著者
山崎 彩
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.60, pp.67-88, 2010-10-20

Italo Svevo (1861-1928) viene elencato tra i piu importanti scrittori novecenteschi europei quali Joyce e Proust per il merito di aver scritto La coscienza di Zeno (1923), opera considerata dall'autore stesso "tutt'altra cosa dai romanzi precedenti". Per questo motivo la critica sveviana tende in generale a sottolineare la scissione tra La coscienza di Zeno e le opere precedenti. La nostra analisi invece cerca di dimostrare la continuita delle attivita letterarie di Svevo analizzando i racconti scritti durante il "periodo del silenzio", che va da Senilita (1898) a La coscienza di Zeno. Svevo stesso dichiaro di aver smesso di scrivere seriamente romanzi dopo l'insuccesso di Senilita. Questa sua dichiarazione ha influenzato la critica sveviana a tal punto che spesso si e ritenuto che durante il periodo tra Senilita e La coscienza di Zeno Svevo fosse principalmente occupato a sbrigare questioni familiari e di conseguenza la sua attivita letteraria avesse perso di vigore. Di conseguenza per quanto riguarda la nascita de La coscienza di Zeno, generalmente gli studiosi hanno espresso l'ipotesi che in principio esistessero solo gli episodi autobiografici (dal capitolo "Il fumo" a "Storia di un'associazione commerciale"), che l'autore avrebbe abbozzato durante il cosiddetto "periodo del silenzio". Secondo questa ipotesi la parte della cornice del romanzo (divisa in "Prefazione", "Preambolo" e "Psico-analisi") sarebbe stata integrata in un momento successivo quasi per caso. Tuttavia se si pensa alla forma cosi ben strutturata del romanzo, l'ipotesi di una struttura casuale non sembra molto convincente. Con la pubblicazione dei testi critici curati da M. Lavagetto (Tutte le opere, Mondadori, Milano 2004), si e venuti a conoscenza che la data di compilazione di alcuni racconti di Svevo rientrava proprio nel cosiddetto "periodo del silenzio". A nostro avviso tali racconti possono essere considerati di preparazione a La coscienza di Zeno. Analizzando i racconti del "periodo del silenzio" il nostro articolo mira per prima cosa a dimostrare che in quell'epoca Svevo stava continuando a sperimentare vari modi di scandagliare i desideri intimi degli esseri umani, e in secondo luogo a proporre l'ipotesi che la forma peculiare de La coscienza di Zeno esistesse fin dalla prima stesura. In questo studio prendiamo in esame in particolare cinque tra i racconti scritti in quell'epoca: Lo specifico del Dottor Menghi (1904), "Diario di bordo" (1900-1909?), "Un medio ingenuo" (1910-1914?), "Il malocchio" (1913-1918?), Ombre notturne (1914?). Dall'analisi di questi racconti si osserva che: 1) alcuni di essi hanno gia una struttura di cornice e un narratore inattendibile; 2) vengono trattati di frequente alcuni fenomeni alla moda dell'epoca (per es. la cura rigenerante, lo spiritismo, la psicoanalisi), i cui benefici sono spesso dubbiosi. A questi fenomeni, che abbiamo nominato "ordigni" usando un'espessione di Svevo, Svevo aveva affidato una interessante funzione narrativa, cioe quella di far emergere i desideri intimi ed egoistici dei personaggi. Queste osservazioni ci portano a dedurre che, nonostante non avesse molto tempo da dedicare alla letteratura, in quel periodo Svevo stesse cercando di sperimentare vari modi di raccontare (il narratore inattendibile, la struttura di cornice e i diversi "ordigni") per far emergere l'intimo degli esseri umani dai suoi protagonisti. A questo punto se si pensa alla psicoanalisi ne La coscienza di Zeno, le sue funzioni narrative si dividono in due livelli e sono simili alle caratteristiche narrative dei racconti del "periodo del silenzio": 1) a livello della narrazione, la psicoanalisi funziona come una cornice che unisce tutti i racconti in cui il narratore e un paziente che tende a mentire al suo psicoanalista, quindi e inattendibile; 2) a livello del contenuto invece, la psicoanalisi funziona come "ordigno", che trasmette ai lettori delle informazioni non volute dal narratore Zeno. Da questa osservazione si ipotizza che fin dall'inizio della stesura de La coscienza di Zeno, l'intenzione di Svevo fosse di sfruttare doppiamente la psicoanalisi, sia a livello della narrazione che a livello del contenuto, per far emergere i desideri intimi del protagonista Zeno. Pertanto, in contrasto con l'ipotesi sostenuta finora da molti studiosi, sosteniamo che Svevo avesse fin dall'inizio l'idea della struttura attuale del romanzo.
著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.22, pp.95-103, 1974-03-20

L, A.cerca di individuare un filone del linguaggio della critica d'arte nella storia della lingua moderna italiana, analizzando i vari aspetti linguistici rilevanti negli scritti di alcuni autori in questo campo. L'A.mette in rilievo l'importanza capitale dll'influenza esercitata dall'estetica crociana sulla critica d'arte : si tratta del problema della valutazione estetica delle opere d'arte non solo nel campo della critica d'arte contemporanea ma anche in quello degli studi della storia dell'arte. Questa tendenza non pote lasciare tracce indelibili anche al linguaggio usato come strumento della critica. Secondo l'analisi dell'A., le caratteristiche piu salienti, sono le metafore linguistiche tratte da altri campi, l'espressione astratta forse dovuta anche all'assemanticita dell' oggetto da criticare nel caso dell'arte contemporanea, per esempio il neologismo, causato dall'esigenza di trovare espressioni che possano esprimere adeguatamente i nuovi concetti.
著者
村瀬 有司
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.58, pp.173-196, 2008-10-19

