著者
加藤 守通
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.42, pp.56-79, 1992-10-20

Questa ricerca vuole investigare la teoria della cultura (eruditio) di Leonardo Bruni, uno dei famosi rappresentanti dell' "umanesimo civile" del Quattrocento e nello stesso tempo mostrare il suo sfondo storico tramite la comparazione con la teoria ciceroniana della cultura espressa nel dialogo De oratore. Nel libro di Bruni, De studiis et litteris, possiamo notare due caratteristiche della teoria della cultura : 1. l'insistenza che la cultura debba unire peritia litterarum (perizia letteraria) con scientia rerum (conoscenza delle cose)e 2. l' enfasi della vita civile. Nella prima parte della ricerca vengono chiarite nei dettagli queste due caratteristiche. Per questo scopo vengono usati anche i testi dagli altri scritti, come Lettere, scritti etici, Vita di Dante, e, last but not least, Cicero novus. Nella seconda parte viene esaminata la teoria ciceroniana della cultura in De oratore, la quale mostra grande somiglianza con quella di Bruni e percio implicitamente "l' influenza" di Cicerone su Bruni. Alla fine della ricerca si trova una critica alla tesi di Kristeller e Seigel che interpretano Bruni e gli altri umanisti come "professional rhetorician". Questa definizione e troppo limitata per l' umanista che voleva essere orator, cioe colui che unisce l' eloquenza con la conoscenza delle cose. La nostra ricerca consiste nelle seguenti parti : Prefazione I. La teoria della cultura di Bruni A. L' unione della peritia litterarum con la scientia rerum B. Peritia litterarum C. Scientia rerum D. L' enfasi della vita civile II. Lo sfondo ciceroniano della teoria della cultura di Bruni A. L' unione dell' eloquenza con la scientia rerum B. L' enfasi della vita civile Conclusione
著者
伊藤 博明
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.41, pp.256-263, 1991-10-20

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著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.27, pp.24-47, 1979-03-03

Prima di esaminare le caratteristiche proprie della lingua e dello stile dei poeti siciliani, l'A. cerca di mettere in evidenza un aspetto rilevante, comune alla poesia lirica dell'Europa medievale, e ravvisabile in fondo anche nelle opere della Scuola poerica siciliana. Chi prenda a caso alcuni versi di un poeta medievale e cerchi di metterli a confronto con quelli di un altro notera subito che quasi tutti i poeti cantavano su temi gia frequentemente ripetuti e anche dal punto di vista linguistico seguivano una maniera molto simile. Il motivo di tale tendenza verso l'omogeneita e l'impersonalita sarebbe dovuto al fatto che poeti medievali attingevano alla stessa fonte di patrimonio poetico tradizionale e cercavano di ricalcarne fedelmente la forma e la lingua ed inoltre tendevano ad essere molto suscettibili all'influsso delle letterature straniere. Innumerevoli limiti e regole, di generazione in generazione cosi accumulatesi nella poetica del tempo, fecero si che i poeti finissero con l'elaborare una tecnica eccessivamente manieristica. Nel procedere all'analisi di opere di questo genere dobbiamo sempre stare attenti a non trascurare il minimo segno che ci consenta di identificare la loro originalita difficilmente riconoscibile, spesso celata sotto un aspetto apparentemente omogeneo. Dopo aver delineato sommariamente il contesto culturale della Magna Curia sveviana in cui si e formata la Suola, l'A. prende in esame alcune canzoni di Giacomo da Lentini e di Guido delle Colonne. Attraverso analisi linguistiche l'A. viene ad identificare una struttura piu complessa e un linguaggio piu elaborato che le canzoni di Guido ci rivelano in confronto a quelle di Giacomo, che sono invece foneticamente piu ricche e piene di immagini vive, ma ci dimostrano chiararamente una fisionomia piu arcaica. L'A. vede uno svilippo storico linguistico avvenuto tra questi due poeti insigni della Scuola. Come indice di questo sviluppo l'A. osserva tra gli altri