
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.61, pp.1-22, 2011

<p>Nel Paradiso della Commedia, Il Primo Mobile e il luogo d'origine dello spazio e del tempo, rappresentati come due realta causa-effetto inscindibili. La scelta dantesca di collocare il Primo Mobile come forza motrice del cosmo ha origine nelle autorita antiche, ma l'idea di conferire ad esso una funzione generatrice del tempo e frutto della conciliazione di vari aspetti di diverse correnti di pensiero, cristiane ed antiche. Il Primo Mobile dapprima viene introdotto da Tolomeo per motivi filosofico-speculativi al fine di spiegare il fenomeno della precessione degli equinozi. Prima di Dante, Sant'Agostino aveva gia affermato che il tempo e misura del moto, ma non aveva impostato l'esistenza del Primo Mobile come luogo d'origine del tempo. Solo in Dante, dunque, il Primo Mobile diventa l'elemento unificatore tra il mondo temporale e il mondo non-temporale che, in funzione del motore secondo una legge naturale-divina, regola l'eterno ruotare dell'Universo attorno all'Empireo. In vari luoghi del Paradiso (Par. X-XIII, XXIII-XXIV, XXVII-XXIX), il moto planetario si configura nei cerchi trinitari dei beati e degli Angeli. Negli studi danteschi, l'interpretazione tradizionale dei cerchi delle anime paradisiache afferma che essi simboleggiano, oltre alla sapienza divina e la fede, la perfezione dell'Universo creato da Dio. I cerchi dei beati vengono assimilati ai congegni dell'orologio meccanico nel cielo del Sole e nel cielo delle Stelle Fisse. In merito a tale similitudine, si pone pero una questione: per quale motivo i cerchi dei beati, simbolo della perfezione divina e dell'eternita, vengono paragonati all'orologio meccanico? La nostra coscienza di moderni percepisce il tempo come un concetto contrastante all'eternita. Il divario che si apre tra la natura del tempo e quella dell'eternita conduce inoltre ad un'altra questione: la rotazione dei cerchi dei beati e puro simbolo della perfezione divina? Per comprendere il rapporto tra l'eternita e il tempo in Dante, e necessario risalire agli autori antichi, in primo luogo a Platone. Il dualismo presente nella cosmologia dantesca tra mondo temporale ed eternita ha origine nel Timeo, che vede le forme del tempo come imitazione dell'eternita. Nella visione platonica, la struttura circolare del sistema planetario riporta eternamente tutti i pianeti nello stesso luogo, ed e proprio dal moto dei cieli che il tempo viene ad essere creato e misurato. In questo modo, nel cosmo platonico, la rotazione dei pianeti e il fondamento dell'Universo e garantisce la somiglianza tra l'eternita e il tempo del nostro mondo. Considerando tutto cio, si puo presumere che questo rappresenti uno dei motivi fondamentali per cui i beati danteschi compiono un movimento circolare. In Sant'Agostino l'immagine mobile dell'eternita, il tempo, non solo imita l'eternita, ma anche l'eterna uguaglianza (aequalitas) attraverso il ritmo del movimento dei numeri, i quali costituiscono ogni elemento delle creature. Il concetto platonico e ben presente nel De musica di Agostino, dove si tratta l'idea di aequalitas come legge suprema dell'ordine del creato. Solo l'aequalitas e in grado di mantenere un collegamento armonico fra tutti gli esseri, a loro volta costituiti dai numeri: tutti i numeri muovono da Dio, motore immobile, a Dio, causa finale. Per Agostino, l'aequalitas e il principio di ogni esistenza: ha origine nell'Empireo, dove rimane "eterna aequalitas", un non-luogo eterno, dove non era e non sara, ma sempre e, in un eterno presente. Secondo Dante (Convivio IV, II, 6), il tempo e "numero di movimento, secondo prima e poi" (Aristotele, Fisica IV). Il tempo nasce dai moti circolari del cielo e viene misurato dall'unita di numero eternamente uguale e invariabile. Da questo concetto si</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>
著者
長谷川 悠里
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.60, pp.111-133, 2010-10-20