La Gerusalemme liberata e una delle opere della storia della letteratura italiana piu difficili da recensire, dal momento che l'opera che il Tasso voleva lasciare ai posteri non e mai uscita. Da una parte, le edizioni coeve furono infatti pubblicate senza l'approvazione dell'autore e dall'altra quelle moderne dipendono totalmente da esse a causa della mancanza di edizioni autografe e dell'intricata tradizione manoscritta. Dal primo Settecento al secondo Ottocento la maggior parte delle edizioni fu basata sul testo della pubblicazione mantovana dell'editore Osanna (O) del 1584 considerata importante perche ritenuta curata da Scipione Gonzaga, un amico letterato a cui Tasso chiese ripetutamente consigli per la sua opera. Dopo la fine dell'Ottocento, tuttavia, alcuni studiosi hanno cominciato a criticarla per i tanti interventi arbitrari del curatore sui versi, presentando invece, come testo piu vicino all'originale, due edizioni uscite a Ferrara a la cura di Febo Bonna il 24 giugno e il 20 luglio del 1581 (rispettivamente B1, B2). Bonfigli curo percio un'edizione nel 1930 ricorrendo principalmente a B2 e in seguito Caretti ne curo un'altra nel 1957 consultando piu sistematicamente lo stesso testo e limitandosi a visionare B 1 e O solo per correggere palesi errori di frase. Questa ultima edizione carettiana e quella diffusa oggi. Non avendo mai il Tasso ne collaborato alle tre edizioni (O, B1, B2), ne avendone riconosciuta alcuna come sua, un'edizione filologicamente piu accurata non puo prescindere da un attento esame dei manoscritti che sfortunatamente mancano di ordine. Dal 1575 al 1576 Tasso spedi le bozze dell'opera al Gonzaga di Roma per la revisione, che non riguardo l'opera completa, ma solo le parti di volta in volta finite separatamente: di conseguenza, i gruppi di canti furono trascritti e diffusi in modo indipendente e fasi diverse si insinuarono all'interno di un singolo manoscritto. Questa complicazione rende piu intricata la relazioni fra i vari manoscritti e difficile la sistemazione delle stampe variamente originate da essi. La ricerca piu recente sta infatti mettendo in evidenza questa complessita, soprattutto per merito quasi esclusivo degli studiosi dell'Universita di Pavia, capeggiati da Luigi Poma. Una comparazione dettagliata fra quasi tutte le varianti presenti nei testi piu importanti ha condotto lo studioso a stabilire quale fosse il manoscritto di riferimento in base al quale gli altri possono essere collocati in ordine ed ha indicato vari problemi testuali delle stampe cinquecentesche e dell'edizione moderna. In questo articolo si cerca di schematizzare i rapporti fra i testi e notare i problemi dell'edizione carettiana utilizzando i risultati delle ricerche degli studiosi di Pavia ed in particolare quelli citati di Poma.
著者
浜田 初雄
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.4, pp.54-66, 1955-12-30

Lo scopo dell'autore e di mostrare, il sorgere della coscienza nel popolo, di cittadino moderno, in quel periodo della storia politica e commerciale italiana, che va dai principii dell'undicesimo secolo fino alla fine del quindicesimo secolo. Il capitalismo, diremo mercantile, comincio con la vittoria, della classe ricca dei commercianti sui Signori feudatari. Questo fu anche il principio della democrazia dei cittadini. Col passaggio, da capitalismo mercantile a capitalismo monetario, i commercianti provarono il gusto e la soddisfazione di far quattrini. E cosi ridussero l'Italia degli anni seguenti, in uno stato pietoso.
著者
Dei Adele
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.58, pp.21-39, 2008-10-19
著者
上野 貴史
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.60, pp.89-110, 2010-10-20

