著者
牧野 素子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.59, pp.23-51, 2009-10-17 (Released:2017-04-05)

Tabucchi, in un articolo apparso su un quotidiano (<<Io, scrittore, come in uno specchio>>, Corriere della sera, 4 febbraio 1990), dichiara che Notturno indiano (1984) e un libro autobiografico, in cui l'io narrante e l'autore stesso in un determinato momento della sua vita. Varie interpretazioni di quest'opera sono state suggerite da Tabucchi stesso nel racconto La frase che segue e falsa. La frase che precede e vera (da ora in poi abbreviato in LF) contenuto nell'opera I volatili del Beato Angelico (1987). LF e un racconto in forma epistolare, costituito dal carteggio tra Tabucchi e il teosofo Xavier Janata Monroy, da cui prende il nome l'uomo ricercato dal protagonista di Notturno indiano. Questo racconto puo mostrare una doppia valenza, quale opera indipendente da un lato e quale chiave interpretativa per la scoperta di una storia all'interno di un'altra storia, dall'altro. Nella 'Nota', posta a prefazione di Notturno indiano, Tabucchi scrive: <<questo libro, oltre che un'insonnia, e un viaggio. L'insonnia appartiene a chi ha scritto il libro, il viaggio a chi lo fece>>. Da questa 'Nota' si evince che, oltre all'autore Tabucchi, che compie effettivamente un viaggio in India, e al protagonista della storia, c'e un altro personaggio, un viaggiatore la cui azione e descritta col verbo al passato remoto. Questo viaggiatore rappresenta il poeta portoghese Fernando Pessoa, oggetto della ricerca letteraria di Tabucchi. Sulla base delle due opere Piccoli equivoci senza importanza (1985) e Rovescio (Il gioco del rovescio) (1981), mandati da Tabucchi al teosofo Monroy in LF, e possibile far emergere, al di sotto della storia apparente di Notturno indiano, una seconda storia, celata da nomi camuffati e da giochi interlinguistici, da giochi di parole fondati su polisemia e sinonimia e da espressioni equivoche, secondo una tecnica usata nella letteratura marrana iberica del Cinquecento, uno dei generi letterari di cui Tabucchi si e occupato nel periodo degli studi universitari. Nella storia del <<rovescio>>, l'autore Tabucchi segue il viaggio del pensiero metafisico di Pessoa e attraverso questo suo cercare di comprendere profondamente il poeta, viene ad acquisire coscienza della propria missione come scrittore. Notturno indiano puo quindi essere ritenuto un viaggio attraverso il quale Tabucchi si dedica allo stesso tempo alla ricerca del poeta Pessoa e di se stesso: Pessoa non e dunque solo una citazione, ma anche un tema nascosto. Profondo conoscitore dell'opera di Pessoa, Tabucchi compie un viaggio in India alla ricerca di qualche traccia dei pensieri metafisici del poeta portoghese, allo scopo di avvicinarsi maggiormente alla sua figura reale. La profonda risonanza dell'universo romanzesco di Pessoa conservata tanto in Notturno indiano che nelle altre opere non solo conferisce vitalita alla narrazione, ma constituisce anche la testimonianza del fatto che l'autore ha trovato la propria identita di letterato. Nello stesso tempo, cosciente del destino degli ebrei costretti alla duplicita, <<dentro>> e <<fuori>>, <<diritto>> e <<rovescio>>, si accorge anche della propria duplicita. Soprattutto dopo il viaggio in India, Tabucchi, determinato a correggere questa sua duplicita, decide di non conformarsi ne ai regimi antidemocratici ne ai dittatori ne alle idee totalitarie e diventa uno scrittore che registra in forma di letteratura le voci e le memorie della gente sepolta nell'ombra della Storia scritta dall'autorita. Questa determinazione, dieci anni dopo la pubblicazione di Notturno indiano, portera alla creazione dell'opera a tema politico Sostiene Pereira (1994).
著者
北田 葉子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.41, pp.205-225, 1991-10-20 (Released:2017-04-05)

"Anche se e minacciato dalla tortura, interrogi su quale e sua intentione", ordino il pontefice Urbano VIII. Nel processo a Galileo e stata pronunziata una sentenza molto severa, Galileo fece abiura e il Dialogo fu messo all'indice, perche proprio Urbano VIII prese direttamente in mano il processo. Ma Urbano VIII in passato e stato riconsciuto come autorevole appoggio di Galileo. Si dice che i Gesuiti abbiano notificato a Urbano VIII informazioni sfavolevoli a Galileo, percio Urbano VIII si sarebbe adirato. Percio i Gesuiti avrebbero gettato Galileo in un processo religioso. Il conflitto fra Galileo e i Gesuiti prese le mosse dalla polemica sulle comete che continuo dal 1618 fino alla meta del 1620. Secondo studi recenti, i matematici gesuiti erano eccellenti e differenti dai teologi e i filosofi che non capirono il matematico. Percio penso che la polemica delle comete non si sai verificata fra gli scolastici non scientifici e il protettore della scienza nuova, cioe Galileo. D'altra parte Galileo dipendeva da molti mecenati perche non aveva beni personali. Galileo doveva servire i mecenati, cioe scrivere libri eccelenti, fare scoperte e invenzioni e cosi dare onore ai mecenati. I mecenati di Galileo, particolamente i membri dell'Accademia dei Lincei, volevano che Galileo superasse gli Aristotelici della Compagnia di Gesu nella polemica e gli felero scrivere libri che accusavano gli Aristotelici. Anche Urbano VIII e stato uno dei mecenati di Galileo ed apprezzava i suoi studi. Quindi Galileo divenne il supremo scienziato in Italia. Ma i Gesuiti non hanno potuto tollerare questo senza attaccare Galileo. Anche la Compagnia di Gesu come leader curturale e spirituale che sosteneva ciascun gesuita nella sua attivita, non voleva essere ferita nell'onore e perdere il mecenatismo di Urano VIII a causa di Galileo. Non si sa bene come abbia agito la Compagnia di Gesu. Ma ci sono tracce della congiura ordita dalla Compagnia ai suoi danni. Nel 1633, anno processo a Galileo, il mecenatismo nei confronti di Galileo si era indebolito per la morte dei suoi mecenati. Forse aspettando questa occasione, la Compagnia ha attaccato Galileo e lo ha fatto mettere sotto processo. Attraverso queste azioni ha cercato di recuperare il proprio onore e riacquisire il mecenatismo di Urbano VIII.
著者
石原 宏
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.40, pp.118-144, 1990-10-20 (Released:2017-04-05)