L'affermazione che esista nell'universo un'armonia cosmica venne sostenuta da autorita antiche come Pitagora, Platone, Cicerone e Macrobio, ma venne rifiutata da Aristotele e dai suoi commentatori medievali come Tommaso d'Aquino. Rispetto a questo, Dante, parlando dell'armonia delle sfere sin dal primo canto del Paradiso, dichiara la sua posizione riguardo a tale dottrina. La concezione che il moto delle sfere risultasse in un'armonia sonora ha origine negli studi matematici di tradizione pitagorica ed e stata in seguito sviluppata in diversi modelli dell'armonia musicale al fine di calcolare le distanze tra i pianeti e dalla Terra, nonche le dimensioni complessive dell'universo. I secolari studi matematico-musicali sull'argomento vennero poi categorizzati da Boezio nella cosiddetta musica mundana. Questo lavoro muove dalla considerazione di alcuni trattati che potrebbero aver formato la concezione musicale di Dante, insieme ad un breve accenno al concetto matematico-musicale del Medioevo. Come e noto, alla musica nel Medioevo era attribuito un carattere peculiare ereditato dalla cultura greca, radicalmente diverso dal concetto di musica moderno. Vengono poi analizzate le tre note categorie di musica formulate da Boezio (la musica mundana, la musica humana e la musica instrumentalis) e confrontate con le tre cantiche della Commedia, facendo riferimento ai diversi saggi che hanno trattato questo argomento. Nel Paradiso il punto di vista privilegiato per osservare l'armonia delle sfere e il cielo del Sole. L'analogia dell'universo dantesco con le scale celesti discusse nel De Institutione musica di Boezio potrebbe rappresentare una spiegazione del panorama che si apre nel cielo del Sole. Boezio e Isidoro sono presenti insieme ad altri teologi e filosofi nel cielo del Sole, dove viene descritta la danza trinitaria eseguita dai tre cerchi che ne rappresentano il simbolo. Anche al di fuori del campo della musica, vari studiosi hanno riconosciuto l'influenza dei loro trattati nelle opere di Dante. Per questa ragione si tratteranno qui alcuni passi delle Etymologiae di Isidoro, aggiungendovi una considerazione sulle Institutiones di Cassiodoro, a cui Isidoro stesso fece riferimento per compiere il suo lavoro enciclopedico. Dante, da parte sua, non scrisse alcun trattato sulla musica, ma ne parlo, per esempio nel Convivio, in cui la musica viene paragonata al cielo del Marte. Il poeta scrive che la musica si fonda sulla legge dell'armonia, e che "in essa scienza massimamente e bella". La sua conoscenza sulla musica e la sua familiarita con l'ambiente musicale del tempo si riconosce soprattutto nei versi del Paradiso che rappresentano la danza e la musica polifonica dei beati. L'esame prosegue, dopo la breve ma necessaria spiegazione sulla scala musicale greca, attraverso la presentazione delle scale celesti di Nicomaco e di Cicerone, prendendo spunto dalle citazioni dantesche presenti nei principali studi finora pubblicati in Italia. Dapprima, riguardo a Cicerone, si citera Il sogno di Scipione, il Commento al sogno di Scipione di Macrobio ed infine il De Institutione musica di Boezio. In merito a Nicomaco verranno trattati il suo Manuale di armonia e Institutione di Boezio. Benche lo studio della simbologia e la struttura numerica della Commedia abbia avuto esiti piuttosto significativi negli ultimi decenni, il tema dell'armonia cosmica delle sfere, pur avendo un aspetto numerico anch'esso, non ha ricevuto altrettanta attenzione. Nel canto X del Paradiso, Dante invita il lettore a contemplare la bellezza del cielo e l'armonia delle sfere. Se guardiamo il disegno dell'universo che aveva in mente Dante dal punto di vista della musica del suo tempo, ci si offre una visione fantasiosa, ma nello stesso tempo estremamente 'poetica', alla quale l'astronomia del nostro secolo non lascia spazio. L'argomento dello studio che qui si propone non riguarda percio la musica in senso stretto, ma piuttosto i passi del Paradiso nei quali Dante tratteggia la musica mundana teorizzata come scale celesti, di cui il lettore dovrebbe avere coscienza per una migliore comprensione dei versi del Paradiso.