elementi la distribuzione delle parti del discorso e l'uso della perifrasi. In genere si puo netare facilmente che opere piuttosto arcaiche dimostrano una predominanza verbale e una poverta sostantivale. Ma in un'epoca piu tarda invece tale tendenza cede sempre di piu a quella della predominanza sostantivale ed aggettivale e l'uso piu frequente della perifrasi viene accertato nelle opere piu tarde che hanno un tono piu elevato e un contenuto metafisico. In base a questo criterio l'A. tenta di riesaminare le canzoni sopraccennate. Mentre nelle canzoni di Giacomo si possono trovare molti esempi dell'uso verbale e soprattutto l'uso delle similitudini che richiedono una cosruzione verbale, respinto quasi totalmente dai poeti del Dolce Stilnovo, quelle di Guido ricorrono invece volentieri all'uso dei sostantivi e degli aggettivi e non ripudiano anche l'uso della perifrasi. L'A. conclude affermando che si dovrebbe supporre una seconda generazione della Scuola poetica siciliana a cui Guido delle Colonne dovrebbe appartenere e vede una fase di evoluzione linguistica e stilistica tra le due generazioni. Contemporaneamente l'A. cerca di sottoporre ad un esame critico il guidizio di Dante sui due poeti siciliani proposto nella sua De Vulgari Eloquentia. L'A. non e affatto restio ad affermare che la particolare predilezione di Dante per le canzoni di Guido sarebbe dovuta alla sua intenzione di guistificare la sua attivita poetica giovanile, come osserva acutamente Mario Marti, ma vede nello stesso tempo nel giudizio dantesco anche una verita storica obbiettivamente accertata.
著者
中川 さつき
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.48, pp.252-274, 1998-10-20

"La clemenza di Tito" di Mozart (k. 621) fu rappresentata per la prima volta nel 1791 per l'incoronazione dell'imperatore Leopoldo II a re di Boemia. Il compositore non musico l'opera basandosi sul famoso libretto di Metastasio, rappresentato nel 1734 con la musica di Caldara, ma su un testo ridotto da Caterino Mazzola. Pur elogiando la musica di Mozart, fino a qualche anno fa, la maggior parte degli studiosi mozartiani giudicava il libretto di Metastasio convenzionale e fuori moda. A nostro avviso, questo giudizio e troppo parziale e influenzato dall'evoluzionismo, e in questo saggio, esaminando i due libretti di "La clemenza di Tito", cercheremo di chiarire la diversa concezione dell'opera lirica in Metastasio e in Mozart-Mazzola. Mozart-Mazzola apportarono due modifiche: una di forma e una di contenuto. Dal punto di vista formale, al fine di conformarsi alla tendenza di quegli anni, trasformarono il dramma metastasiano di tre atti in un'opera in due atti; accorciando poi i recitativi e inserendo i concertati, ovvero i duetti, i terzetti e i finali, diedero maggiore spazio alla musica. Per quanto riguarda il contenuto, Mozart-Mazzola trasformarono Vitellia e Tito, i personaggi idealizzati di Metastasio, in persone realistiche e umane. Vitellia e una principessa orgogliosa che sfruttando la fedelta di Sesto, vuole uccidere l'imperatore per salire al trono; tuttavia alla fine, per salvare la vita di Sesto, confessa la propria colpa. Nel testo originale, Vitellia agisce sempre con coerenza e consapevolezza, e sacrifica la propria vita per Sesto. Con grande padronanza di se, affronta la morte e nell'ultima aria canta "Getta il nocchier talora". Nella versione mozartiana, invece, e una donna debole che nel famoso rondo "Non piu di fiori vaghe catene" si lamenta per non essere in grado di sposare l'imperatore Tito. Mozart-Mazzola ridussero anche lo spessore dell'immagine di Tito, togliendo la sua dichiarazione di celibato a vita. I protagonisti idealizzati che nell'opera di Metastasio si sacrificano volontariamente per il bene degli altri diventarono cosi persone normali. In conclusione, mentre Metastasio privilegio la poesia sulla musica e realizzo immagini idealizzate, Mozart-Mazzola diedero maggiore importanza alla musica e crearono dei personaggi realistici.
