- 著者
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ベルテッリ ジュリオ・アントニオ
- 出版者
- イタリア学会
- 雑誌
- イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
- 巻号頁・発行日
- no.61, pp.217-236, 2011-10-15
L'anno 1868 segno l'inizio di una nuova era per il Giappone: dopo il crollo dello shogunato dei Tokugawa, l'oligarchia che conquisto il potere in nome dell'Imperatore, promosse, con l'aiuto delle potenze occidentali, una serie di riforme politico-istituzionali e sociali che cambiarono radicalmente il Paese. Tali riforme cancellarono in pochi anni ogni traccia del decrepito e corrotto sistema feudale, dando inizio a un rapido processo di modernizzazione e occidentalizzazione, il quale, nel giro di alcuni decenni, trasformo il Giappone in una grande potenza imperialista. Ebbe cosi inizio il periodo Meiji. Ma il 1868 fu anche l'anno in cui si verifico il cosiddetto Incidente di Kobe (in giapponese: Kobe jiken): il 4 febbraio (che corrisponde all'11 gennaio del calendario lunare), successivamente all'apertura del porto di Hyogo, il comandante del corpo di guardia del Principe di Bizen, il quale quel giorno stava attraversando la citta di Kobe, ordino di aprire il fuoco contro alcuni stranieri, colpevoli di aver tagliato la strada alla processione nelle vicinanze del Santuario di Sannomiya (Sannomiya Jinja). Gli stranieri colpiti non furono uccisi, ma soltanto feriti; nonostante cio la rilevanza storica dell'Incidente di Kobe e notevole poiche in tale occasione i rappresentanti del nuovo governo Meiji si trovarono per la prima volta a svolgere negoziati diplomatici con i Ministri delle potenze occidentali. I rappresentanti esteri chiesero ed ottennero in breve tempo la condanna a morte (mediante harakiri, o seppuku, ossia il taglio del venire) di Taki Zenzaburo, l'ufficiale che ordino ai soldati di aprire il fuoco contro gli stranieri. E il Governo Meiji, in occasione dell'esecuzione di Taki, fece in modo che sette rappresentanti di altrettante potenze estere potessero assistere per la prima volta a quella lugubre cerimonia. Uno di loro era un giovane italiano, Pietro Savio (1838-1904), il quale, nonostante non fosse un diplomatico, lavorava in quegli anni come factotum presso il Consolato e la Legazione Italiana (e negli anni successivi si dedichera, come molti suoi compatrioti, al commercio del seme-bachi). Questo volenteroso giovane, che, affascinato dalla cultura nipponica, aveva addirittura deciso di intraprendere to studio della lingua giapponese, subito dopo aver assistito all'esecuzione di Taki, scrisse un breve resoconto manoscritto indirizzato all'allora Ministro Plenipotenziario Italiano in Giappone Conte Vittorio Sallier De La Tour (1827-1904), ed alcuni anni dopo, all'interno di un suo libro pubblicato nel 1875 e intitolato Il Giappone nella sua vita pubblica e privata, torno a soffermarsi su quella vicenda che lo segno cosi profondamente. In questo articolo verranno innanzitutto analizzate le lettere manoscritte (inedite) che il Ministro Italiano in Giappone Conte De La Tour invio a piu riprese al Ministero degli Affari Esteri a Firenze in merito ai fatti di Kobe, la relazione manoscritta (anch'essa inedita) di Pietro Savio sull'esecuzione di Taki e la parte de Il Giappone di Savio riguardante l' harakiri. Sulla base delle suddette fonti primarie verranno messi in luce i seguenti punti: 1) La posizione particolare del Ministro De La Tour riguardo alla decisione presa insieme agli altri rappresentanti diplomatici di chiedere la pena capitale per Taki: egli non si trovava pienamente d'accordo con i suoi colleghi poiche considerava tale punizione troppo severa. Tuttavia, De La Tour, il quale era giunto in Giappone da pochi mesi e non poteva ancora contare sull'appoggio di navi da guerra italiane, non fu in grado di far valere la sua posizione. Si pensa che, dopo l'Incidente di Kobe, De La Tour sia riuscito a convincere il governo italiano a far stazionare una nave da guerra nei mari dell'Estremo Oriente (la prima, ovvero la Principessa Clotilde giungera in Giappone nel dicembre dello stesso anno), allo scopo di tutelare gli interessi dell'Italia e aumentare il prestigio del Regno in quelle terre lontane. 2) Il modo in cui Savio descrive, nei suoi resoconti, come Taki Zenzaburo affronto la morte: a differenza delle piu famose testimonianze, prima fra tutte quella in lingua inglese di Algernon Bertram Mitford (1837-1916) (anch'egli era uno degli stranieri presenti la notte dell'esecuzione), Savio esalta, seppur con uno stile semplice e pacato, il coraggio di Taki, ammirando la purezza d'animo che accompagno il guerriero negli ultimi istanti di vita senza soffermarsi troppo a sottolineare il fatto che egli fosse un semplice criminale da punire. 3) L'importanza storica dell'opera di Pietro Savio: e necessario sottolineare che egli, con la sua pubblicazione del 1875 (Il Giappone al giorno d'oggi nella sua vita pubblica e privata), fu il primo testimone diretto ad illustrare ai lettori italiani il singolare rituale dell'harakiri, soffermandosi allo stesso tempo su numerosi altri aspetti della cultura nipponica.