Come e noto, il pellicano che nutre i suoi piccoli con lo stesso sangue puntando il becco sul petto, e simbolo del Cristo crocifisso in atto di redimere l'umanita. L'iconografia del "Pellicano sulla Croce" si riferisce a questo pellicano simbolico rapprsentato in cima alla croce del Cristo crocifisso delle crocifissioni, dei crocifissi e nelle illustrazioni del "Lignum Vitae" di San Bonaventura. Nonostante che nei crosifissi croce dipinta) e nelle crocifissioni del trecento italiano questo simbolo fosse stato raffigurato spesso, non se ne ritrova riscontro prima di quest'epoca, come sostiene anche E. Sandberg-Vavala. In altri paesi oltramontani, il pellicano sulla croce lo troviamo gia alla fine del duecento. Il pellicano allegorico di Gesu Cristo ha una lunga storia nell'occidente cristiano. In "Physiologus", scritto probabilmente nella seconda meta del II sec. ad Alessandria, si parla per la prima volta della somiglianza fra il pellicano e il Cristo. II "Physiologus" godeva di vasta popolarita e fu utilizzato per molto tempo da vari "Bestiari" medioevali. In quasi tutti i "Bestiari" questo uccello simboleggiava il Cristo che si e sacrificato sulla croce. Dunque nell'arte figurativa, il nostro pellicano e stato rappresentato come simbolo del Cristo da solo oppure accompagnato ad altre figure simboliche della Passione e della Risurrezione. Questi pellicani avevano il nido sull'albero della vita, cioe sul "Lignum Vitae". Questo opuscolo ascetico di San Bonaventura, fu scritto forse a Parigi fra il 1257 e la sua morte (1274). Il "Lignum Vitae" di Darmsttadt (ca. 1290), e la "Crocifissione" della biblioteca Morgan a New York (ca. 1275) seguno il testo di San Bonaventura, in ambedue sulla cima della croce compare il pellicano. Tant'e vero che anche in Italia il piu antico pellicano sulla croce e stato dipinto nella raffigurazione del "Lignuma Vitae" nel 1301 (biblioteca Augusta a Perugia), anche se il pellicano non viene nominato nel testo in cui si parla della "colomba che fa il nido". Perche la colomba fu sostituita con il pelicano? Questo passaggio e spiegabile in quanto esisteva gia una lunga traduzione, come vediamo nel "Physiologus" e nel "Bestiario", nella quale si paragonava il pellicano al Cristo. Il pellicano nel "Lignum Vitae" sarebbe apparso prima in Francia perche il testo fu scritto in Francia e da li si sarebbe poi diffuso in Europa. Secondo me il pellicano sarebbe passato in Italia attrverso l'arte gotica oltremontana. Infatti nel transetto nord della Basilica di San Francesco in Assisi, lavorava una maestranza oltremontana ed e probabile che tra le varie novita del linguaggio figurativo abbia introdotto anche questa. R. Longhi aveva gia intuito l'importanza della cultura gotica di Luigi IX di Francia ad Assisi, istituendo un rapporto tra gli affreschi oltremontani del suddetto transetto e minature come il "Salterio di Isabella" nel Fitzwilliam Museum di Cambridge. San Bonaventura, francescano e Generale di quell' ordine, scrisse "Leggenda Major", una vita di San Francesco, in cui sottolinea la somiglianza di San Francesco con il Cristo. San Francesco, tramite le stigmate, simbolo della passione del Cristo, si avvicina al simbologismo del pellicano che rappresenta esso stesso il Cristo immolato per l'umanita. Inoltre Bonaventura definisce San Francesco "il povero nel deserto". In un salmo di Davide troviamo questa profezia che poi verra riferita al Cristo : "Similis factus sum pellicano in solitudinis". Ecco perche nell'albero della croce di Pacino di Bonaguida e di Taddeo Gaddi troviamo rappresentati insieme il pellicano e San Francesco. Il primo in alto il secondo ai piedi. Nell'arte italiana, il pellicano sulla croce(View PDF for the rest of the abstract.)
著者
木村 容子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.53, pp.55-81, 2003-10-25 (Released:2017-04-05)

In generale la dottnna cnstiana sull' atto sessuale andava trattata durante la confessione in private, nel medioevo Tuttavia, al contrano degli altri predicatori, Bernardino da Siena (1380-1444) un francescano e uno dei predicatori piu popolan dell'Itaha medievale, predicava dettaghatamente gli argomenti sessuali in pubblico In questo saggio vorrei provare a chianre l'originalita di Bernardino da Siena, come predicatore, sull'argomento sessuale Esamino non soltanto le reportationes (le annotazioni di predicazione parlata) di Firenze del 1424 e di Siena del 1425 e 1427, ma anche le model sermons (le prediche scntte dai predicatori come modello) Confrontando questi due tipi di materiali storici, mostro la sua struttura teorica su questo argomento Per quanto riguarda l'atto sessuale, i governi delle vane citta generalmente miravano alla regolamentazione dei rappolti sessuali estranei al matrimonio Per esempio si controllavano i rapporti tra maschi adulti e ragazzi, cioe la sodomia, e si allentavano i regolamenti della prostituzione Bernardino, invece, affrontava sia i rapporti tra coniugi sia i rapporti tra i maschi Quanto alla sodomia, il predicatore parlava a tutti i cittadini e li stimolava all'ostilita verso i sodomiti Le sue prediche, invece, sugli atti sessuali tra coniugi erano rivolte principalmente alle mogli Lui poneva un limite all' atto tra i coniugi con la massima attenzione Perdonava il peccato di commettere l'atto sessuale durante il perinodo mestruale a secondo delle circostanze Ma l'atto sessuale commesso in modo da evitare la gravidanza, cioe vitium contra naturam, era da lui decisamente proibito Influenzate dalla realta, le sue prediche contribuirono a formare, nello stesso tempo, il senso morale dell'uditorio
著者
白幡 俊輔
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.59, pp.71-96, 2009-10-17 (Released:2017-04-05)

L'oggetto di questo lavoro e l'influenza esercitata da Francesco di Giorgio Martini (1439-1501) sulla fortificazione alla moderna dal punto di vista della sua teoria della fortificazione e l'urbanistica. Si intende inoltre esplicitare la logica che presiede ad entrambe nei suoi Trattati di Architettura. I due principi su cui egli baso i progetti per fortificazioni e mura di citta sono la forma antropomorfa e la difesa contro le armi da fuoco. Egli aveva tradotto il De architectura vitruviano studiandone attentamente la teoria ed apprendendo da questo l'antropomorfismo, senza peraltro mai accettarlo dogmaticamente, ma applicandolo sempre al disegno pratico. Cosi, il torrione e la cittadella, paragonati alla "testa", vengono costruiti nel punto piu debole della fortezza e della citta, corrispondente nel suo insieme al "corpo umano". Per organizzare efficacemente la difesa di questo punto, Francesco progetto di concentrarvi gli edifici difensivi, le armi e le guardie, determinando il luogo in cui si trova la "testa" della fortificazione e la direzione di difesa tenendo conto delle condizioni del terreno e della situazione politica della citta stessa. Per es., rocche che si trovano sulla cima di monti come San Leo e Monte Sant'Angelo di Gargano devono essere fortificate in direzione del percorso che sale al monte, mentre rocche costiere come Gallipoli rivolgono il torrione contro l'invasione da terra. In una citta in cui si annida il dubbio del tradimento come Fossombrone, la cittadella rivolge il maschio verso la citta e guarda in direzione dei cittadini. Anche la disposizione relativa tra la cittadella e la citta stessa segue l'organizzazione del corpo umano nella disposizione tra il torrione e la fortezza. L'analogia della fortificazione con il corpo umano non rappresenta una semplice somiglianza formale, ma stabilisce una disposizione tattica atta alla difesa della fortezza e la citta. Nonostante l'affermazione di Vitruvio sulla estrema forza delle mura di forma tonda, Francesco respinse le fortezze e le mura tonde nei suoi Trattati. La cinta di San Costanzo da lui costruita segue, come le altre fortezze, la forma del corpo, ma mostra come Francesco abbia accolto l'antropomorfismo di Vitruvio rifiutandone la maniera di fortificare. Egli riteneva difficile difendere le mura tonde attraverso il "fiancheggiamento" (un metodo di difesa delle mura attraverso spari dalle feritoie situate ai fianchi di torri contigue) e per questo evito la forma rotonda per le mura della fortezza e per la citta. Anche Vitruvio aveva descritto l'idea del fiancheggiamento nel De architectura, suggerendo di costruire torri contigue piu vicine che ne permettessero una solida difesa per le frecce, ma Francesco preferi intervallare le torri in modo che non subissero danni da parte delle armi da fuoco. Presupponendo l'impiego di queste ultime, egli riconsidero l'idea del fiancheggiamento vitruviana, mostrando di attribuire maggiore importanza alla razionalita nell'ingegneria militare. Questa e la ragione dell'adozione dell'antropomorfismo nella pianta della fortezza: ritenendo che la fortezza, o piccola citta, dovesse essere piu forte che grande, Francesco non progetto di difendere tutta la cinta muraria, ma solo il punto essenziale, dal momento che per la difesa puo essere sufficiente anche una fortificazione piu piccola. Questo tipo di considerazioni lo indusse ad accogliere l'antropomorfismo, senza il quale non avrebbe potuto progettare la difesa di una fortezza o una citta attraverso una fortificazione di piccole dimensioni, ma a rifiutare le mura tonde, perche la razionalita militare non poteva ignorare l'efficacia del fiancheggiamento e della difesa del punto essenziale. Possiamo percio concludere che l'influenza di Francesco di Giorgio sulla fortificazione alla(View PDF for the rest of the abstract.)
著者
清瀬 卓
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.28, pp.84-104, 1980