著者
秋山 余思
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.13, pp.80-85, 1965-01-20

L'autore intende ricercare i vocaboli particolari usati in rima nella "Divina Commedia". Alla fine della terzina si trovano ogni tanto le parole che non sono usate oppure usate molto raramente fuori rima. In questo saggio sono raccolte diverse forme delle desinenze verbali e si spiega quali siano le loro origini dialettali e in quale scrittore se ne trovano gli esempi. E anche si puntualizzano le forme che si possono ritenere creazione di Dante stesso per fare rima.
著者
目形 照
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.11, pp.58-62, 1962-12-30

Il Pittore spagnolo Valdes Leal, nato a Siviglia nel secolo diciassettesimo e un personaggio d' un interesse tutto particolare che e stato perfino chiamato il pittore della morte. Il profondo sentimento religioso e la bellezza pura che esprimomo i personaggi rappresentati nei suoi quadri, hanno risvegliato di nuovo l'interesse degli studiosi d'arte. L'autore di questo articolo studia l'iconografia e L'esprssione estetica del quadro del Valdes "l'estasi di S.Francesco" servendosi di una riproduzione che si trova nel libro del Trapier.
著者
阿部 史郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.27, pp.1-5, 1979-03-03

La linea di sviluppo della letteratura nieviana appare gia definita fin dagli "Studi sulla poesia popolare e civile massimamente in Italia", opera nella quale il Nievo pose le basi della propria attivita futura. Il Nievo sosteneva negli "Studi" la necessita della presenza dell'elemento "popolare" nella letteratura. De Luca, insigne studioso del Nievo, manifesta questa opinione a proposito del significato del termine "popolare" : "Mentre il Berchet, facendo poesia popolare ha di mira un "popolo" in senso ristretto, cioe gli individui della classe intermedia tra la nbilta dei cosmopoli "i parigiani" e la plebe dei "balordi calzati e scalzi" "gli ottentotti", invece il Nievo punta direttamente proprio sulle plebi rurali, sugli "ottentotti". Il Nievo fu senza dubbio un osservatore attento e appassionato della vita rurale delle regioni a lui familiari, il Veneto ecc., ed e facile cogliere nell'arte sua l'impronta di questa consuetudine della campagna da cui nasce nel Nievo un amore sincero per l'umile gente dei campi. D'altro canto, pero non mi sembra essere vero che il Nievo avesse sufficiente coscienza delle miserevoli condizioni in cui vivevano gli umili dei campi, come invece afferma il De Luca. Se descrivere la realta sociale delle campagne per il Nievo significa non soltanto soddisfare al richiamo della moda, ma perseguire la sua ideologia letteraria, i risultati che lo scrittore raggiunge non sono abbastanza soddisfacenti. Gia trovavamo negli "Studi" dei precisi limiti ideologici dovuti a insufficiente meditazione del problema che attestano l'immaturita di questo tentativo. Gli "Studi" risultano quindi un tentativo inadeguato : tuttavia in essi sono presenti numerosi spunti che troveranno il loro sviluppo nelle successive opere del Nievo, e innegabilmente il primo di questi e l'idea della necessita dell'elemento popolare nella letterratura. L'amore per l'umile gente dei campi si manifesta nelle novelle apparse in vari periodici fra il 1855 ed il 1859 e riunite poi nel "Novelliere campagnolo". Fra esse, in particolare "La nostra famiglia di campagna" e indicativa dell'orientamento delle novelle campagnole che seguono. Il Nievo comincia dichiarando la propria intenzione di descrivere "per ischizzi e profili quella parte piu pura dell'umana famiglia che vive nei campi ; e per vivere intendo io lavorare in essi di braccia…ammirateli ed amateli(i contadini)…Al qual effetto non e d'uopo scrivere librattolo come malamente ho fatto io, ma avvicinarli, conoscerli, istruirli…" e alla fine il Nievo suggerisce una proposta, sia economia che politica, mirante a migliorare la loro situazione. Pero questa proposta non viene sviluppata in modo univoco e rettilinio nelle novelle campagnuole. In esse confluiscono varie disposizioni ideologiche, stilistiche e politiche, e gli esiti letterari che esse producono, risultano immaturi. Il Nievo lascia incompleta un'opera intitolata "Pescatore d'anime", iniziata prima della sua partenza per la Sicilia da dove non doveva piu ritornare. "Pescatore d'anime e soltanto un abbozzo ma e indicativo dell'orientamento dell'ultimo Nievo in cui le contraddizioni vengono completamente superate. Il Nievo fa sostenere al protagonita di questo abbozzo, Lorenzo Foschiani, le rivendicazioni sociali e politiche dei contadini. In questo saggio intendo chiarire l'oscillazione degli orientamenti della letteratura nieviana fra "La nostra famiglia di campagna" e "Pescatore d'anime" esaminando le novelle campagnuole una dopo l'altra."