著者
長谷川 悠里
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.60, pp.111-133, 2010-10-20 (Released:2017-04-05)

L'affermazione che esista nell'universo un'armonia cosmica venne sostenuta da autorita antiche come Pitagora, Platone, Cicerone e Macrobio, ma venne rifiutata da Aristotele e dai suoi commentatori medievali come Tommaso d'Aquino. Rispetto a questo, Dante, parlando dell'armonia delle sfere sin dal primo canto del Paradiso, dichiara la sua posizione riguardo a tale dottrina. La concezione che il moto delle sfere risultasse in un'armonia sonora ha origine negli studi matematici di tradizione pitagorica ed e stata in seguito sviluppata in diversi modelli dell'armonia musicale al fine di calcolare le distanze tra i pianeti e dalla Terra, nonche le dimensioni complessive dell'universo. I secolari studi matematico-musicali sull'argomento vennero poi categorizzati da Boezio nella cosiddetta musica mundana. Questo lavoro muove dalla considerazione di alcuni trattati che potrebbero aver formato la concezione musicale di Dante, insieme ad un breve accenno al concetto matematico-musicale del Medioevo. Come e noto, alla musica nel Medioevo era attribuito un carattere peculiare ereditato dalla cultura greca, radicalmente diverso dal concetto di musica moderno. Vengono poi analizzate le tre note categorie di musica formulate da Boezio (la musica mundana, la musica humana e la musica instrumentalis) e confrontate con le tre cantiche della Commedia, facendo riferimento ai diversi saggi che hanno trattato questo argomento. Nel Paradiso il punto di vista privilegiato per osservare l'armonia delle sfere e il cielo del Sole. L'analogia dell'universo dantesco con le scale celesti discusse nel De Institutione musica di Boezio potrebbe rappresentare una spiegazione del panorama che si apre nel cielo del Sole. Boezio e Isidoro sono presenti insieme ad altri teologi e filosofi nel cielo del Sole, dove viene descritta la danza trinitaria eseguita dai tre cerchi che ne rappresentano il simbolo. Anche al di fuori del campo della musica, vari studiosi hanno riconosciuto l'influenza dei loro trattati nelle opere di Dante. Per questa ragione si tratteranno qui alcuni passi delle Etymologiae di Isidoro, aggiungendovi una considerazione sulle Institutiones di Cassiodoro, a cui Isidoro stesso fece riferimento per compiere il suo lavoro enciclopedico. Dante, da parte sua, non scrisse alcun trattato sulla musica, ma ne parlo, per esempio nel Convivio, in cui la musica viene paragonata al cielo del Marte. Il poeta scrive che la musica si fonda sulla legge dell'armonia, e che "in essa scienza massimamente e bella". La sua conoscenza sulla musica e la sua familiarita con l'ambiente musicale del tempo si riconosce soprattutto nei versi del Paradiso che rappresentano la danza e la musica polifonica dei beati. L'esame prosegue, dopo la breve ma necessaria spiegazione sulla scala musicale greca, attraverso la presentazione delle scale celesti di Nicomaco e di Cicerone, prendendo spunto dalle citazioni dantesche presenti nei principali studi finora pubblicati in Italia. Dapprima, riguardo a Cicerone, si citera Il sogno di Scipione, il Commento al sogno di Scipione di Macrobio ed infine il De Institutione musica di Boezio. In merito a Nicomaco verranno trattati il suo Manuale di armonia e Institutione di Boezio. Benche lo studio della simbologia e la struttura numerica della Commedia abbia avuto esiti piuttosto significativi negli ultimi decenni, il tema dell'armonia cosmica delle sfere, pur avendo un aspetto numerico anch'esso, non ha ricevuto altrettanta attenzione. Nel canto X del Paradiso, Dante invita il lettore a contemplare la bellezza del cielo e l'armonia delle sfere. Se guardiamo il disegno dell'universo che aveva in mente Dante dal punto di vista della musica del suo tempo, ci si offre una visione fantasiosa, ma nello stesso tempo estremamente 'poetica', alla quale l'astronomia del(View PDF for the rest of the abstract.)