Nel presente saggio sulla Vita Nuova di Dante, non si trattera il solito tema panoramico della serie "Poesie trovadoriche"-"Scuola poetica siciliana"-"Dolce Stil Nuovo" e neanche la filosofia dell' Amore in cui viene sviluppata la Legenda sanctae Beatricis. Invece qui si comincia a discutere e ad analizzare piu che altro l'immagine enigmatica del "dio d'Amore"dantesco nella V.N.. Da dove viene, che carattere ha e quale ruolo prende nella V.N., il "dio d'Amore"? Tutto cio e ancora in discussione tra alcuni dantisti ben noti sia in Italia che all' estero. Per risolvere questo problema occorre fare ricerche sul "dio d'Amore"in tre "cerchi"finora trascurati. Queste ricerche prendono avvio dalla fortunata scoperta di un genere poetico detto Pastorale in un sonetto del cap. IX: "Cavalcando l'altrieri per un cammino, …'. I "cerchi" possono essere schematizzati in questo modo: 1) 1° "cerchio": "…uno fiume bello e corrente e chiarissimo, " del cap. IX: una frase allusiva al Locus amoenus. 2) 2° "cerchio": riesame del genere pastorale, uno dei piu importanti della lirica trovadorica. 3) 3° "cerchio": <<E>> "Loquitur nobilis nobili"del cap. VI nel primo libro del De arte honeste amandi di Andrea Cappellano: titolo che viene esaminato in preciso rapporto ad una frase espressa in latino dal "dio d'Amore" nel cap. XII: "Ego tanquam centrum circuli, cui simili modo se habent circumferentiae partes; tu autem non sic". Il significato e la relazione di questi tre "cerchi" saranno chiariti in modo concreto mentre, circa la nascita della V.N., viene mano a mano rivelata la vera figura del "dio d'Amore". Ognuno di questi "cerchi" mette la V.N.in diverse luci e fa emergere tre domini culturali del Sud, del Nord di Francia e della Toscana. Il presente saggio si chiude mettendo in rilievo nella lett. medievale l'importanza del Locus amoenus che e il nodo di questi tre domini.
著者
サバットリィ ラウラ
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.57, pp.96-123, 2007-10-20 (Released:2017-04-05)

イタリア、1930年4月から5月にかけてローマのパラッツォ・デッレ・エスポジツィオーニ・ディ・ベッレ・アルティの展示場にて大規模な日本美術展覧会が開催された。企画は大倉喜七郎男爵(1882-1963)によるもので、融資的な後援は男爵自身が全面負担した。ムッソリーニ政権の組織的な支援によって実現されたこの展覧会は、西洋において初の大規模な日本美術展であり、日本では後に「ローマ展」という名で知られるようになった。展示作品は日本美術院及び帝国芸術院所属の画家たちによる絵画で、その多くは近代日本画の傑作として知られるようになった。展覧会の具体的な準備は、日本画壇の代表者として日本芸術使節の役を担った横山大観(1868-1958)が担当した。大倉男爵・大観両方の希望でパラッツォ・デッレ・エスポジツィオーニの展示場は日本人の職人達の手によって改装され、展示空間は本格的な日本様式へと変更された。このローマ展は当時の日本・イタリア両側のマスコミに大きく取り上げられ、評論界においても来客数においても大成功を収めた。イタリアのインテリ界に日本美学の解釈法及び日本画の本質を理解してもらうために、当時の在日イタリア大使、ポンペーオ・アロイージ男爵(1875-1949)は1929年にArs Nipponica(『アルス・ニッポニカ』、日本の美術)という本を500冊限定部数で発表した。この本は、日本美術の様々な表現を紹介したもので、当時の日本美術界の主な研究者及び芸術家による日本美術の特徴を解説したエッセイがイタリア語で掲載されていた。日本の代表的な建築物と芸術作品のきれいな写真及び日本人専門家のエッセイを集めたこの本こそは、イタリア側の評論家に不可欠な参考書になった。エッセイの中でも「日本絵画の本質に関する考察」と題する、画家・川合玉堂(1873-1957)によって執筆されたものは特に参考になったように思われる。そこには、日本美学の基本的な要素として《余韻》、《余白》などのような概念が述べられており、イタリア人記者・批評家の批評はそのコンセプトをしばしば借用した。本論文はその批評の中でより興味深いものを中心に議論することとした。イタリア側の多くの批評は〈繊細さ〉、〈優美さ〉、〈理想主義〉、〈鮮やかなポリコロミー〉及び〈様式性・本質性〉という日本絵画の独特な性質を特に評価した。その批評を書いた人物の中に作家及び語学者、ピエトロ・シルヴィオ・リヴェッタ氏(1886-1952)及び建築美術史家・評論家、ロベルト・パピーニ氏(1883-1957)がいた。前者は普及者として重要な役目をもち、後者は日本絵画に対する独自の評価が美術評論上興味深い意義を持った。リヴェッタはもともと美術評論家ではなかったこともあり、当時の定期刊行物に掲載された日本絵画に関する彼の批評は『アルス・ニッポニカ』からの借用が特に目立ち、美術評論上オリジナリティーがあまりないように思われる。しかし、1930年に出版された彼の本、La pittura moderna giapponese(『日本の近代絵画』)は、一般のイタリア人に日本文化に対する知識を普及させた。この普及者としての役割は重要である。この日本美術展に関するコメントを執筆した評論家の中で日本画の"gusto primitivo"、即ち"ルネサンス前派の芸術家たちらしい美的センス"を指摘し、意義深い批評を書き残したものもいた。ロベルト・パピーニはその批評家の一人である。彼は日本画には《無邪気さ》、《謙虚さ》、《盛大さ》及び《壮大さ》という独特な要素が見られると指摘し、日本の伝統的な絵画は"プリミティーヴィ(Primitivi)"と呼ばれる(特に13世紀と14世紀の)イタリアの中世後期・ルネサンス前派の画家たちの絵画に似たような特徴をもつと強調し、日本絵画を評価した。パピーニのような批評は実はローマ展以前にもすでに行われていた。1911年にローマで開催された博覧会にて日本絵画が展示され、日本画はルネサンス前派、"プリミティーヴィ"を連想させると、文学評論家エミリオ・チェッキ(1884-1966)がすでに指摘していた。ルネサンス前派と日本画・中国画との両絵画に形式上・技法上の類似点が実際存在し、自然と対峙されがちなところがあるが、イタリアのファシスト政権時代における芸術界の事情を考えると、パピーニの批評は新たな意義をもつようになると思われる。20世紀初頭、ヨーロッパ中に様々なアバンギャルドの芸術が風靡した後、20年代から30年代にかけてイタリアにおいても、そして欧州全体の芸術界においても、伝統の形像的な表現法への回復傾向が表れた。当時のイタリアにおける文化・芸術討論はジョット、ピエロ・デッラ・フランチェスカ、マサッチョのようなルネサンス前派及びルネサンス前期の芸術家たちの遺産が高く評価され、その伝統様式への復興の呼びかけが強まると同時に、ファシスト政権は芸術界において新古典主義を強調していったのである。実際、日本画に対するパピーニの評価、即ち近代日本画の中で見られる、東洋の古典より着想を得た《本質的で堂々とした雄大さ》という彼の批評には当時のイタリアの美術史・美術評論界の思想・傾向及びファシスト政権の独自の理想が反映されていたと考えられる。その理想は国家の土着の伝統に見られる、その古典の"聖なる"、単純で高貴な性質であり、その復興への呼びかけ及び称賛が独特で、ファシスト政権の国粋主義の一面と重なった。ローマ展は様々な局面において重要なイベントであった。それまで非常に限られた小数の評論家の中に留まっていた日本美術への関心はこのローマ展で広まり、日本絵画の美学はようやくイタリアのインテリ界にて幅広く取り上げられるようになり、体系的に分析されることになった。ただ、日本美術がイタリアのマスコミによって大きく取り上げられたのは、このローマ展へのファシスト政権の組織的な関わり及び支持があったからだと思われる。この際に作成された参考書『アルス・ニッポニカ』の重要性も大きいと言っても過言ではない。そこに掲載された日本人専門家によるエッセイはイタリア側の批評に非常に参考になったものであり、この点に関しても、日本美術史上その歴史的な意義は極めて重要だと考えられる。また、イタリア側の批評に関して、日本美学の特徴が当時のイタリアの美術史・美術評論の傾向に従って評価され、その評価にファシスト政権の理想も反映されていたという点は特に意義深いことである。
著者
北田 葉子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.48, pp.137-161, 1998-10-20

