- 著者
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霜田 洋祐
- 出版者
- イタリア学会
- 雑誌
- イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
- 巻号頁・発行日
- no.62, pp.1-25, 2012-10-16
I frequenti interventi in prima persona del narratore-autore sono uno degli elementi tipici dei romanzi europei del primo Ottocento. La figura del narratore dei Promessi sposi, per molti aspetti, appartiene a questa tradizione. L'uso manzoniano delle prime persone e, pero, a ben vedere, molto particolare, in quanto lo scrittore milanese le utilizza in modo sistematico. Nell'introduzione dei Promessi sposi, interrompendo <<il proemio>> dell' autore anonimo con un discorso diretto, il Manzoni narratore si presenta con la prima persona singolare. Dopo aver manifestato l'intenzione di <<prender la serie de' fatti>> dal manoscritto e <<rifarne la dicitura>>, pero, comincia improvvisamente a usare la prima persona plurale (plurale "autoriale"). Poiche queste due prime persone, <<io>> e <<noi>>, vengono usate alternatamente nel romanzo, gia alcuni critici hanno giustamente tentato di classificare le loro funzioni mettendo in evidenza la pluralita del ruolo della voce narrante. Tutti i modelli di classificazione elaborati sono basati, in diversa misura, sull'idea di un <<noi>> autorevole che parla con sicurezza e pronuncia la verita. Questa sfumatura di autorevolezza e propria del plurale autoriale, ovvero la prima persona plurale usata al posto della prima persona singolare. Il narratore dei Promessi sposi, tuttavia, fa un largo uso anche della prima persona plurale allo scopo di coinvolgere il lettore. Si tratta del plurale inclusivo (<<io>> + <<voi>>) che potrebbe essere definito un <<noi>> "affettivo". Tra i casi evidenti di questo <<noi>> affettivo si puo classificare l'aggettivo possessivo <<nostro>>, che viene usato riferendosi ai personaggi <<il nostro Abbondio>>, <<il nostro giovine>>, ecc.) e fa in modo che il lettore condivida l'affetto del narratore-autore verso di loro. Insieme alla prima persona dell'aggettivo possessivo, con cui il narratore gioca sulla complicita con i lettori, anche le altre forme (verbale e pronominale) della prima persona plurale vengono usate per includere l'ascoltatore o meglio il lettore. Accanto ai verbi che si riferiscono all'atto del parlante / scrivente (<<abbiamo scritto>>, <<citeremo>>, <<ometteremo>>, <<spendiamo quattro parole>> ecc.), si trovano quelli che sembrano voler coinvolgere il lettore. Tipici sono i verbi che raffigurano chi "vede" i personaggi e la loro storia e seguendoli "si muove" dentro il testo (<<come abbiam veduto>>; <<per andar dietro a Renzo, che avevam perduto di vista>> (XI, 49); <<andiamo a vederlo [=Cardinale Borromeo] in azione>> (XXII, 47); <<Trasportiamoci al castello>> (XX, 42), ecc.). Anche se rimane difficile individuare tra i due poli una linea di confine netta, si deve comunque dire che la differenza tra il <<noi>> autoriale propriamente detto e il <<noi>> affettivo e notevole, e siccome all'interno delle enunciazioni contenenti la prima persona plurale, ritenute per lo piu omogenee, emerge questa varieta significativa, sara opportuno riconsiderare la loro tipologia. Ciascuno dei due tipi di <<noi>>, che compaiono entrambi di frequente nel romanzo manzoniano, ha una propria funzione. I dati raccolti da chi scrive mettono in rilievo la frequenza disuguale delle enunciazioni con il <<noi>> autoriale (esse appaiono in totale piu di 200 volte). Se ne trovano numerose nei capitoli cosiddetti "storici", capitoli in cui vengono narrati i fatti realmente accaduti. Si puo quindi ritenere che l'uso del <<noi>> autoriale sia fortemente motivato dall'atto di riportare le vicende storiche, e che la presenza di questo <<noi>>, creando un effetto di veridizione, contribuisca in un certo senso alla distinzione tra la narrazione storica e quella inventata. D'altro canto il <<noi>> affettivo (presente nel romanzo circa 140 volte), con una distribuzione nei capitoli relativamente equilibrata, viene usato spesso nei cambi di scena. Utilizzandone la funzione fatica o comunicativa, il narratore invita i lettori (solo quelli che hanno percorso con lui l'itinerario del viaggio testuale e non altri) a partecipare al lavoro di svolgere la trama. Dunque, diversamente dai romanzieri della generazione successiva, tendenti a celare i segni dell'<<io>> narrante, il narratore-autore dei Promessi sposi utilizza le vane forme della prima persona valorizzandone attentamente le diverse funzioni cosi da renderle parte della strategia narrativa con cui affronta alcuni dei problemi principali del romanzo moderno: la verosimiglianza del racconto, la veridicita della narrazione e il rapporto con il lettore.