著者
脇 功
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.16, pp.34-41, 1968-01-20

Questo articolo e scritto, comparando la critica alfieriana del De Sanctis fatta nella sua "Storia della letteratura italiana"e quella del Croce nella sua"Poesia e non poesia". L'autore addita che l'Alfieri disegnato dal De Sanctis ha due elementi ; cioe l'elemento romantico e quello illuministico. Il vigoroso desiderio verso l'assoluta liberta individuale che il De Sanctis distingue nell'Alfieri e l'elemento tipicamente romantico. Ma il De Sanctic unisce questo desiderio verso la liberta individuale all'aspirazione della liberta politica, dando alle opere dell'Alfieri il significato troppo politico, e lo considera come guida del risorgimento italiano. Questa considerazione risulta a dare all'Alfieri un carattere illuministico. Insomma, ll ritratto alfieriano del De Sanctis e un po'amblguo e non e chiaro come egli definisce l'Alfieri, come romantico o come illuministico. Mentre il saggio del Croce si svolge interamente intonro al desiderio verso la liberta individuale, cioe intorno all'"individuallsmo"alfieriano, evitando di porre nelle tragedie dell'Alfieri troppo valore politico, e lo definisce come precursore del romanticismo italiano. Da questa differenza fra il ritratto alfieriano del De Sanctis e quello del Croce, deriva anche la differenza delle valutazioni estetiche delle opere alfieriane. Il De Sanctis, additando il difetto delle opere dell'Alfieri, dice che il sentimento della liberta individuale e piu vivo in Alfieri, ma non gli concede il godimento estetico, e le sue concezioni, i suoi sentimenti sono espressi troppo crudi e disarmonici. Mentre il Croce insiste di leggere le tragedie dell'Alfieri come si legge la lirica, e valuta il vigoroso sentimento individuale dell'Alfieri come essenza della sua arte. Per concludere, la differenza dei ritratti dell'Alfieri disegnati da questi due grandi critici e molto significativo per pensare non solo sull'Alfieri ma anche sulla letteratura romantica italiana della prima meta dell'ottocento.
著者
ペルショウ アンリ 目形 照
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.12, pp.47-56, 1964-01-20
著者
岸本 通夫
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.9, pp.72-75, 1961-01-30

In questo articolo per la rivista "Studi italici", ho cercato di classificare i latinismi che si trovano nella Divina Commedia. Mi sono servito come base, la Divina Commedia con il commento dello Scartazzini, ed ho scelto specialmente le seguenti 9 parole : viro, cernere, sermo, repleto, labore(labor, leboro), prandere, festinare(festino), felle, face, che lo Scartazzini, commenta dal punto di vista fildlogice. Perolo Scartazzini nel suo commento fa rimarcare come latinismo solo la parola viro. Io ho studiato tutte le nove parole e mi sembra che si possa concludere. In molti casi i latinismi sono alla fine del verso e nel caso il poeta potrebbe essere stato obbligato dalla rima, che la frequenza dei latinismi e piu grande nel Paradiso.