Il participio passato usato come verbo o aggettivo aggiunge la funzione aggettivale a quella originaria di verbo. In quanto verbo funge da elemento del tempo composto (ad es. Sono tornati a casa.), della voce passiva (ad es. Anna e amata da Mario.) e della proposizione subordinata (ad es. Risolto quel problema, tutta la controversia fini in nulla.). Il participio passato come aggettivo funziona da attributo (ad es. La finestra e aperta.) o elemento del predicato nominale (ad es. La polizia ha catturato il bandito evaso.). Inoltre, il participio passato possiede due possibili significati: <<perfetto>> e <<passivo>>. In questo lavoro, per quanto riguarda il participio passato, che presenta sintatticamente e lessicalmente molte sfaccettature, si intende chiarire il processo generativo del participio passato considerando la categoria lessicale e la distribuzione dell'uso del significato. Per considerare il processo generativo del principio passato e necessario distinguere i verbi, dal punto di vista sintattico, in tre categorie: transitivi, inergativi, e inaccusativi. La struttura argomentale di tali verbi puo essere espressa come segue: a) verbi transitivi: [+_NP]_<VP>___<<Theme>> (hanno il ruolo di <Agent> nell'argomento esterno) b) verbi inergativi: [+_]_<VP> c) verbi inaccusativi: [+_NP]_<VP>___<<Theme>> (non hanno nulla nell'argomento esterno) Il participio passato dei verbi transitivi che funge da elemento del tempo composto e della proposizione subordinata e usato con il significato di <<perfetto>>, ma come <<passivo>> nel caso della funzione aggettivale e della altra verbale. Mentre il participio passato dei verbi inaccusativi e usato esclusivamente come <<passivo>>, quello dei verbi inergativi ha significato di <<perfetto>> solamente nel tempo composto e non puo svolgere un'altra funzione che necessiti del ruolo di <Theme>. L'analisi del processo generativo del participio passato mostra per l'uno e per l'altro due processi distinti, che dipendono dal significato e non dalla funzione sintattica. Il participio passato usato come <<perfetto>>, ad eccezione dei verbi inaccusativi, e usato come elemento del tempo composto (verbi transitivi e inergativi) e della proposizione subordinate (verbi transitivi), e queste forme sono derivate tramite le regole di Flessione (IR) mettendo in funzione le seguenti condizioni sintattiche: (i) "Quando il <Theme> nella struttura-p e preposto e sostituito dai pronomi personali lo/la/li/le, il participio passato si accorda in genere e numero con il <Theme>", e (ii) "Quando il participio passato e usato in una proposizione subordinata o in un sintagma nominale, si accorda in genere e numero con il <Theme>." Cosi, il processo generativo del participio passato sentiti nella frase Non li ho sentiti puo essere rappresentato come segue: Dic [sent-τ]_V SCR [sent-τ]_<V<+M/+pl>> IR [[sent-i]_V+t-κ_<<+M/+pl>>]_V [[sent-i]_V+t-κ_<<+M/+pl>>]_V OP [sent-i]_V Dopo che le SCR (le Regole di Condizione Sintattica) aggiungono i tratti [+maschile] e [+plurale] (<+M/+pl>) alla base ([sent-τ]_V) nel dizionario (Dic), l'uscita sentiti (OP) e generata dalle IR. Viceversa, i participi passati che mostrano un use <<passivo>> e quelli dei verbi inaccusativi sono usati come elementi del tempo composto (inaccusativi), della voce passiva (transitivi) e della proposizione subordinata (transitivi e inaccusativi) e sono derivati tramite le regole di Derivazione (DR) aggiungendo il suffisso -to che cambia il significato della voce. Le condizioni sintattiche riguardanti queste forme sono: (iii) "Quando il Caso nominativo e dato al <Theme> nella struttura-p, il participio passato si accorda in genere e numero con il <Theme>" e la regola (ii) vista sopra. In questo modo, il processo generativo del participio passato arrivata nella frase Ieri Stefania era gia arrivata si puo rappresentare nel modo seguente: Dic [arriv-ρ]_V DR [[arriv-ρ]_V+t-κ]_<V<-Pass>> SCR [[arriv-ρ]_V+t-κ_<<-M/-pl>>]_<V<-Pass>> IR [[arriv-a]_V+t-κ_<<-M/-pl>>]_<V<-Pass>> [[arriv-a]_V+t-a_<<-M/-pl>]_<V<-Pass>> OP [arrivata]_V L'uscita arrivata e generata dalle DR che aggiungono un tratto semantico [-passivo] (<-Pass>) alla base ([arriv-ρ]_V). Il suffisso -to inverte il tratto semantico della base come "attivo → passivo" o "passivo → attivo". Inoltre, tali participi passati sono usati con funzione aggettivale, e con l'aggiunta di suffisso zero (φ) che cambia la categoria lessicale, formano aggettivi e sostantivi derivati. La derivazione dell'aggettivo derivato ferita puo essere illustrate nel modo seguente: Dic [fer-τ]_V DR [[fer-τ]_V+t-κ]_<V<+Pass>> [[[fer-τ]_V+t-κ]_<V<+Pass>>+φ_<ΔVA>]_A SCR [[[fer-τ]_V+t-κ_<<-M/-pl>]_<V<+Pass>>+φ_<ΔVA>]_A IR [[[fer-i]_V+t-a_<<-M/-pl>>]_<V<+Pass>>+φ_<ΔVA>]_A OP [ferita]_A L'uscita [ferita]_A, come quella di [arrivata]_V vista in precedenza, e formata tramite le DR. Per quanto riguarda le forme che applicano le DR, si puo sostenere che la derivazione e "sintattica" nel senso che si trova ad essere influenzata dalle condizioni sintattiche e dai tratti sintattici del verbo. Le parole derivate per mezzo dei suffissi -ta/ -tura/ -tore/ -torio/ -tivo sono morfologicamente simili alla derivazione del participio passato, ma sono generate attraverso un processo diverso. Per esempio, il processo generativo del sostantivo derivato caduta puo essere rappresentata come segue: Dic [cad-σ]_V DR [[cad-σ]_V+ta_<ΔVN>]_N IR [[cad-u]_V+ta_<ΔVN>]_N OP [caduta]_N Tali suffiissi si aggiungono alla base del participio passato, ma non cambiano il significato in <<attivo>> da <<passivo>> e viceversa. Per questa. ragione si puo dire che le derivazioni formate attraverso tali suffisi, diversamente da quelle del participio passato, sono "lessicali."
著者
遠山 公一
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.60, pp.135-153, 2010-10-20