L'Accademia Fiorentina venne fondata nel 1542 con l'appoggio di Cosimo I de' Medici, duca di Firenze. Obiettivo dell'Accademia era quello di tenere lezioni e discussioni di argomento letterario e filosofico, e tradurre i classici greci e latini in italiano, in modo da istruire gli accademici stessi, sopratutto quelli piu giovani. L'Accademia fu costruita solo una decina di anni dopo il passaggio dello Stato di Firenze da Repubblica a Principato, quando il principe Cosimo I aveva cominciato a concentrare su di se il potere. Proprio in questo periodo, la cultura fiorentina subi dei cambiamenti. Attualmente numerosi studi tentano di ricollegare il cambiamento politico alla cultura e di metter a fuoco il controllo del principe sulla cultura stessa. Anche l'Accademia Fiorentina e stata analizzata in questa prospettiva. E necessasrio tenere presente, pero, che Cosimo I non appoggio l'Accademia solo per poter controllare gli intellettuali, dato che il suo aiuto fu tangibile anche quando l'Accademia non era fiorente, ma in crisi. Da cio deduciamo che l'Accademia Fiorentina deve aver avuto una qualche funzione ed un ruolo specifico nel principato mediceo, come possiamo dedurre dall'esame degli annali e degli altri documenti dell'Accademia, specialmente quelli relativi alle riforme realizzate nel 1542, 1546, 1547 e 1553. Esaminando tali documenti e possibile studiare gli interventi di Cosimo I e di conseguenza capire la funzione ed il ruolo che il duca le aveva voluto assegnare. Dall'esame dei documenti derivano i seguenti risultati: 1) Cosimo intervenner in modo sempre piu evidente sull'Accademia, ma il suo intervento miro non solo a controllare gli intellettuali, ma anche a mantenere una regolare attivita dell' Accademia stessa. Infatti, con le sue riforme egli costrinse gli accademici a adempiere al proporio dovere, cioe a fare lezioni, a comporre versi e prose, a tradurre opere di greci e latini. Queste riforme comunque non contenevano quasi mai capitoli relativi a questioni politiche e morali. Le riforme non limitarono in nulla gli accademici, ma li obbligarono pero a lavorare. 2) Cosimo cerco di dare autorita all'Accademia concedendole privilegi e premi. Per esempio, al suo consolo fu assegnato il ruolo di rettore dello Studio Fiorentino, oltre a quello di essere ammesso al Consiglio dei Duecento, una istituzione di Stato. I magistrati dell'Accademia erano pagati dallo Stato e subito dopo la fondazione dell'Accademia, Cosimo le forni una sede. 3) Nelle "Costituzioni" dell'Accademia sempre piu aumentarono i capitoli che riguardavano le cerimonie e la gerarchia all'interno dell'Accademia stessa. Consideranodo questi cambiamenti, possiamo concludere che Cosimo I voleva un centro culturale con cui non solo controllare gli intellettuali che potevano essere pericolosi per il principato, ma anche attirare quelli che servivano al principe stesso. Tale centro culturale forse si collegava allo sviluppo della corte medicea che si stava creando a Firenze in questo periodo. A Cosimo erano necessari cortigiani e nobili che formassero la sua corte e la adornassero. Quindi considerando che qualche volta partecipavano alle attivita dell'Accademia anche ospiti forestieri celebri come il cardinale Pietro Bembo e i magistrati fiorentini, e considerando che la frequentavano assiduamente i professori di Studio Pisano e famosi letterati, possiamo concludere che l'Accademia Fiorentina era un centro in cui si riunivano gli intellettuali e i nobili fiorentini, proprio come una corte.
著者
山口 清
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.16, pp.1-7, 1968-01-20