著者
土肥 秀行
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.50, pp.208-231, 2000-10-20

La prima raccolta poetica di Pasolini del '42, poesie a Casarsa, e significativa non solo eome evento bibliografico, ma anche per il fatto che con questa egli abbia esordito in veste di poeta dialettale. Pasolini stesso spiego il morivo della scelta del friulano riferendosi a un certo realismo e al rapporto viscerale con la madre. Ma il suo realismo, fortemente legato all'estetica bipolare fra il sacro e il selvaggio, non e quello ordinario che riguarda l'oggetto in se, la cultura popolaresca, la lingua compresa, visto che negli anni '50 applico la stessa retorica estetizzante all'amore verso i sottoproletari delle borgate romane. In merito al rapporto con la madre, va notato che la maternita non e assoluta in Pasolini, ma complementare alla paternita. Per questo la motivazione dell'uso del dialetto non si esaurisce solo con l'accostamento del dialetto friulano alla figura materna. Per di piu, essendo una insegnante colta, la madre non parlo in realta un idioma contadino come il friulano di Casarsa. Percio, a prescindere da questi due punti, soffermiamo l'attenzione sulla questione della lingua "non sua" (Pasolini nacque a Bologna, e visse prevalentemente al di fuori del Friuli), rendendoci conto che la scelta di un dialetto non "a priori" per scrivere poesia e un caso raro nella storia della letteratura. In questa tesi il motivo della scelta linguistica viene esaminato in base alla coscienza della lingua poetica. Da un saggio linguistico del '65 in cui il poeta racconto che lo spunto per scrivere la prima poesia in dialetto fu la parola "rosada", possiamo cogliere che la "scoperta" del friulano e decretata essenzialmente dal suo essere una lingua "mai scritta". La sonorita del dialetto rievoca a Pasolini l a"vecchia salute di volgare" e la "verginita" che la "coscienza letteraria" facilmente corrompe nal corso della tradizione intesa come percorso di degradazione. Percio Pasolini risale all'origine della lingua poetica per ottenere una lingua non ancora consunta, chiamata dal poeta una lingua "romanza". Dunque il dialetto friulano e una lingua "romanza", allo stesso tempo, se viene scritto, una lingua riservata alla poesia, esclusiva di Pasolini poeta, cioe il suo idioletto. A questo punto Pascoli, poeta della lingua morta e Ungaretti, poeta della lingua pura influiscono su Pasolini che aveva una idea concisa, potenzialmente confusa, sulla poesia novecentesca: "era addirittura possibile inventare un intero sistema lingiustico, una lingua privaga (secondo l'esempio di Mallarme), trovandola magari fisicamente gia pronta <…> nel dialetto" (1957). Pero Pasolini stesso possedeva la "coscienza poetica" e ne era consapevole, come si evince dalla dichiarazione nella nota finale della prima raccolta sulle "violenze" linguistiche, cioe l'uso del dialetto da egli modificato per "lenocinii arcaicizzanti o preziosismi linguistici". Una delle "violanze" e l'influsso dell'idioma del dizionario friulano-italiano, il Nuovo Pirona. Si nota che questa intrusione era intenzionale, confrontando le varie stesure: Pasolini conosceva ele alcune forme corrette del friulano di Casarsa e solo all'ultimo momento ha sostituito alcune di esse con l'idioma della koine friulana estrapolata dal vocabolario. Cost quando ha affrontato un dialetto "mai scritto" per scrivere, e ricorso alla variante standard letteraria. Per il poeta la letterarieta e spesso connotata dall'arcaicita delle parole: sceglieva appositamente le parole classicheggianti, tronvandole sempre nel vocabolario, che certamente non sarebbero mai state sulle bocche dei contadini. In altri casi per la versione italiana messa in calce sceglieva le parole non deducibili dal testo friulano. Questa scelta distacca le due versioni l'una dall'altra, e rende spesso quella italiana meno implicata e proporzionalmente quella friulana piu ermetica. La distanza fra le due versioni provoca l'indipendenza di entrambe, dovuta da un concetto particolare del poita sulla traduzione. Pasolini, spesso partendo dalla stesura italiana, compose le due versioni passando piu volte da una ligua all'altra cosi che non ha senso distinguere quale sia la versione originale o quale quella tradotta. Attraverso questo meccanismo di composizione si sono generate le parole "intraducibili", riportate nella nota finale. Di fatto queste parole sono dotate di una forte impronta pascoliana, quella fonosimbolia, e non sono destinate alla significazione contenutistica, ma piuttosto