Guido di Pietro, Fra Giovanni da Fiesole dell'Ordine dei Padri Domenicani, detto Fra Angelico ossia Beato Angelico, e considerato un pittore rivoluzionario avendo creato le pale rinascimentali "all'antica" o sine civolis. In realta, anche dopo le pale di San Marco e Annalena, incorniciate fra due pilastri scanalati con capitelli di tipo antico, egli ha continuato a produrre la pala d'altare con la forma tradizionale come il Trittico di Perugia (Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria e Roma, Pinacoteca Vaticana) che qui riesamino per datarlo agli anni 1443-44 con un nuovo ragionamento, e per tentare di ricollocarlo tenendo conto delle ricerche recenti e della storia delle pale d'altare italiane appartenenti ai decenni 30' e 40' del Quattrocento. Il Trittico di Perugia fu eseguito per la cappella dedicata a San Nicola della chiesa domenicana a Perugia, sotto il patronato della famiglia Guidalotti, precisamente di Elisabetta Guidalotti. La datazione tradizionale del Trittico angelichiano era dell'anno 1437 in base della testimonianza del cronista cinquecentesco Timoteo Bottonio, ed e stata corretta da Andrea De Marchi (1985), il quale l'ha posticipata al 1447, in seguito a un riesame stilistico e all'individuazione, nel viso di san Nicola raffigurato nello scomparto sinistro, del cripto-ritratto di Niccolo V, eletto papa nel 1447. Anche se la datazione di De Marchi e accolta con favore da molti critici recenti, la stessa e stata messa in dubbio da Sartore e Scalpellini, i quali ribadiscono la datazione 1442-43 in base al rimaneggiamento architettonico della cappella (1442) e alle somiglianze con la Madonna del Pergolato di Giovanni Boccati (Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria), opera che risulta compiuta nel 1446 e che presuppone l'esistenza della pala di Perugia. Da parte mia vorrei proporre per l'esecuzione del Trittico la datazione 1443-44. La cronologia del Bottonio indica chiaramente il 1437 come data di commissione del Trittico all'Angelico piuttosto che la sua esecuzione. Infatti la testimonianza del cronista Pompeo Pellini induce a pensare che il pittore si trovasse tra i ventitre dell'Osservanza dell'ordine domenicano che visitarono Perugia nel 1437 e che proprio in Perugia, in tale data, l'Angelico abbia avuto la commissione del Trittico. La scena del Miracolo del grano, nello scomparto centrale della predella, potrebbe annunciare il messaggio papale che promuove la crociata contro i Turchi, la cosiddetta crociata di Varna. L'episodio dell'Incontro di san Nicola con il messo imperiale per chiedere la parte di 100 stai di grano a ogni nave romana allo scopo di aiutare la citta orientale oppressa dalla fame, puo alludere, a mio avviso, alla decima dichiarata dall'enciclica papale che Eugenio IV promulgo il primo gennaio del 1443. La datazione qui proposta alla prima meta del quinto decennio potrebbe spiegare piu convincentemente la probabilita di eseguire il Trittico tra il compimento della Pala di San Marco, entro la consacrazione del Convento e della Chiesa di San Marco alla presenza di Eugenio IV (6 gennaio, 1443) e la partenza dell' Angelico per Roma (1445/1446). La resa molto precisa e illusionistica, quasi fiammingheggiante, del Trittico-soprattutto nella raffigurazione della panca sul fondo d'oro alle spalle dei quattro santi degli scomparti principali e nella predella destra con la scena della Morte di san Nicola che trasmette la luce attraverso l'occhio sulla parete di fondo- e davvero notevole. La scelta della forma tradizionale del Trittico si spiegava come 'modo et forma', per la richiesta da parte dei committenti di voler seguire gli esempi precedenti, mostrando una forte inclinazione a rispettare la continuita della tradizione locale. Ma ora si sa che la stessa patrona Elisabetta Guidalotti commissiono la forma rinascimentale "all'antica" a Benozzo Gozzoli per la pala della Sapienza Nuova (Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria). E potremmo anche dire che il tipo della pala d'altare con la Madonna al centro e quattro santi sui due lati ripete quasi la stessa forma del trittico (trittico di San Pietro martire, trittico di San Domenico di Fiesole, trittico della Compagnia di San Francesco, trittico di Cortona e trittico di Perugia), con le evidenti eccezioni di tre pale "all'antica" commissionate dai Medici (pala di Annalena, pala di San Marco e pala di Bosco ai Frati). Di conseguenza dovremmo pensare che il pittore sia tornato alla forma del trittico cara alle sue consuetudini per una sua scelta, che fu comunque, sicuramente, consentita e approvata dai committenti. L'Angelico cerca di migliorare la resa dello spazio, sempre piu convincente e illusionistico, per realizzare l'unita spaziale (dimensione coerente delle figure, introduzione della linea d'orizzonte continua nei compartimenti e di motivi d'arredo comuni, resa unitaria della luce, prospettiva, ombre portate). Si puo quindi pensare che la ricerca coerente dell'unita spaziale da parte del pittore non solo si rifletta sulle pale "all'antica" commissionate dai Medici, ma anche sulle pale con la forma tradizionale. In altri termini l'Angelico, pur sottomesso alle richieste dei committenti locali, ha proposto e perseguito di propria iniziativa la scelta della forma tradizionale, senza per questo rinunciare alla ricerca dell'unita spaziale. La pala di Perugia in questo senso rappresenta un culmine nella sua ricerca artistica.
著者
村瀬 有司
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.48, pp.112-136, 1998-10-20

Nel canto XVI della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso c'e la seguente impressionante descrizione della sparizione del palazzo di Armida. <<Ombra piu che di notte, in cui di luce / raggio misto non e, tutto il circonda, / se non se in quanto un lampeggiar riluce / per entro la caligine profonda. / Cessa al fin l'ombra, e i raggi il sol riduce / pallidi; ne ban l'aura anco e gioconda, / ne piu il palagio appar, ne pur le sue / vestigia, ne dir puossi: "Egli qui fue". <<Come imagin talor d'immensa mole / forman nubi ne l'aria e poco dura, / che 'l vento la disperde o solve il sole, / come sogno se 'n va ch'egro figura, / cosi sparver gli alberghi, e restar sole / l'alpe e l'orror che fece ivi natura.>>(XVI-69, 70) Il faxcino poetico di questa rappresentazione risiede nella vanita simboleggiata da "nubi" e "sogni", topoi tipici dell'autore. In questo articolo considerermo, da tre diversi punti di vista, le immagini usate dal Tasso per rappresentare la vanita. Bisogna anzitutto ribadire l'influenza preponderante della tradizione religiosa sulla sensibilita della cultura europea. Il motivo della vanita si collega con la concezione che il mondo e vano e incostante rispetto ai valori assoluti di Dio. Si deve inoltre considerare la seguente caratteristica della societa del Cinquecento: in piu parti delle opere tassiane viene spesso rappresentato il concetto di relativita, ovvero il pensiero secondo il quale l'interpretazione di uno stesso fenomeno varia secondo il tempo, il luogo e il costume. Tale relativismo trae origine dalla particolare situazione storica dell'Europa del Ciquecento. Nel XVI secolo, in seguito alle grandi scoperte geografiche, si diffusero rapidamente in Europa informazioni sulle societa e i costumi di paesi fino ad allora sconosciuti, i nuovi valori religiosi conseguenti la Riforma e le scoperte scientifiche simboleggiate dall'eliocentrismo. Questi nuovi valori scossero le norme tradizionali della societa e della religione, introducendo un senso di incostanza e vanita del mondo. Non si deve poi sottovalutare l'atteggiamento psicologico del Tasso, la cui visione della vanita e legata strettamente al suo forte soggettivismo. Per l'autore, la realta e solo una immagine fugace, come un sogno, e lo stesso concetto di "visione" e profondamente collegato al suo senso di perdita originato dall'esperienza di essere un tutt'uno con la madre. La perdita dell'essenza assoluta (distacco dalla madre) fa nascere di conseguenza nel Tasso un ardente desiderio di ricupero della suprema beatitudine e dell'armoniosa perfezione del mondo della fanciulezza.
著者
芝田 高太郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.43, pp.199-218, 1993-10-20