「一人であって、誰でもなく、十万人でもある」(Uno, nessuno e ceutomila)という異様な題名を持つピランデルロの長篇小説はヴィタンジェロ・モスカルダという人物の自伝的な反省録の形式で書かれた作品である。ピランデルロ研究家の一人であるアルミーニオ・ヤンネルによれば、それはかってイタリア語で書かれたことのある最も特異な長篇である。形而上的であると同時に現実的で、作者の鋭い論理が全篇を貫いている。それは決して通俗的な小説とは言えない。芸術としての価値も否定されるかも知れない。しかしその中に表現された作者の思想は不思議な魅力を持っている。それは彼の他の長篇の中では感じられないような魅力、神秘的な思想の魅力である。この長篇は、同じく人格のテーマを扱った短篇「ステファノ・ジョーリ、一人で二人」(一九〇九年)が出された翌年、即ち一九一○年頃に書き始められたものであろうと推測されている。完成されたのは一九二四年、発表されたのは一九二五年から一九二六年にかけてである。一九二五年という年は、ピランデルロがローマに彼の芸術劇場を創設した年であり、劇作家としての彼の活動がその頂点を極めた年である。彼は既に「作者を探す六人の登場人物」(一九二一年)や「エンリコ四世」(一九二二年)などの大作のほかに幾多のすぐれた劇作を発表し、劇作家としての彼の名声は既に世界的になっていた。そういう時期に「一人であって、誰でもなく、十万人でもある」という謎のような長篇が発表された。第一次大戦の前から、大戦の時期を通じ、また劇作の多忙な時期を通じて、約十五年という長い年月がこの長篇のために費されたことを思えば、如何にそれがピランデルロの執念の作であったかが容易に想像されるであろう。この長篇については、それが未だ完成される以前に、既に一部の人々の間には知られていた。一九二二年に「エポカ」誌のためにピランデルロと会見を行ったディエーゴ・マンガネルラに対して作者は次のように語った。「それは私の劇作への序文となる筈であったが、その要約として終るであろう。それは個人の人格の解体の物語である。それは最も極端な結論、最もかけ離れた結末に到達するであろう。」この作品は個人の人格、即ち我(われ)の追究である。彼の全作品はこの我の追究ということもできる。「個人の人格の解体」はその追究の結論である。「一人であって、誰でもなく、十万人でもある」という題名はその人格の解体を説明している。Il romanzo "Uno, nessuno e centomila" e direttameute connesso alla novella "Stefano Giogli, uno e due" pubblicata nel 1909, dove si tratta della dualita di personalita-tema discusso spesso nelle opere pirandelliane. Pare che l'autore abbia iniziato a scrivere il romanzo subito dopo la pubblicazione della novella. Poiche il romanzo fu compiuto nel 1924. L'autore si occupava di questa opera almeno durante quindici anni. Fu pubblicato nel 1925-momento che marca un nuovo sviluppo della sua attivita, cioe la fondazione del suo Teatro dell'Arte a Roma. In un senso il romanzo e una conclusione data alla lunga discussione del tema di personalita. Il Vitangelo, protagonista del romanzo, si trova come tante personalita diverse secondo gli occhi che lo vedono. Decide di distruggere tutte le false personalita dategli dagli altri, e tenta di diventare una personalita definita, ma in vano. Alla fine, rompendo tutti i legami con la famiglia e la societa, e liberandosi da tutta la sua possessione, si mette a vivere come un vagabondo e ottiene la felicita. Nel pensiero pirandelliano c'e qualcosa che s'avvicina al pensiero orientale.
著者
水漉 征矢雄
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.28, pp.15-31, 1980-03-10 (Released:2017-04-05)

Un partito cattolico nacque nell'autunno 1942, dalla confluenza tra l'antico Partito Popolare Italiano e il Movimento Guelfo, che faceva capo a Piero Malvestiti. Per il nuovo partito si scelse il nome di Democrazia Cristiana. Il nome riconosce i meriti dei neo-Guelfi, ma il sorgere del partito cristiano in forma nuova e con nome mutato permette a Alcide De Gasperi, il leader ex-Partito Popolare un certo spazio di liberta rispetto alla tradizione del partito di Sturzo. In questa fase la DC non puo nascere soltanto dai quadri della Resistenza, ma in gran parte e costituita dai giovani formati dal Fascismo prima, e poi diventati anti-fascisti o per lo meno afascisti. La DC partecipa alla Resistenza e al CLN. Le vicende successive all'armistizio (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945) incidono fortemente sulla struttura del Partito : il centro del Partito deve omogenizzare gli eterogenei meccanismi organizzativi predisposti alla tendenza del Sud per la necessita di intensificare la posizione degasperiana che garantisce la stabilizzazione del Sistema. Il 30 luglio 1943, De Gasperi istituisce la Commissione Direttiva Centrale provvisoria, il primo organo direttivo centrale, di cui e presidente. Poi, nella seduta della Commissione svoltasi il 21 giugno 1944, viene fondata la Giunta Esecutiva Centrale. Nella circolare (29 giugno '44) e prevista la costituzione di Sezioni comunali e le strutture organizzative di base. Il Congresso Interregionale della DC (Congresso di Napoli dell'Italia libera) si svolge nei giorni 29 e 30, con la partecipazione dei delegati provinciali di tutte le regioni liberate e di alcuni rappresentanti di provincie ancora occupate dai tedeschi. Nel Congresso viene consolidata la struttura organizzativa del Partito mediante la costituzione degli organi centrali formali (Congresso, Consiglio Nazionale, Direzione Centrale, Segreteria Politica).
著者
長谷川 悠里
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.60, pp.111-133, 2010-10-20 (Released:2017-04-05)

L'affermazione che esista nell'universo un'armonia cosmica venne sostenuta da autorita antiche come Pitagora, Platone, Cicerone e Macrobio, ma venne rifiutata da Aristotele e dai suoi commentatori medievali come Tommaso d'Aquino. Rispetto a questo, Dante, parlando dell'armonia delle sfere sin dal primo canto del Paradiso, dichiara la sua posizione riguardo a tale dottrina. La concezione che il moto delle sfere risultasse in un'armonia sonora ha origine negli studi matematici di tradizione pitagorica ed e stata in seguito sviluppata in diversi modelli dell'armonia musicale al fine di calcolare le distanze tra i pianeti e dalla Terra, nonche le dimensioni complessive dell'universo. I secolari studi matematico-musicali sull'argomento vennero poi categorizzati da Boezio nella cosiddetta musica mundana. Questo lavoro muove dalla considerazione di alcuni trattati che potrebbero aver formato la concezione musicale di Dante, insieme ad un breve accenno al concetto matematico-musicale del Medioevo. Come e noto, alla musica nel Medioevo era attribuito un carattere peculiare ereditato dalla cultura greca, radicalmente diverso dal concetto di musica moderno. Vengono poi analizzate le tre note categorie di musica formulate da Boezio (la musica mundana, la musica humana e la musica instrumentalis) e confrontate con le tre cantiche della Commedia, facendo riferimento ai diversi saggi che hanno trattato questo argomento. Nel Paradiso il punto di vista privilegiato per osservare l'armonia delle sfere e il cielo del Sole. L'analogia dell'universo dantesco con le scale celesti discusse nel De Institutione musica di Boezio potrebbe rappresentare una spiegazione del panorama che si apre nel cielo del Sole. Boezio e Isidoro sono presenti insieme ad altri teologi e filosofi nel cielo del Sole, dove viene descritta la danza trinitaria eseguita dai tre cerchi che ne rappresentano il simbolo. Anche al di fuori del campo della musica, vari studiosi hanno riconosciuto l'influenza dei loro trattati nelle opere di Dante. Per questa ragione si tratteranno qui alcuni passi delle Etymologiae di Isidoro, aggiungendovi una considerazione sulle Institutiones di Cassiodoro, a cui Isidoro stesso fece riferimento per compiere il suo lavoro enciclopedico. Dante, da parte sua, non scrisse alcun trattato sulla musica, ma ne parlo, per esempio nel Convivio, in cui la musica viene paragonata al cielo del Marte. Il poeta scrive che la musica si fonda sulla legge dell'armonia, e che "in essa scienza massimamente e bella". La sua conoscenza sulla musica e la sua familiarita con l'ambiente musicale del tempo si riconosce soprattutto nei versi del Paradiso che rappresentano la danza e la musica polifonica dei beati. L'esame prosegue, dopo la breve ma necessaria spiegazione sulla scala musicale greca, attraverso la presentazione delle scale celesti di Nicomaco e di Cicerone, prendendo spunto dalle citazioni dantesche presenti nei principali studi finora pubblicati in Italia. Dapprima, riguardo a Cicerone, si citera Il sogno di Scipione, il Commento al sogno di Scipione di Macrobio ed infine il De Institutione musica di Boezio. In merito a Nicomaco verranno trattati il suo Manuale di armonia e Institutione di Boezio. Benche lo studio della simbologia e la struttura numerica della Commedia abbia avuto esiti piuttosto significativi negli ultimi decenni, il tema dell'armonia cosmica delle sfere, pur avendo un aspetto numerico anch'esso, non ha ricevuto altrettanta attenzione. Nel canto X del Paradiso, Dante invita il lettore a contemplare la bellezza del cielo e l'armonia delle sfere. Se guardiamo il disegno dell'universo che aveva in mente Dante dal punto di vista della musica del suo tempo, ci si offre una visione fantasiosa, ma nello stesso tempo estremamente 'poetica', alla quale l'astronomia del(View PDF for the rest of the abstract.)
著者
西川 しずか
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.64, pp.29-48, 2014