alla significazione sonora. L'importanza attribuita alla dimensione sonora condusse addirittura il poeta ad inventare alcuni termini come "tintinula" (trillare) e "svampidit" (che svanisce) che seguissero il vocabolo fonosimbolico tipicamente pascoliano e si accordassero con altre parole sia foneticamente sia metricamente. L'"intraducibilita" della poesia dialettale sulla quale Pasolini insistette sempre deriva anche dall'atribubo intrinseco delle parole "intraducibili" come "imbarlumide" (luminosa, dolcemente stralunata), "rampit" (spoglio)) e "tremul" (tremulo) che evocano immagini evanescenti o fievoli ossi adelle immagini che quasi negano le proprie presenze concrete. Descritto in questo modo il luogo deve le poesie sono situate, Casara, appare come "non-luogo". L' "intraducibilita" fu prevista dal poeta, dato che il dialetto avrebbe dovuto essere una lingua pura, assoluta. In conseguenza dell' "intraducibilita" nel '54 Pasolini ritenne che le versioni italiane "fanno parte insieme, e qualche volta parte integrante, del testo poetico", insomma hanno valore in se. Del resto quando indichicmo la lingua poetica di Poesie a Casarsa, dovremmo intendere una unica entita composta dalle due lingue utilizzate da Pasolini: l'una e un friulano artificiale e l'altra e l'italiano. Cosi Pasolini si situo nel punto neutro fra diverse lingue, appunto siu "confini" da cui il giovane poeta fu ossessionato.
著者
岩倉 翔子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.39, pp.62-79, 1989-10-20

Cap. introduttivo : l'A. descrive l'ambito sociale entro cui si svolse l'attivita del pittore Neri di Bicci e fornisce dell' artista l'indispensabile collocazione storica ; cerca di chiarire quale fortuna ebbe il N. nella storia della critica d'arte, da Vasari ai giorni nostri, rilevando come l'inportanza del N. sia legata, piu che al valore della sua opera pittorica, al testo delle Ricordanze : esso offre infatti numerose notizie inedite sull'ambiente artistico fiorentino di allora. Cap. I : l'A. descrive l'interessante quadro familiare in cui crebbe il N. : iniziato alla carriera di pittore dal padre, che gia teneva una bottega d'arte piuttosto conosciuta, il nostro pittore divenne poi suo collaboratore e alla morte del padre ne continuo l'attivita. Cap. II : la data su cui si aprono Le Ricordanze-che il N. continuo a scrivere finoal 1475-e il marzo 1453, ma questa data deve essere esaminata da vari punti di vista. Cap. III : il manoscritto originale delle R. attualmente e conservato nella Biblioteca della Galleria Nazionale degli Uffizi di Firenze, con la segnatura "Manoscritto 2", dove esso giace dal I ottobre 1785. Queste R., che N. stesso dichiara di essere "segniato D" fanno supporre l'esistenza di altri testi, presumibilmente contrassegnati da A a C ; e in effetti, nelle R. s'incontra una citazione delle R. C. Cap. IV : l'A. traccia una cronologia delle diverse utilizzazioni critiche hora fatte delle R. : da Baldinucci, letterato del Seicento, fino a Cohn nel nostro secolo : e fra tutte, quella di Milanesi sembra la piu influente. Cap. V : per quanto riguarda la vicenda della trascrizione del manoscritto originale, l'iniziatore in tal senso appare Poggi ; ma il suo lavoro, seppur meritevole, si limita a una edizione parziale che egli corredo d'una serie di note. Quasi mezzo secolo dopo Poggi, Santi ha finalmente pubblicato una trascrizione completa del testo che offre al lettore competente un utilissimo ed esauriente documento ; al testo si aggiunge un' introduzione accurata ed ampia, che tratteggia da vari punti di vista l'ambiente artistico e culturale in cui N. svolgeva la sua attivita. Conclusione ; l'A. riassume una serie di scritti di artisti quattrocenteschi-come Alberti, Ghiberti, Cennini eec-, al cui confronto le R. di N. rivelano una maggiore concretezza, un piu preciso valore di documento ; esse appaiono in altri termini come la piu originale testimonianza dell' attivita quotidiana d'un pittore quattrocentesco minore. In una successiva e piu minuziosa analisi delle R., l'A. mostrera quale specie di coscienza, di gusto e di esigenza artistica avesse la piccola borghesia di allora ; e come l'attivita d'un pittore-considerato, dal punto di vista della storia dell'arte rinascimentale, ne geniale ne rinomato, ma piuttosto mediocre e divulgativo-si svolgesse in conformita al gusto e al desiderio della suddetta classe. Tale ricerca si rivolgera dunque verso quegli aspetti-soprattutto sociali-della storia artistica del Quattrocento italiano, ancora non completamente messi in luce.