Le opere di Svevo sono caratterizzate dalla quotidianita della vita dell'eroe, dal suo mondo interiore esplorato e messo in chiaro dettagliatamente. E questi caratteri sono comuni fra i grandi romanzieri primonovecenteschi come Proust, Joyce, Kafka, Musil, ecc. Ele opere di Svevo sono fortemente autobiografiche. Cioe, Svevo racconta di se stesso in tutte le sue opere. Naturalmente i suoi eroi non sono fotocopie dell'autore stesso. Ma, i lettoriricevono l'impressione che essi ci mostrino inconfondibilmente l'essenza della personalita dell'uomo Italo Svevo. Incuriositi dal raporto fra l'uomo e le opere, si cominciano a leggere le sue lettere e i diari. Ma si incontra la stessa faccia anche in questi scritti <privati>. Si crede che Svevo abbia <smesso> di scrivere dopo l'insuccesso dei suoi primi due romanzi. Ma in realta Svevo, sotto la maschera dell'impiegato Ettore Schmitz, continuava a scrivere. In un diario, Svevo confessa che non puo sentirsi vivere senza scribacchiare giornalmente per conoscere meglio se stesso. L'impiegato Ettore Schmitz, prima del matrimonio, scriveva Diario per la fidanzata. In questo diario Ettore Schmitz tenta di far conoscere la propria personalita alla fidanzata Livia Veneziani. Ma in questo diario, stranamente, Ettore Schmitz esibisce le proprie debolezze piuttosto volutamente, esagerandole. Anche nelle sue opere, per esempio in Una Vita e in Senilita, Svevo espone troppo le debolezze dei protagonisti. Cosi, Italo Svevo=Ettore Schmitz, in tutti i suoi scritti, privati o <pubblici>, tratta i personaggi ugualmente. Quando scriveva, comunque voleva scrivere sinceramente. Anche quando scriveva romanzi o novelle, cioe finzioni, voleva scrivere solo la verita. Cosi risulta l'omogeneita degli scritti privati e pubblici. Ma Ettore Schmitz ha adottato lo pseudonimo Italo Svevo. Aveva bisogno di una maschera. Dopo il successo de La coscienza di Zeno, Svevo=Schmitz prepara un'altra maschera. Nei suoi ultimi anni, Svevo ha scritto piccole autobiografie nelle lettere ad alcuni scrittori come Montale, o Prezzolini. E nel 1928 ha scritto Profilo autobiografico. In queste autobiografie, Svevo, dopo l'insuccesso dei primi due romanzi, ha escluso la letteratura dalla sua vita perche la letteratura danneggia la vita dell'impiegato Ettore Schmitz. Ma in realta Svevo non poteva fare a meno della penna. Cosi, Italo Svevo era una maschera gia mascherata. Un Romanziere deve vivificare le sue pagine nelle opere. Dunque deve <vivere> il mondo delle sue opere. Da qui nasce il rischio che il romanziere confonda la propria vita con le vite finte nelle sue opere. Anche Svevo soffriva di questa malattia. Nel diario per la fidanzata confessa la sua indifferenza per la vita. Ogni avvenimento reale gli sembrava tutto finto. Dopo La coscienza di Zeno, Svevo non voleva la soluzione del proprio problema, cioe la conoscenza completa della propria personalita, la guarigione assoluta della sua malattia che era l'indifferenza alla vita. L'unica via rimasta era lo studio di se stesso che non finisce mai. La verita si puo cogliere solo proseguendo questo studio.
著者
関根 秀一
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.41, pp.104-125, 1991-10-20

L'Adorazione dei Magi del Botticelli (n. 1890-882) che si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze e l'opera su cui il Vasari, nella sua 'La Vita di Sandro Botticelli', piu a lungo si sofferma e da lui piu di ogni altra lodata. Quest'Adorazione dei Magi fu commissionata all'inizio degli anni 70 del Quattrocento a Botticelli da Guasparre dal Lama, sensale de' cambi dell'Arte del Cambio di Firenze, per porla nella sua nuova cappella nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. Questa tavola d'altare era rimasta nella Cappella per circa un secolo fino all' incirca al mese d'agosto 1575. Trasferita poi in un'altra localita sconosciuta, se ne persero le tracce. Fu il 13 maggio 1796 che la stessa fu ritrovata nella Villa Medicea a Poggio Imperiale da cui fu trasferita nella Galleria degli Uffizi. Ci da notizia di questo trasferimento l'etichetta apposta sul retro della tavola. In base al contenuto del dipinto e ai documenti il presente saggio si propone di individuare la collocazione originale di questa tavola nella chiesa di Santa Maria Novella. Herbert P. Horne, uno studioso assai acuto del Botticelli, sostenne per primo nella sua famosa monografia del 1908 che questa tavola d'altare era collocata "not as Vasari says to the left, but to the right, of the middle door of the facade on entering the church". Horne ha negato l'opinione del Vasari secondo il quale la tavola era collocata "fra le due porte nella facciata principale della chiesa nello entrare per la porta del merzo a sinistra", attribuendola ad un errore di memoria del Vasari. A partire da quel momento in poi, la descrizione del Vazari e sempre stata contestata. Molti storici dell'arte come Hatfield (1976), Lightbown (1978) ed altri hanno accettato predissequamente l'opinione del Horne. Ma veramente la memoria del Vasari e in errore? Per quanto riguarda i documenti riferibili al periodo in cui questa tavola era rimasta nella chiesa, si trovano tuttora i seguenti : il <<Memoriale di molte statue et picture>> di F. Albertini (1510), <<il libro di Antonio Billi>> (1481-1536/37), <<il codice dell'Anonimo Gaddiano>> (1542-48), <<la prima edizone>> di Vasari (1550) e <<la seconda>> (1568). Ma tutti tranne il Vasari si limitano ad affermare brevemente che la tavola era collocata "fra le porte" oppure "e acanto alla porta del mezo". Nel <<Sepolcrario della Chiesa di S. M^a. Novella di Firenze>> scritto nel 1617, quando questa tavola d'altare era gia scomparsa, troviamo la seguente collocazione : "Fra due porte, cioe fra la porta del mezzo, e la porta verso S. Benedetto (questa e nell'entrare per la porta del mezzo a destra)". Ed anche Vincenzo Fineschi riferisce, ne <<Il Forestiero Istruito in Santa Maria Novella>> (1836), che : "all'entrare a mano destra". Secondo il <<Sepolcrario>>, Horne ha confutato l'opinione del Vasari. Ma quando il <<Sepolcrario>> fu scritto, questa tavola era gia scomparsa. Di conseguenza lo scrittore del <<Sepolcrario>> non aveva potuto vederla. Al contrario, mentre il Vasari lavorava al restauro della chiesa per ordine di Cosimo I dal 1565 al 1571, questa tavola era ancora nella sua originale collocazione. Questo fatto puo indurci necessariamente a pensare che Vasari, in quanto direttore, abbia frequentato la chiesa. Siccome le descrizioni del Vasari della prima edizione (1550) e della seconda non cambiarono per quanto riguarda la collocazione di questa tavola del Botticelli, l'opinione di Horne che Vasari si sia ricordato male e un errore. In questo saggio ho indicato gli errori della teoria ormai accreditata presso gli studiosi di Horne e dimostrato la ragione delle descrizioni del Vasari per riesaminare i documenti e riconsiderare in base all'interpretazione della storia dell'arte il contenuto del dipinto.
著者
阿部 史郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.4, pp.67-75, 1955-12-30