<p>In Italia, durante la seconda meta del Quattrocento, il collezionismo di gemme antiche era al culmine della sua prosperita. Per "gemme antiche" si intendono i cammei (incisioni in rilievo) e gli intagli (incisioni a incavo) di pietre preziose o semipreziose che venivano prodotti in eta antica. Al tempo, queste erano considerate il simbolo della nobilta e vantavano una considerazione esorbitante e non paragonabile alle opere d'arte dello stesso periodo. Fra i piu noti collezionisti del tempo, troviamo Papa Paolo II, Francesco II Gonzaga o Mattia Corvino: ogni grande signore ambiva al possesso delle gemme antiche. Una passione che potrebbe essersi generata dalla lettura della Storia Naturale di Plinio il Vecchio, che narra il mitico e fanatico collezionismo di Alessandro Magno e di altri imperatori. La raccolta di Lorenzo de' Medici, detto il Magnifico (1449-1492), che fu tra i piu importanti collezionisti del suo tempo, era famosa per la ricercatezza della qualita. Tra i capolavori spiccava soprattutto un piatto fondo di epoca ellenica con cammei su entrambe le superfici: la cosiddetta Tazza Farnese a cui, per la rarita, viene conferito un valore inestimabile. Questo gioiello dell'arte greca passe in seguito alla famiglia Farnese (da cui il nome attuale), giungendo sino a not carica di un'aura pressoche mitica. Si ritiene, infatti, che sia appartenuta agli imperatori romani Augusto e Costantino II e che nel 1239 fosse stata acquistata da Federico II di Svevia. La presenza della Tazza Farnese a Samarcanda ed Herat all'inizio di XV secolo, durante l'impero Timuride, potrebbe essere suggerita dalla sua riproduzione in un disegno di Muhammad al-Khayyam. Giunse, quindi, nelle mani di Alfonso V d'Aragona e, subito prima di approdare in casa Medici, fu di proprieta di papa Paolo II. Il lato esterno della Tazza Farnese presenta una testa di Medusa, mentre la superficie interna e dedicata ad illustrare allegoricamente la fertility della dinastia Tolemaica. E inoltre noto che Lorenzo considerava le gemme antiche al pari delle opere d'arte e che ha contribuito alla rinascita della glittica antica, una tecnica per cui si incidevano temi mitologici su pietre preziose o semipreziose. Possedeva infatti numerosi cammei e intagli del periodo che imitavano altre gemme antiche in suo possesso, aumentandone cosi il prestigio. Le imitazioni delle gemme antiche offrivano inoltre grande fama agli artisti. Nelle ricerche precedenti si e osservato che Sandro Botticelli (1444/5-1510) conosceva questa corrente e che nelle sue opere e possibile trovare riferimenti alle gemme antiche dei Medici. Questo lavoro intende mostrare come la Venere raffigurata in Venere e Marte presso la National Gallery di Londra sia una citazione della figura femminile distesa nel centro, incisa sulla Tazza Farnese e considerata in genere come Iside, divinita dell'antico Egitto, osservazione che non si presenta nelle ricerche svolte fino ad oggi. Possiamo, ad esempio, notare la grande somiglianza fra la pettinatura della Venere di Botticelli e quella di Iside: il morbido ricciolo discendente e la lunga treccia occipitale rimandano direttamente al lungo ricciolo e al nastro sull'occipite della figura incisa nella Tazza. Anche la spilla sul petto e il vestito di Venere, con il bordo dorato intorno al seno, sono simili all'abito di Iside che, peraltro, mostra un nodo al centro del petto per accentuare il seno sopra la fascia. Si intende poi verificare l'interpretazione della tematica di Iside, sulla Tazza Farnese nel Quattrocento, non ancora chiarita, attraverso l'analisi del De rerum natura di Lucrezio, delle Stanze per la giostra di Poliziano e de Le metamorfosi (L'asino d'oro) di Apuleio. Si propone qui per la prima volta l'ipotesi che in quel tempo Iside fosse raffigurata come Venere, secondo quanto emerge da un piccolo numero di opere</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>
著者
國司 航佑
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌
巻号頁・発行日
vol.62, pp.49-73, 2012

