著者
國司 航佑
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.60, pp.177-200, 2010-10-20

Il rapporto fra Croce e D'Annunzio, due delle maggiori figure intellettuali del primo Novecento, e stato ed e un interessantissimo argomento per molti critici. Croce scrisse due monografie su D'Annunzio e ne parlo anche in altri scritti. Notevole e il fatto che Croce, pur avendo egli stimato favorevolmente le capacita artistiche di D'Annunzio nella prima monografia del 1904 (Gabriele d'Annunzio), lo condanni nella seconda del 1935 (L'ultimo d'Annunzio). Le ragioni di questo mutamento di giudizio e il tema dello studio che qui si presenta. Premettiamo una breve storia del giudizio critico di Croce su D'Annunzio: parlandone per la prima volta in un carteggio inviato a Capuana nel 1897, Croce lo descrive come un poeta che non puo equivalere agli "artisti grandi" anche se possiede "molta abilita tecnica". Nella prima edizione (1904) di Gabriele d'Annunzio (raccolta nel 1915 in un volume della Letteratura della nuova Italia con modifiche non trascurabili) si trovano degli apprezzamenti senza riserve: "Rendiamo omaggio a Gabriele D'Annunzio, all'artefice mirabile, […] a questa impetuosa forza produttrice […] che teste ci ha dato la Francesca e le Laudi, e gia […] annunzia compiuto nescio quid maius, una Figlia di Iorio". Ma si tratta di una lode non priva di ambiguita: nello stesso scritto infatti, pur premettendo che la parola dilettente e priva di qualunque "colorito ingiurioso", riferendosi all'indole del poeta, lo definisce un "dilettante di sensazioni". Il suo giudizio sembra via via farsi piu severo. Nel 1907, in Di un carattere della piu recente letteratura italiana, Croce condanna la "condizione di spirito" (in generale "il valore morale") che traspare nella produzione letteraria della triade Fogazzaro, Pascoli e D'Annunzio, e nel 1915 Croce, in una delle postille della Critica, rimprovera D'Annunzio chiamandolo "ex-poeta". Nell' Ultimo D'Annunzio, infine, da una parte nega ogni valore all'ultima produzione dannunziana (1904-1935), dall'altra non ammette la qualifica di "poesia" nemmeno alla "sua opera migliore". In uno studio del 2004, Angelo Pupino, considerando anche le ricerche precedenti, cerca di rendere conto di questi cambiamenti. Una minuziosa analisi delle due edizioni di Gabriele d'Annunzio, consente a Pupino di definire il primo giudizio di Croce "tendenzialmente positivo in apparenza, precario nel suo fondo". Mostrando poi come l'opinione crociana muti nel tempo, deduce che Croce, nel nuovo sistema della sua estetica, finisce per contraddire il suo iniziale apprezzamento. Secondo Pupino il germe di questa contraddizione si puo gia intravedere nel Gabriele d'Annunzio. Tuttavia se ammettiamo alcune ambiguita nel primo giudizio di Croce, risulta difficile spiegarne il tono di apprezzamento. In realta Croce basava il proprio giudizio positivo soprattutto sulle opere dannunziane degli anni 1900-1904. A suo giudizio, D'Annunzio si presentava al massimo delle sue capacita artistiche nelle sue primissime opere come Canto novo o San Pantaleone e in quelle uscite quasi contemporaneamente alla stesura del Gabriele d'Annunzio come Laudi o Figlia di Iorio, mentre in Vergini delle rocce e nei drammi, pubblicati a cavallo tra le prime e quelle coeve al saggio crociano, il valore letterario del poeta scemava. Intorno al 1903-1904, D'Annunzio si presentava quindi agli occhi di Croce come un "poeta risuscitato"; le lettere scambiate nel 1903 tra Croce e Vossler ne sono testimonianza. Sintetizzando, Croce valutava negativamente le opere come Vergini delle rocce perche ritenute manifestazione di "non si sa quali alti concetti morali e politici" che D'Annunzio "fingeva di possedere". Tuttavia, questa opinione sfavorevole e appena accennata, e il giudizio complessivo sul poeta resta positivo. D'Annunzio stesso aveva smesso di dedicarsi a questo tipo di produzione letteraria. Riteniamo che tenendo conto della motivazione della lode al poeta abbruzzese nel Gabriele D'Annunzio, sia possibile spiegare anche il giudizio crociano posteriore. Nell'esprimersi severamente nei confronti di D'annunzio nel saggio del 1907, Croce aveva in mente l'ultima opera dannunziana, Piu che l'amore (1906), opera manifestamente politica. Anche quando nelle postille della Critica del 1915 Croce definisce D'Annunzio "ex-poeta", la causa principale del rimprovero erano le idee politiche di D'Annunzio espresse nell'Orazione per la Sagra dei Mille (1915). Cosi man mano che l'aspetto politico diventa dominante nella produzione letteraria di D'Annunzio, la critica crociana si inasprisce fino a scrivere L'ultimo d'Annunzio, dove Croce, basandosi sulla quasi totalita delle opere nelle quali i temi civili e politici risultano preminenti, muta il suo giudizio complessivo sul poeta in un giudizio negativo. Per concludere, riteniamo che siano state la variabilita dei temi affrontati da D'annunzio e l'abbracciare una causa politica e civile, ad influenzare il giudizio di Croce sull'opera dannunziana.