Lo studio dell'evoluzione del pensiero del De Sanctis sul realismo e in sostanza quella del verismo. E degno di nota che questa evoluzione e divisa dall'anno 1848, in due, l'anno della revoluzione di Parigi. La sua posizione prima della rivoluzione e quella di un dirigente del Romanticismo. Quella dopo il 1848, sotto l'influenza dell' Estetica di Hegel, tradotta dal Bernardo nel 1850, la filosofia di Compte e sopratutto di Zola tende verso il verismo. Le relazioni fra il De Sanctis e lo Zola cominciavano dopo il 1877 ed e un fatto molto interessante e degno di studio, ma io qul prendo in considerazione solo la posizione del De Sanctis circa il realismo.
著者
長谷川 悠里
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.60, pp.111-133, 2010-10-20

L'affermazione che esista nell'universo un'armonia cosmica venne sostenuta da autorita antiche come Pitagora, Platone, Cicerone e Macrobio, ma venne rifiutata da Aristotele e dai suoi commentatori medievali come Tommaso d'Aquino. Rispetto a questo, Dante, parlando dell'armonia delle sfere sin dal primo canto del Paradiso, dichiara la sua posizione riguardo a tale dottrina. La concezione che il moto delle sfere risultasse in un'armonia sonora ha origine negli studi matematici di tradizione pitagorica ed e stata in seguito sviluppata in diversi modelli dell'armonia musicale al fine di calcolare le distanze tra i pianeti e dalla Terra, nonche le dimensioni complessive dell'universo. I secolari studi matematico-musicali sull'argomento vennero poi categorizzati da Boezio nella cosiddetta musica mundana. Questo lavoro muove dalla considerazione di alcuni trattati che potrebbero aver formato la concezione musicale di Dante, insieme ad un breve accenno al concetto matematico-musicale del Medioevo. Come e noto, alla musica nel Medioevo era attribuito un carattere peculiare ereditato dalla cultura greca, radicalmente diverso dal concetto di musica moderno. Vengono poi analizzate le tre note categorie di musica formulate da Boezio (la musica mundana, la musica humana e la musica instrumentalis) e confrontate con le tre cantiche della Commedia, facendo riferimento ai diversi saggi che hanno trattato questo argomento. Nel Paradiso il punto di vista privilegiato per osservare l'armonia delle sfere e il cielo del Sole. L'analogia dell'universo dantesco con le scale celesti discusse nel De Institutione musica di Boezio potrebbe rappresentare una spiegazione del panorama che si apre nel cielo del Sole. Boezio e Isidoro sono presenti insieme ad altri teologi e filosofi nel cielo del Sole, dove viene descritta la danza trinitaria eseguita dai tre cerchi che ne rappresentano il simbolo. Anche al di fuori del campo della musica, vari studiosi hanno riconosciuto l'influenza dei loro trattati nelle opere di Dante. Per questa ragione si tratteranno qui alcuni passi delle Etymologiae di Isidoro, aggiungendovi una considerazione sulle Institutiones di Cassiodoro, a cui Isidoro stesso fece riferimento per compiere il suo lavoro enciclopedico. Dante, da parte sua, non scrisse alcun trattato sulla musica, ma ne parlo, per esempio nel Convivio, in cui la musica viene paragonata al cielo del Marte. Il poeta scrive che la musica si fonda sulla legge dell'armonia, e che "in essa scienza massimamente e bella". La sua conoscenza sulla musica e la sua familiarita con l'ambiente musicale del tempo si riconosce soprattutto nei versi del Paradiso che rappresentano la danza e la musica polifonica dei beati. L'esame prosegue, dopo la breve ma necessaria spiegazione sulla scala musicale greca, attraverso la presentazione delle scale celesti di Nicomaco e di Cicerone, prendendo spunto dalle citazioni dantesche presenti nei principali studi finora pubblicati in Italia. Dapprima, riguardo a Cicerone, si citera Il sogno di Scipione, il Commento al sogno di Scipione di Macrobio ed infine il De Institutione musica di Boezio. In merito a Nicomaco verranno trattati il suo Manuale di armonia e Institutione di Boezio. Benche lo studio della simbologia e la struttura numerica della Commedia abbia avuto esiti piuttosto significativi negli ultimi decenni, il tema dell'armonia cosmica delle sfere, pur avendo un aspetto numerico anch'esso, non ha ricevuto altrettanta attenzione. Nel canto X del Paradiso, Dante invita il lettore a contemplare la bellezza del cielo e l'armonia delle sfere. Se guardiamo il disegno dell'universo che aveva in mente Dante dal punto di vista della musica del suo tempo, ci si offre una visione fantasiosa, ma nello stesso tempo estremamente 'poetica', alla quale l'astronomia del nostro secolo non lascia spazio. L'argomento dello studio che qui si propone non riguarda percio la musica in senso stretto, ma piuttosto i passi del Paradiso nei quali Dante tratteggia la musica mundana teorizzata come scale celesti, di cui il lettore dovrebbe avere coscienza per una migliore comprensione dei versi del Paradiso.
著者
大類 伸
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.3, pp.1-10, 1954-12-30