<p>Benedetto Croce, uno dei piu importanti filosofi dell'Europa del ventesimo secolo, considero l'<<autonomia dell'arte>> come principio della sua estetica e del suo intero sistema filosofico. Questo principio veniva da lui teorizzato in virtu della nota distinzione fra quattro forme della vita spirituale (conoscenza intuitiva, conoscenza concettuale, attivita economica e attivita morale) e dell'identificazione dell'arte con la conoscenza intuitiva. Tuttavia, riferendosi all'ultima produzione di Croce, e difficile affermare che la sua posizione al riguardo non sia mai mutata. Si legge nell'Aesthetica in nuce (1928), ad esempio, un passo da questa prospettiva molto discutibile: <<Percio fondamento di ogni poesia e la personalita umana, e, poiche la personalita umana si compie nella moralita, fondamento di ogni poesia e la coscienza morale>>. Posto al centro questo problema, fra gli interpreti di Croce e nata una serie di polemiche. Gianfranco Contini, ad esempio, ne discusse con un tono alquanto polemico nel saggio L'influenza culturale di Benedetto Croce. Secondo Contini, nella storia del pensiero filosofico di Croce, ci furono delle modifiche non lievi, le quali riguardano innanzi tutto la questione etica dell'arte. A tal proposito, Contini sostenne che il saggio crociano Il carattere di totalita dell'espressione artistica (1918) segna una <<cesura>>, dato che la tesi contenuta nel saggio equivale a una <<REINTRODUZIONE DELLA MORALITA (o si dica addirittura del moralismo) IN ESTETICA>>. A prescindere dalle implicazioni che potrebbe avere questa <<cesura>>, molti altri critici (G. Sasso, M. Puppo, G. Orsini e E. Paolozzi) concordano nel riconoscere l'esistenza di un qualche cambiamento della posizione di Croce nei confronti del rapporto fra arte e morale. Tuttavia, il punto di svolta dell'estetica crociana viene riconosciuto piu spesso nell'Aesthetica in nuce (1928) che nel Carattere di totalita deli'espressione artistica, riferendosi, appunto, al passo menzionato sopra. D'altra parte, se Croce inizio, ad un certo punto, a richiedere moralita agli artisti, dovrebbe esserci stato qualche motivo. A dire di Contini, Croce introdusse la moralita in estetica, innanzi tutto perche gli era necessario uno <<strumento gnoseologico che gli permettesse di condannare, e proprio in nome della distinzione che aveva dichiarato l'autonomia dell'arte, la tendenza alla poesia pura e al frammento, cioe in blocco la letteratura contemporanea>>. In effetti, che l'atteggiamento assunto da Croce nei confronti della letteratura contemporanea fosse molto aspro e un fatto innegabile. Eppure, non e trascurabile un altro elemento: questa <<tendenza alla poesia pura e al frammento>> era molto consistente nell'epoca in cui Croce, con l'Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale, esordiva come filosofo di estetica (1902). Basti pensare che, in quegli anni, Pascoli, D'Annunzio e Fogazzaro, i poeti piu rappresentativi del cosiddetto decadentismo italiano, avevano gia pubblicato la maggior parte della loro produzione letteraria. Questa circostanza ci fa ipotizzare che mentre asseriva l'indipendenza dell'arte dall'attivita morale, Croce gia pensava a una teoria estetica che in qualche modo potesse comprendere in essa qualche sorta di moralita, per non dare una totale giustificazione alle tendenze della letteratura contemporanea. Con la suddetta ipotesi, nel presente articolo, si cerca di svolgere una lettura analitica dei testi estetici di Croce, soprattutto di quelli cditi prima degli anni in cui Contini indicava una <<cesura>> del percorso intellettuale del Filosofo (1915-18). Verra dato particolare rilievo ai seguenti testi. L'Estetica come scienza</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>
著者
星野 倫
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.66, pp.53-76, 2016 (Released:2017-12-09)
参考文献数
69

Scopo di questa indagine è l’esame di una delle rare testimonianze esterne utili alla datazione della Monarchia dantesca, vale a dire l’inciso «sicut in Paradiso Comedie iam dixi» (Mon. I, xii, 6), e valutarne la portata. La scelta di accoglierlo in senso letterale comporta necessariamente che la Monarchia sarebbe l’ultima opera scritta da Dante dopo il compimento della Commedia, ma questo non impedisce che il dibattito tra gli studiosi sia tuttora aperto, e da più di cento anni.L’ultima edizione critica dell’opera (Shaw 2009) prende in considerazione venti manoscritti più l’editio princeps. Tra questi ventuno testimoni, solo all’editio princeps manca la frase in questione, degli altri, sedici la riportano interamente, due mostrano solo piccole variazioni che non alterano la sostanza del brano, mentre gli ultimi due presentano l’omissione di alcune parole.In questo luogo, dunque, la princeps presenta una lectio singularis. Non è da escludere che l’omissione sia in qualche modo riconducibile all’errata paternità della Monarchia riferita dal curatore della cinquecentina, Oporino. Questi, infatti, nell’introduzione attribuisce il trattato non all’autore della Commedia ma a un omonimo filosofo, un Dante Alighieri contemporaneo e amico di Poliziano. La frase, dunque, sarebbe stata cassata dall’editore in buonafede (e si tratterebbe, pertanto, di una emendatio di ciò che ai suoi occhi era un errore) o meno (e si potrebbe parlare, in questo caso, di falsificazione). Il testo della princeps, piuttosto curato, fu più volte ristampato.Solo nel 1965, però, con l’edizione nazionale curata da Pier Giorgio Ricci, è stata definitivamente fissata a testo la lezione «sicut in paradiso Comedie iam dixi», confermata più tardi nell’edizione Shaw 2009. In essa si evidenzia che la mancanza di quell’inciso nelle edizioni otto-novecentesche del volgarizzamento di Marsilio Ficino del trattato politico è frutto del taglio dei curatori, giacché in tutti i testimoni della traduzione la frase in questione – in volgare – è presente).Recentemente Diego Quaglioni, curatore dell’edizione mondadoriana dell’opera, ha proposto una nuova lettura di questo passo sulla base di un nuovo manoscritto londinese (British Library, Add. 6891), con la congettura «sicut inmissum a Domino inmediate iam dixi» (il ms. presenta «sicut inminuadiso inmediate iam dixi»). L’ipotesi, tuttavia, è alquanto forzata, e sminuisce il resto della tradizione manoscritta.Un possibile indizio esterno utile alla datazione è stato portato alla luce qualche anno fa da Giorgio Padoan: il riferimento, nell’epistola a Cangrande della Scala, alle «alia utilia reipublice» (Ep. XIII, 88). Qui Dante si scusa con lo Scaligero di non poter proseguire il suo commento al Paradiso e di non portare a termine “altre attività di interesse pubblico”: generica definizione che Padoan riferisce al completamento della Monarchia. L’ipotesi potrebbe parere arbitraria, ma un’indagine sull’uso dell’aggettivo «publicus» in Dante potrebbe forse contribuire a chiarire la questione: esso, infatti, ricorre venticinque volte nelle opere dantesche, e in dodici di queste a formare l’espressione «rei publice». Dieci occorrenze sono concentrate in Monarchia II, v, in corrispondenza di una citazione ciceroniana; in precedenza (Monarchia I, i, 2-3) Dante dichiara la speranza di scrivere un libro utile all’interesse pubblico, mentre l’ultima si trova nel passo sopra citato dell’epistola a Cangrande. Pare dunque ragionevole ipotizzare che «alia utilia reipublice» possa alludere proprio alla Monarchia, il che sposterebbe significativamente in avanti la datazione dell’opera, vale a dire dopo la redazione della suddetta epistola.Oltre quanto esposto fin qui, infine, si ritiene opportuno tenere in considerazione anche due testi di Giovanni(View PDF for the rest of the abstract.)
著者
後藤 義人
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌
巻号頁・発行日
vol.62, pp.99-122, 2012

