著者
倉科 岳志
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.59, pp.163-182, 2009-10-17

In questo articolo si prende in esame la figura di Francesco Cripsi attraverso tre autori del periodo dell'Italia liberate e fascista: lo scrittore Enrico Corradini (1865-1931) e gli storici Benedetto Croce (1866-1952) e Gioacchino Volpe (1876-1971). Il primo, figlio di piccoli possidenti, ebbe occasione di osservare direttamente la vita degli emigrati italiani in Sudamerica. Il secondo, appartenente ad una famiglia di grandi proprietari terrieri, si distinse per la sua alta cultura. Il terzo, invece, nato in una famiglia meno abbiente rispetto agli altri due, divenne un grande storico. Il primo a descrivere Crispi fu Corradini nel suo romanzo Guerra lontana (1911). Qui il <<ministro>> appare come un eroe triste che prosegue la guerra coloniale, la fallisce, perde il sostegno del popolo italiano e abbandona la carriera politica. L'autore, attraverso i suoi personaggi, un <<poeta>> e un <<giornalista>>, trasmette ai lettori l'idea nazionalistica, ispirata dal <<ministro>>. Tale idea, tramite il <<giornalista>>, viene successivamente fusa con il sindacalismo nella Patria lontana (1910). Anche Croce rappresenta Crispi con simpatia, difendendolo dall'accusa di <<megalomania>> scagliatagli contro dal giornalismo evidenziando, nella Storia d'Italia dal 1871 al 1915, il suo lato <<illuministico>>. Oltre a questa difesa, il filosofo napoletano ne apprezza l'azione di politica interna, come la riforma della legge comunale e provinciale e il nuovo codice penale. Nonostante cio, Croce definisce il periodo crispino un fallimento politico e apprezza l'eta giolittiana, non potendo chiudere gli occhi sull'impresa d'Africa e sulla <<lotta di sterminio contro il socialismo>>. Volpe, invece, accetta la parola <<megalomania>> dandole in varie occasioni un'interpretazione positiva. Una di queste riguarda l'idea risorgimentale di Crispi: unire i sette paesi d'Italia e trasferire la capitale da Torino a Roma. Volpe critica Croce in modo molto severo. Nella sua Italia in cammino (3゜ed. 1931) afferma: <<La Storia d'Italia di Benedetto Croce non ha risposto all'attesa, forse di nessuno>>, si rivela artificiosa e inadeguata a creare un'immagine <<genuina>> dell'Italia d'allora. Crispi vi appare solo come uno dei <<disturbatori e deviatori>>, mentre fu in realta in grado di creare il governo a cui tutti gli italiani aspiravano. Volpe, descrivendo il periodo tra il Risorgimento e la prima guerra mondiale, invece di evidenziare l'eta giolittiana, pone l'accento sul periodo crispino come ad <<un nuovo orientamento di rapporti economici e di politica economica>> o addirittura come <<un nuovo e piu sostanzioso Risorgimento>>. La storia d'Italia di Volpe e quasi la versione rovesciata di quella di Croce. Per Volpe la politica tentata da Crispi non deve essere dimenticata ma proseguita e ripresa. L'Italia deve seguire ideali originali, ma non quelli illuministici, tanto e vero che Volpe apprezza Crispi per aver respinto proprio quei principi. Nel Francesco Crispi (1928) Volpe cita le parole del politico siciliano: <<La rivoluzione francese ci schiaccia>>: per il politico siciliano quegli ideali, ancora troppo presenti nello spirito degli italiani, impedivano loro di andare avanti. Volpe, ispirandosi alle idee di Crispi, concepisce il Risorgimento come qualcosa di profondamente diverso dagli ideali illuministici: il Risorgimento e collegato con il fascismo tramite l'immagine di Crispi, esaltato come primo uomo di governo a nutrire grandi ambizioni per il suo paese. I suoi principi, per lo storico abruzzese, furono fonte di ispirazione per i fascisti, unico "popolo" in grado di capirlo a fondo e seguirlo. Volpe vede nel fascismo il perfezionamento del Risorgimento e il proseguimento degli ideali cercati da Crispi. Le opere dei due storici si differenziano anche per il periodo analizzato. Croce non si sofferma a raccontare la storia del primo dopoguerra, al contrario di Volpe, che esamina i movimenti extraparlamentari e i pensieri nazionalistici di quel periodo. Ne Lo sviluppo storico del fascismo (1928), Volpe concepisce il fascismo come realizzazione del sindacalismo nazionale, che organizza il popolo italiano tramutandolo, attraverso i sindacati, in produttori dello stato e Mussolini come <<la nuova glorificazione di Francesco Crispi>>. Cio che si nota e che questa logica, inserita nel racconto storico di Volpe, concorda con quella nei due romanzi politici di Corradini. Trascurando le tendenze politiche, Corradini e Volpe, rispetto a Croce, dimostrano di aver avuto la vista piu ampia che ha permesso loro di osservare la complessita del popolo italiano in modo piu approfondito.
著者
藤沢 桜子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.63, pp.125-150, 2013