著者
國司 航佑
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌
巻号頁・発行日
vol.62, pp.49-73, 2012

<p>Benedetto Croce, uno dei piu importanti filosofi dell'Europa del ventesimo secolo, considero l'<<autonomia dell'arte>> come principio della sua estetica e del suo intero sistema filosofico. Questo principio veniva da lui teorizzato in virtu della nota distinzione fra quattro forme della vita spirituale (conoscenza intuitiva, conoscenza concettuale, attivita economica e attivita morale) e dell'identificazione dell'arte con la conoscenza intuitiva. Tuttavia, riferendosi all'ultima produzione di Croce, e difficile affermare che la sua posizione al riguardo non sia mai mutata. Si legge nell'Aesthetica in nuce (1928), ad esempio, un passo da questa prospettiva molto discutibile: <<Percio fondamento di ogni poesia e la personalita umana, e, poiche la personalita umana si compie nella moralita, fondamento di ogni poesia e la coscienza morale>>. Posto al centro questo problema, fra gli interpreti di Croce e nata una serie di polemiche. Gianfranco Contini, ad esempio, ne discusse con un tono alquanto polemico nel saggio L'influenza culturale di Benedetto Croce. Secondo Contini, nella storia del pensiero filosofico di Croce, ci furono delle modifiche non lievi, le quali riguardano innanzi tutto la questione etica dell'arte. A tal proposito, Contini sostenne che il saggio crociano Il carattere di totalita dell'espressione artistica (1918) segna una <<cesura>>, dato che la tesi contenuta nel saggio equivale a una <<REINTRODUZIONE DELLA MORALITA (o si dica addirittura del moralismo) IN ESTETICA>>. A prescindere dalle implicazioni che potrebbe avere questa <<cesura>>, molti altri critici (G. Sasso, M. Puppo, G. Orsini e E. Paolozzi) concordano nel riconoscere l'esistenza di un qualche cambiamento della posizione di Croce nei confronti del rapporto fra arte e morale. Tuttavia, il punto di svolta dell'estetica crociana viene riconosciuto piu spesso nell'Aesthetica in nuce (1928) che nel Carattere di totalita deli'espressione artistica, riferendosi, appunto, al passo menzionato sopra. D'altra parte, se Croce inizio, ad un certo punto, a richiedere moralita agli artisti, dovrebbe esserci stato qualche motivo. A dire di Contini, Croce introdusse la moralita in estetica, innanzi tutto perche gli era necessario uno <<strumento gnoseologico che gli permettesse di condannare, e proprio in nome della distinzione che aveva dichiarato l'autonomia dell'arte, la tendenza alla poesia pura e al frammento, cioe in blocco la letteratura contemporanea>>. In effetti, che l'atteggiamento assunto da Croce nei confronti della letteratura contemporanea fosse molto aspro e un fatto innegabile. Eppure, non e trascurabile un altro elemento: questa <<tendenza alla poesia pura e al frammento>> era molto consistente nell'epoca in cui Croce, con l'Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale, esordiva come filosofo di estetica (1902). Basti pensare che, in quegli anni, Pascoli, D'Annunzio e Fogazzaro, i poeti piu rappresentativi del cosiddetto decadentismo italiano, avevano gia pubblicato la maggior parte della loro produzione letteraria. Questa circostanza ci fa ipotizzare che mentre asseriva l'indipendenza dell'arte dall'attivita morale, Croce gia pensava a una teoria estetica che in qualche modo potesse comprendere in essa qualche sorta di moralita, per non dare una totale giustificazione alle tendenze della letteratura contemporanea. Con la suddetta ipotesi, nel presente articolo, si cerca di svolgere una lettura analitica dei testi estetici di Croce, soprattutto di quelli cditi prima degli anni in cui Contini indicava una <<cesura>> del percorso intellettuale del Filosofo (1915-18). Verra dato particolare rilievo ai seguenti testi. L'Estetica come scienza</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>