<p>Italo Calvino (1923-1985) ha pubblicato La giornata d'uno scrutatore nel 1963. L'opera nasce da un'idea concepita nel 1953 quando l'autore trascorse pochi minuti presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza, o "Cottolengo" come candidato del PCI. Il prolifico scrittore impiego un decennio nella stesura de La giornata d'uno scrutatore. Tuttavia, Calvino non e famoso solo per la sua vasta produzione letteraria, ma anche per il suo cambiare di stile da un'opera all'altra. Questo continuo rinnovamento stilistico e il metodo che egli adotta intenzionalmente nella creazione dei suoi lavori. Percio, la peculiarita che contraddistingue La giornata d'uno scrutatore rispetto alle altre opere calviniane sta nel decennio servito alla stesura, di cui e importante tenere conto nell'analisi. In altre parole, nel testo viene connotato il mutamento non solo letterario ma sociale del decennio. Nel presente articolo rivisitero La giornata d'uno scrutatore con un approccio analitico, soffermandomi su due punti di vista: quello del contesto storico-sociale e quello del mutamento diacronico del testo letterario calviniano. In questo modo, sara possibile trovare nell'opera la rappresentazione peculiare dei mutamenti sociali avvenuti negli anni Cinquanta in Italia e quello letterario nella produzione dello scrittore. La giornata d'uno scrutatore, secondo alcuni critici, si colloca tra i due periodi creativi di Calvino. Nell'opera, quindi, sono rimasti numerosi aspetti tradizionali che provengono, se non dal contesto neorealista in se, dal senso dell'"impegno" sociale assunto dallo scrittore. Tuttavia, essa contiene altrettanti nuovi aspetti che inaugurano un nuovo periodo calviniano. Avendo intenzione di rivelare tali aspetti, focalizzero l'attenzione su una metafora utilizzata nell'opera: il carciofo. La struttura di quell'ortaggio rappresenta il mondo reale di quell'epoca, e Calvino adotta tale immagine per descrivere la realta del mondo a lui contemporaneo. Ci sono due peculiarita inerenti all'immagine del carciofo, dalla quale nasce la descrizione letteraria stilistico-concettuale. La prima consiste nella sua struttura: la parte esterna del carciofo non e adatta a essere mangiata e si deve togliere una foglia dopo l'altra per arrivare finalmente alla parte centrale chiamata "cuore" del carciofo. Ogni foglia e la metafora di ogni singolo aspetto del mondo. Il gesto di sfogliarlo rappresenta il metodo scientifico dell'analisi, tramite il quale bisogna arrivare a mettere in luce la parte piu nascosta, la sostanza delle cose, ossia il cuore del carciofo. Esiste, quindi, un contrasto tra la parte esterna e quella interna. La seconda peculiarita consiste nella forma del carciofo: a prima vista, l'insieme delle foglie che compongono l'ortaggio, sembra un blocco compatto di un solo colore; a ben vedere, invece, ci si accorge che l'ortaggio e composto da numerose foglie tutte diverse e separabili. Tale aspetto del carciofo prevede il contrasto tra il dettaglio e il complesso di un'entita esistenziale. Del resto l'immagine della dialettica: "l'ottimismo e il pessimismo erano, se non la stessa cosa, le due facce della stessa foglia di carciofo", rappresenta solamente una parte dell'intero; da cui nascono due aspetti dell'immagine. Da un lato, tale immagine e l'estensione geografica e infinita nel processo dialettico; dall'altro nel concetto della mise en abyme, ogni dettaglio contiene un altro dettaglio al suo interno. Con l'immagine del carciofo, Calvino ha realizzato una descrizione della realta sia ideale che materiale; e si puo concludere che, sviluppando tale metafora, Calvino e riuscito a trarre da essa l'immagine del contrasto tra continuita/discontinuita come una visione del mondo, la quale</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>
著者
後藤 義人
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.62, pp.99-122, 2012-10-16 (Released:2017-04-05)

Italo Calvino (1923-1985) ha pubblicato La giornata d'uno scrutatore nel 1963. L'opera nasce da un'idea concepita nel 1953 quando l'autore trascorse pochi minuti presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza, o "Cottolengo" come candidato del PCI. Il prolifico scrittore impiego un decennio nella stesura de La giornata d'uno scrutatore. Tuttavia, Calvino non e famoso solo per la sua vasta produzione letteraria, ma anche per il suo cambiare di stile da un'opera all'altra. Questo continuo rinnovamento stilistico e il metodo che egli adotta intenzionalmente nella creazione dei suoi lavori. Percio, la peculiarita che contraddistingue La giornata d'uno scrutatore rispetto alle altre opere calviniane sta nel decennio servito alla stesura, di cui e importante tenere conto nell'analisi. In altre parole, nel testo viene connotato il mutamento non solo letterario ma sociale del decennio. Nel presente articolo rivisitero La giornata d'uno scrutatore con un approccio analitico, soffermandomi su due punti di vista: quello del contesto storico-sociale e quello del mutamento diacronico del testo letterario calviniano. In questo modo, sara possibile trovare nell'opera la rappresentazione peculiare dei mutamenti sociali avvenuti negli anni Cinquanta in Italia e quello letterario nella produzione dello scrittore. La giornata d'uno scrutatore, secondo alcuni critici, si colloca tra i due periodi creativi di Calvino. Nell'opera, quindi, sono rimasti numerosi aspetti tradizionali che provengono, se non dal contesto neorealista in se, dal senso dell'"impegno" sociale assunto dallo scrittore. Tuttavia, essa contiene altrettanti nuovi aspetti che inaugurano un nuovo periodo calviniano. Avendo intenzione di rivelare tali aspetti, focalizzero l'attenzione su una metafora utilizzata nell'opera: il carciofo. La struttura di quell'ortaggio rappresenta il mondo reale di quell'epoca, e Calvino adotta tale immagine per descrivere la realta del mondo a lui contemporaneo. Ci sono due peculiarita inerenti all'immagine del carciofo, dalla quale nasce la descrizione letteraria stilistico-concettuale. La prima consiste nella sua struttura: la parte esterna del carciofo non e adatta a essere mangiata e si deve togliere una foglia dopo l'altra per arrivare finalmente alla parte centrale chiamata "cuore" del carciofo. Ogni foglia e la metafora di ogni singolo aspetto del mondo. Il gesto di sfogliarlo rappresenta il metodo scientifico dell'analisi, tramite il quale bisogna arrivare a mettere in luce la parte piu nascosta, la sostanza delle cose, ossia il cuore del carciofo. Esiste, quindi, un contrasto tra la parte esterna e quella interna. La seconda peculiarita consiste nella forma del carciofo: a prima vista, l'insieme delle foglie che compongono l'ortaggio, sembra un blocco compatto di un solo colore; a ben vedere, invece, ci si accorge che l'ortaggio e composto da numerose foglie tutte diverse e separabili. Tale aspetto del carciofo prevede il contrasto tra il dettaglio e il complesso di un'entita esistenziale. Del resto l'immagine della dialettica: "l'ottimismo e il pessimismo erano, se non la stessa cosa, le due facce della stessa foglia di carciofo", rappresenta solamente una parte dell'intero; da cui nascono due aspetti dell'immagine. Da un lato, tale immagine e l'estensione geografica e infinita nel processo dialettico; dall'altro nel concetto della mise en abyme, ogni dettaglio contiene un altro dettaglio al suo interno. Con l'immagine del carciofo, Calvino ha realizzato una descrizione della realta sia ideale che materiale; e si puo concludere che, sviluppando tale metafora, Calvino e riuscito a trarre da essa l'immagine del contrasto tra continuita/discontinuita come una visione del mondo, la quale(View PDF for the rest of the abstract.)
著者
ブランカ ヴィツトーレ 池田 廉
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.6, pp.6-33, 1957-12-30

E una traduzione importante del noto articolo del Prof.Vittore Branca, che e incluso nel capitolo 3 del "Boccaccio medievale" (Firenze, Sansoni 1953). Siccome il valore dell' articolo e di gia ammesso e riconosciuto fra gli studiosi non e necessario che qui stiamo ripeterlo di nuovo. Vittore Branca, che e oggi tra i piu autorevoli studiosi del Boccaccio, riesce a presentare e leggere il Decameron in un tono nuovo e suggestivo : come una vasta e multiforme epopea dell'autunno del medioevo in Italia, come la "summa", o meglio il punto d'arrivo, della piu splendida narrativa europea nell'eta di mezzo. L'articolo, che per la prima volta si presenta agli studiosi di cose italiane in Giappone attraverso la piu fedele e riuscita traduzione, contribuera senza dubbio agli studi sul Boccaccio nel nostro paese.