著者
上村 忠男
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.28, pp.134-146, 1980-03-10
著者
和栗 珠里
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.48, pp.162-180, 1998

Le Compagnie della Calza, chiamate cosi per l'usanza di portare calze di seta, erano sodalizi di giovani patrizi veneziani dai quali i cittadini e i popolani erano praticamente esclusi. Questi sodalizi ebbero vita nel corso dei secoli XV e XVI, cioe rinascimentale, e avevano lo scopo di organizzare feste pubbliche e private. Secondo Lionello Venturi, fra il 1487 e il 1565 c'erano 23 Compagnie della Calza, ma forse anche di piu. Ciascuna compagnia era costituita generalmente da una ventina o una trentina di giovani, che eleggevano fra loro le cariche sociali: il Priore o il Signore, i consiglieri, il sindaco, il camerlengo. La prima occasione di attivita si ebbe con la fondazione della compagnia. Poi c'erano altre occasioni: le feste pubbliche, le visite di principi stranieri e le nozze dei membri. In queste occasioni, le compagnie organizzavano i pageant sul Canal Grande, facevano recitare commedie, danzavano sui soleri o nel cortile del Palazzo Ducale, davano banchetti nei loro palazzi, e cosi via. Le Compagnie della Calza avevano funzioni culturali e politiche. Erano mecenati delle arti "effimere" come spettacoli, danza, e musica. Soprattutto contribuivano moltissimo allo sviluppo delle arti teatrali a Venezia. Le Compagnie della Calza funzionavano anche come organismo diplomatico per l'accoglienza dei principi stranieri. Analizzando l'elenco dei membri delle Compagnie della Calza compilato nel saggio di Venturi, si ha una visione precisa della estrazione sociale dei 'calzaioli'. Generalmente i giovani patrizi che partecipavano alle Compagnie della Calza erano di famiglie molto ricche e influenti. Molti erano figli e nipoti dei grandi statisti della Repubblica di Venezia, e loro stessi sarebbero diventati personaggi importanti in futuro. Addirittura i primi tre dogi del Cinquecento, Leonardo Loredan, Antonio Grimani e Andrea Gritti, erano 'ex-calzaioli'. Tra le attivita delle Compagnie della Calza, le feste di nozze hanno avuto poca attenzione da parte degli studiosi, nondimeno erano molto importanti. Dei 35 documenti di nozze contenuti nel Codice Cicogna 1650/XV (articoli estratti dai Diarii di Marin Sanudo), ben 27 comprendono descrizioni di loro interventi e, negli statuti delle Compagnie della Calza, ci sono alcune clausole che riguardano le nozze dei membri. Le Compagnie della Calza, festeggiando i legami tra le famiglie nobili, contribuivano ad intrecciare il network di parentela, attraverso del quale l'oligarchia si sviluppo nel patriziato di Venezia del periodo rinascimentale. Nello stesso tempo, dopo la Serrata, il patriziato veneziano comincio a dare importanza alla purezza della sangue, e ad incoraggiare il matrimonio solo fra le famiglie nobile. Le Compagnie della Calza facevano sfoggio tale matrimonio benedetto dal loro ceto. Si puo concludere che le Compagnie della Calza fiorirono, politicamente, culturalmente e socialmente, sullo sfondo della grande svolta della storia di Venezia.