Il Prof. Orui, prende in considerazione, tre opere del Machiavelli, Il Principe, I Discorsi e La Storia di Firenze. E ci da un resoconto di che parole, il Machiavelli si servisse, per esprimere l'idea di popolo, e che significato quelle parole avessero. Nel Principe e nei Discorsi, il popolo sono i molti, cioe popolo ha un significato piuttosto numerico. Nella Storia di Firenze, si serve della parola popolo, in relazione alla classe dirigente i nobile e la plebe, cioe la classe media. L'autore conclude dicendo, che dalla Storia di Firenze e chiaro, che per il Machiavelli, il popolo non e la plebe, Machiavelli e l'uomo della rinascenza, e viveva in Firenze, che prosperava sotto la guida ricca borghesia fiorentina.
著者
村瀬 有司
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.45, pp.53-76, 1995-10-20 (Released:2017-04-05)

Questo articolo tenta di chiarire una disposizione mentale importante di Piero Paolo Pasolini attraverso un'analisi di Ragazzi di vita, il suo primo romanzo pubblicato nel 1955. L'immagine della sporcizia costantemente presente nell'opera costituisce l'oggetto principale di questo studio. Pasolini descrive spesso delle vedute delle borgate di Roma piene di immondezze, vedute che non solo descrivono realisticamente la vita dei quartieri bassi ma contengono anche alcuni significati latenti, quali la vitalita, l'inclinazione alla morte e la santita. I ragazzi di vita sono dotati di un'energia vigorosa non limitata dalla repressione della civilta, energia che si esprime nei loro comportamenti zotici e nel loro gergo osceno. Il carattere indecente dei ragazzi e messo in rilievo esternamente dalla sporcizia che li avvolge, cioe le immondezze e i rifiuti connessi alle loro figure sottolineano la tenacita della loro esistenza. Ma nell'immagine della sporcizia e latente anche la pulsione verso la morte contraria alla vitalita. In questo caso, la sporcizia simboleggia la caduta in un abisso oscuro. Essendo circondati dall'immagine oscura delle immondezze, i ragazzi di vita acquistano una dimensione sacra intimamente collegata con la pulsione verso la morte. In altre parole, la sporcizia coinvolge i ragazzi in una situazione masochistica che conferisce loro la santita dei martiri. Il presente articolo individua nell'immagine della sporcizia le tre caratteristiche sopracitate, collegandole con un'altra immagine fondamentale del romanzo, cioe con l'estate, tentando di chiarire un aspetto fondamentale della disposizione mentale di Pasolini.
著者
堂浦 律子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.46, pp.96-120, 1996-10-20

Gaspara Stampa, oggi considerata una delle migliori poetesse rinascimentali, visse a Venezia verso la meta del Cinquecento. Nacque a Padova nel 1523 da una famiglia agiata di commercianti e, per volonta del padre, ebbe una buona educazione letteraria e musicale. Alla morte del padre, la madre si trasferi con i figli a Venezia. L'ambiente vistoso e raffinato di Venezia, che in quel periodo godeva della piena fioritura culturale, ebbe sicuramente un grande impatto sulla giovane poetessa. Sappiamo che in casa Stampa si teneva un "ridotto", ossia una riunione dove si incontravano letterati, musicisti e nobili. Gaspara ebbe una grande reputazione come cantante e poi poetessa. Intanto nel 1548, le accadde di conoscere il conte Collaltino di Collalto, per il quale la poetessa espresse un amore passionale nella sua unica opera : Rime. Il rapporto tra i due duro per quasi tre anni, attraversando diverse fasi, a volte deliziose e a volte dolorose per lei. Mentre s'avvicinava la fine della relazione, le sue condizioni di salute cominciarono a peggiorare. La fine dell'amore la colpi gravemente. Non pote aiutarla a rimettersi in salute nemmeno il secondo amante Bartolomeo Zen, per cui la donna provo un amore piu moderato e tenero. Gaspara mori nel 1554 a 31 anni. Non abbiamo molte notizie che ci permettano di sapere di piu sulla sua vita. Nella storia dela critica letteraria, questa mancanza di documenti rendeva difficile l'avvicinarsi a una sua figura reale, ma nello stesso tempo, lasciava spazio per fantasticare sulla sua immagine. Nel periodo del romanticismo, Gaspara venne trattata come una povera fanciulla tradita, oppure un'amante romantica. Invece nel 1913, Abdelkader Salza, curatore di un'edizione delle Rime della Stampa, presento in un saggio una figura scandalosa della poetessa : cortigiana, ossia meretrice. La sua opinione suscito una serie di polemiche intorno al "mestiere" della poetessa. Soltanto dopo una trentina d'anni i critici e studiosi cominciarono a stimare il valore letterario delle opere della Stampa. Tra loro ci sono Benedetto Croce e Walter Binni ; il primo defini la poesia stampiana come "diario d'amore" e il secondo, invece, la considero una manifestazione legittima del petrarchismo. Si nota, infatti, in esse una grande influenza del petrarchismo, relativa sia al tema amoroso che allo stile. Gli incipit di alcuni componimenti della Stampa, come qui cito, sono molto affini o perfino identici a quelli del Canzoniere di Petrarca : -Voi, ch'ascoltate in queste meste rime, […], (Stampa) ; -Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono, […], (Petrarca); -Pommi ove il mar irato geme e frange, […], (S) ; -Pommi ove il sole irato occide i fiori e l'erba, […], (P) ; -Piangete donne e con voi pianga Amore, […], (S), (P). Il nome dell'amante Collaltino viene spesso paragonato al "Colle di Parnaso", un simbolo della poesia, come il "lauro" che viene ispirato dal nome della donna petrarchesca. L'Amore descritto dalla Stampa ha diversi aspetti : cosi aggressivo che la fa soffrire, o le ispira la poesia o esalta l'anima della poetessa al Cielo. Varie figure dell'Amore come queste si trovano anche nel Petrarca e, inoltre, nelle opere di Pietro Bembo. Quest'ultimo, analizzando le caratteristiche dell'Amore, stabili una teoria : il neoplatonismo. Secondo Bembo un vero amore significa soltanto un amore che possa purificare l'anima umana e condurre gli uomini verso Dio. Nello stesso tempo, l'umanista veneziano, defini il Canzoniere di Petrarca come un canne della lirica, applicando la sua teoria neoplatonica. Il petrarchismo stabilito da Bembo ottenne un'assoluta prevalenza nella letteratura italiana cinquecentesca. La nostra poetessa, che visse appunto in quell'epoca a Venezia, naturalmente subi l'influenza delle idee bembiane. Tuttavia, Gaspara Stampa non finisce come uno dei petrarchisti stereotipati che imitarono solo superficialmente la forma petrarchesca. Nei componimenti di Gaspara, invece, ogni tanto scintillano versi originali, a volte colloquiani a volte prosaici, ispirati dall'amore vissuto intensamente da lei. L'aderenza alle sue esperienze intime rende una notevole vividezza alla sua poesia. L'originalita della Stampa, come dice Marina Zancan, sta nella trasgressione dello stile petrarchesco. Pur essendo una tipica rappresentante del petrarchismo italiano cinquecentesco, contemporaneamente creo la propria poesia d'amore che trascese i limiti del petrarchismo. Per la coesistenza di queste due caratteristiche diverse Gaspara Stampa ha un valore particolare, a mio avviso, nella storia della letteratura italiana.
著者
長神 悟
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.38, pp.37-51, 1988-10-30