<p>La Missione Iwakura fu organizzata dal governo giapponese nei primi anni dell'epoca Meiji con lo scopo iniziale di modificare i "trattati ineguali" stipulati con le potenze occidentali alla fine dell'epoca Tokugawa (Edo) e raccogliere informazioni sulla societa occidentale. Essa, affidata alla guida dell'ambasciatore plenipotenziario Iwakura Tomomi da cui prese il nome, si avvio, nel dicembre 1871, alla volta degli Stati Uniti, e dell'Europa (tra cui Inghilterra, Francia, Germania e Italia) per concludersi nel settembre 1873, dopo aver visitato dodici paesi. La relazione dell'ambasceria Tokumei zenken taishi, Beio kairan jikki (Relazione veritiera della visita negli Stati Uniti ed in Europa dell'Ambasciatore plenipotenziario giapponese) fu pubblicata nel 1878, suddivisa in 100 libri e corredata da piu di 300 calcografie. Il redattore fu Kume Kunitake, futuro storico giapponese, attendente dell'ambasciatore durante la missione, che si occupo delle correzioni delle bozze fino alla pubblicazione della versione definitiva. La missione visito l'Italia (principalmente Firenze, Roma, Napoli e Venezia), come decimo paese - tra l'8 maggio e il 3 giugno 1873 - dandone conto nei libri 73-78 della relazione. I delegati arrivarono a Roma l'11 maggio e partirono per Napoli il 19 dello stesso mese per poi tornare nella capitale i1 23, e ripartendo per Venezia il 26. A Roma la missione ebbe un incontro ufficiale con Re Vittorio Emanuele II e visito localita rinomate come la Basilica di San Pietro, i Musei Vaticani e i monumenti dell'antica Roma. A Napoli visito gli scavi di Pompei ed Ercolano e i reperti conservati nel futuro Museo Archeologico Nazionale. Il presente articolo esaminera i libri 75-76, "Roma (parte prima)" e "Roma (parte seconda)", che riferiscono del primo soggiorno nella capitale sotto i seguenti aspetti: 1) Roma antica nelle calcografie della relazione e nell'itinerario della missione; 2) Struttura dei libri nell'edizione completa e trasformazione del manoscritto da parte del redattore fino alla stesura definitiva; 3) Personaggi, monumenti e reperti romani descritti nei libri. 1) Tra le 32 calcografie relative alla visita in Italia, quelle relative all'antica Roma sono 13, circa il 40% del totale: nel libro 73° ("Rassegna generale sull' Italia") 1 su 2, nel 75°5 su 6, nel 76°3 su 4, nel 77° ("Napoli") 4 su 6. La rilevanza assegnata all'antica Roma sembra essere confermata dal fatto che alla visita dei monumenti vennero dedicati 4 giorni su 7 di attivita, piu un altro giorno per la visione dei reperti scultorei romani dei Musei Vaticani. 2) Come Kume accenna nell'introduzione, la relazione si sviluppa in due modalita: in forma di relazione diaristica o in forma di saggio del redattore. E da notare come tra i 100 libri il 75° sia l'unico ad iniziare con un saggio, il cui tema e l'antica Roma. Il fatto che il 76° finisca con un altro saggio sul medesimo tema sottolinea come i due libri fossero considerati un unicum focalizzato su Roma antica. Tali soggetti fecero parte del manoscritto fin dalla prima stesura, altri come sericoltura o cristianita vennero invece aggiunti successivamente. 3) I personaggi romani menzionati o descritti nei libri 75-76 sono tutti, (tranne S. Pietro descritto in relazione alla religione cristiana) politicamente prominenti nella storia romana (Romolo, Cesare, Augusto, Agrippa, Nerone, Adriano, Marco Aurelio ecc.). I monumenti romani (Castel Sant'Angelo, il Pantheon, il Foro romano, il Colosseo ecc.) sono sempre inquadrati storicamente. Generalmente la relazione cita poche opere d'arte per nome o in dettaglio - e i libri 75-76 non fanno eccezione. Nonostante la descrizione non permetta di identificare con certezza capolavori classici dei musei Vaticani come l'Apollo Belvedere o il Laocoonte,</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>