In italiano esiste un tipo di derivazione per cui si ricavano sostantivi da verbi eliminando la desinenza dell'infinito e sostituendovi una -o (forma maschile)o una -a (forma femminile) , ad esempio, accenno de accennare, compra da comprare, e cosi via. Tali sostantivi, chiamati " deverbali senza suffisso" o " deverbali a suffisso zero" , si trovano anche nelle altre lingue romanze e rispecchiano lo stesso tipo di derivazione che esisteva gia in latino. Ma sono assai pochi gli esempi latini, fra cui citeremo PUGNA da PUGNARE, LUCTA da LUCTARI, DOLUS da DOLERE, e puo darsi che questi deverbali latini si siano sviluppati originariamente, come sostiene il Malkiel, in una particolare classe sociale, cioe nell'ambiente dei militari e degli atleti a cui sarebbe piaciuta tale derivazione di carattere semplice e immediato. I deverbali a suffisso zero che appaiono gia abbastanza numerosi sin dai primi tempi della lingua italiana aumentano col passare del tempo e ancora oggi non hanno perso la loro forza produttrice come dimostrano le parole immobilizzo o sorpasso di formazione recente. Fra i circa 1700 deverbali senza suffisso raccolti dal Tollemache ci sono due gruppi diversi che si devono distinguere dal tipo normale di deverbali. I1 primo gruppo, che e costituito da sostantivi come (il) caccia, (il/la) procaccia, (Ser) Contrapponi ' saccente', (il) dormi, deve essere riunito col gruppo dei sostantivi composti tipo portabandiera, mettibocca, apribottiglie, sia dal punto di vista semantico- ambedue i gruppi significano quasi sempre l'agente del verbo sia umano che non-umano anziche l'azione stessa del verbo-sia da quello morfologico-in tutti e due i gruppi i verbi in-are si riducono in-a, i verbi in-ere e in-ire si abbreviano in-i, si hanno i sostantivi maschili per i non-umani e quelli principalmente ambigeneri per gli umani. Il secondo gruppo, che include tali sostantivi quali doglia, voglia, contegno, sostegno, ecc. , non sembra suffragare l'ipotesi del Tollemache che ammette I'origine indicativale di questi (e di tutti gli altri) deverbali. Ora la parola doglia continua sicuramente quella latina DOLIA, plurale del neutro DOLIUM, attestate ambedue le forme nel latino tardo, e DOLIUM sara forse ricavato da CORDOLIUM 'crepacuore' che contiene l'elemento -DOLIUM che risale al verbo DOLERE. Visto che il latino adoperaba la desinenza-IUM per ottenere dei sostantivi a partire da verbi, come mostrano DESIDERIUM de DESIDERARE, GAUDIUM da GAUDERE, INCENDIUM da INCENDERE, non sarebbe del tutto infondato supporre gli etimi VOLIA, CONTINIUM, SUSTINIUM per voglia, contegno, sostegno. Anche la parola sedia, che si spiega di solito come la forma con metatesi di un antico sieda tratto dal verbo sedere, si potrebbe collegare direttamente a SEDIUM/SEDIA che appaiono nei documenti latini medievali con significati ' sedia' , ' dimora compestre' e ' sito' .
著者
乾 尚史
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.4, pp.76-87, 1955-12-30

Uno studio Sulle opere di Cesare Pavese, un testardo narratore realista, specializzato in campagne e periferie americano-piemontesi, che mori suicida sui quarant'anni nel 1950. Dapprima, abbozzando tutte le opere secondo la data dell a pubblicazione, l'autore spiega la storia di Pavese. Poi sceglie i tre volumi principali e tenta d'investigar la sua umanita. Pavese mostro-dice l'autore-in "Prima che il gallo canti "la relazione relativa tra l'uomo e la societa e nella"Bella estate"la relazione relativa tra l'uomo e l'uomo. E mostro nel suo addio, "La luna e i falo", la relazione assoluta tra l'uomo e la societa. Di qui Pavese avrebbe incominciato un altra nuova partenza. Benche codesta partenza fu impedita da lui stesso, e indubitato tuttavia che Pavese fu menestrello le cui parole furono vere per gli uomini poveri.