5 0 0 0 OA イタリア語論

著者
ボンファンテ G. 野上 素一
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.18, pp.8-21, 1970-01-20

Prima di tutto, l'A.esamina la tradizione linguistica latina della lingua italiana e mette in rilievo l'elemento ellenistico del latino. L'A.evoca la diffusione della lingua greca nel latino e dice che la lingua greca penetrata a Roma si diffondeva specialmente in due ambienti diversi ; i poveri ebrei emigranti e i ricchi romani aristocratici. Per testimoniare cio, l'A.dice che Cesare grido l'ultima parola(Tu quoque fili!)in greco, quando fu attacato da Bruto(Brutus 40)ed anche l'assassino Casca grido le parole degli aiuti al suo fratello in greco(Caesar 46). In oltre, l'A.conferma che la lingua greca della Italia meridionale(Calabria e Salentum)e conservata non soltanto ne'llepoca romana ma anche oggi. In seguito, l'A.spiega brevemente la ragione perche ci sono molte differenze fra le lingue romanze e per quanto riguardo alla lingua italiana, sottolinea l'influenza di substratum di lingua etrusca e lingua umbra e lingua osca ed alla fine esalta l'importanza di Dante Alighieri che diede grande contribuzione per la formazione di lingua italiana.
著者
秋山 余思
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.7, pp.51-61, 1958-12-30
著者
内田 健一
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.57, pp.74-95, 2007-10-20

Nella seconda meta dell'Ottocento l'esaltazione positivistica della scienza si diffuse in tutti i campi della cultura. Nel 1882 Luigi Capuana, il principale teorico del verismo italiano, scrisse un articolo su Gabriele D'Annunzio. Osservo in Canto novo pubblicato di recente il carattere raffinato, complesso e corrotto dell'arte contemporanea influenzata profondamente dal positivismo. D'Annunzio, da "buon adoratore della santa Natura", creava le sue opere d'arte utilizzando la sua conoscenza scientifica. La piu grande conquista scientifica dell'epoca fu la teoria dell'evoluzione delle specie formulata da Charles Darwin. La teoria dell'evoluzione, spesso estesa dalla sfera della scienza naturale a quella ideologica, divenne popolare come il darwinismo sociale. Nel 1883 Francesco De Sanctis, in una conferenza dal titolo Il darwinismo nell'arte, espresse le sue preoccupazioni per la degradazione dell'arte in cui, a causa della dottrina di Darwin, l'uomo era rappresentato principalmente nella sua animalita e il sentimento diveniva sensazione. Questo "animalismo" si puo trovare facilmente anche nelle opere dannunziane sotto varie forme. In un articolo della Tribuna, D'Annunzio riporto un discorso di Jacob Moleschott per l'inaugurazione degli studi nell'Universita di Roma del 1887. Moleschott ebbe nell'Italia postunitaria un ruolo di punta nel diffondere una concezione materialista della vita e della cultura e nell'indirizzare la scienza e la filosofia in senso positivista. Secondo D'Annunzio, la sua parola aveva "pur nel suo impeccabile rigore scientifico una cosi calda potenza d'idealita" e la sua eloquenza scientifica si elevava "ad altezze quasi liriche". Descrivendolo come un eroe della civilta moderna ed anche un misterioso poeta, ribadi l'importanza di essere fedele al metodo scientifico, come osservazione, analisi ed esperimento, anche nel fare opere d'arte. Essendo curioso, onnivoro ed astuto forse per natura, D'Annunzio considero utili tutti i frutti degli svariati settori di studi scientifici (per es. psicologia, sociologia, ecc.). Nel 1889 pubblico il suo primo romanzo Il piacere che sarebbe poi divenuto il codice piu autorevole dell'estetismo. Ma gia nel proemio del Giovanni Episcopo (1893), ripudiando le sue opere passate, dichiaro la necessita di rinnovamento con il motto "Bisogna studiare gli uomini e le cose direttamente, senza trasposizione alcuna". Anche dopo le esperienze estetizzanti fu ferma la sua aderenza al metodo scentifico. L'amicizia cordiale con Angelo Conti, esponente dell'estetismo italiano di fin de siecle, fa spesso passare D'Annunzio per un esteta. Ma egli prese sempre le distanze dall'estetismo antipositivistico di Conti. Per esempio, in un'estesa disamina della monografia contiana Giorgione (1894), osservo che la singolarita di Conti stava nel risoluto dispregio che si professava contro la cosi detta critica scientifica, contro la teoria moderna delle influenze, delle derivazioni e delle diramazioni, e ne dubito. In D'Annunizo mai venne meno la fiducia nel positivismo scientifico. Sulle orme di Leonardo da Vinci che "studiando l'acqua e cercando le leggi che ne governano i movimenti trovo nelle liquide ondulazioni la linea del sorriso femminile", si mise a lavoro per arrivare alla realizzazione di un'opera, ad un tempo scientifica e artistica, cioe armonicamente divisa fra l'esattezza e la suggestione. Producendo il capolavoro Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi (1903), credette di aver raggiunto l'ideale sognato, grazie all'alleanza fra "analisi e sintesi, sentimento e pensiero, imitazione e invenzione". Nell'interpretazione delle opere di D'Annunzio e indispensabile considerare l'influenza del positivismo che si era radicato profondamente nella sua mentalita.
著者
山崎 彩
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.56, pp.241-266, 2006-10-21

L'influenza della psicoanalisi freudiana su La coscienza di Zeno sembra un tema gia discusso sufficientemente, per cui prima presentiamo e riassumiamo le informazioni ricavate dagli altri studiosi, poi paragoniamo i testi freudiani e La coscienza di Zeno per riesaminare come lo scrittore sfruttava le conoscenze scientifiche per il suo romanzo e inoltre aggiungere alcune nuove osservazioni su questo tema importante. Il nostro lavoro consiste in tre capitoli: 1) presentazione di un quadro generale sul rapporto "Svevo e la psicoanalisi" (come e quando conobbe la psicoanalisi, quali libri lesse, quali opinioni aveva), rintracciando le testimonianze lasciate dallo scrittore stesso, 2) riassunto degli studi precedenti sull'influenza della psicoanalisi su Svevo, 3) osservazione delle tracce del testi freudiani ne La coscienza di Zeno e di quale ruolo abbia assunto la psicoanalisi nel romanzo. Nel primo capitolo si analizza il rapporto personale tra Svevo e la psicoanalisi e da questa analisi risulta che Svevo non apprezzava l'efficienza medicinale della psicoanalisi freudiana, ma ne riconosceva il suo valore letterario. Freud era un "grande uomo", scrisse Svevo, "ma piu per i romanzieri che per gli ammalati". Gli studiosi di questo tema sono d'accordo su due punti: 1) l'influenza freudiana su La coscienza di Zeno si trova non nei contenuti, ma piuttosto nella tecnica narrativa del romanzo, 2) la "psico-analisi" del romanzo non coincide perfettamente con quella freudiana. In particolare negli anni novanta G. Palmieri ha indicate le influenze delle altre "psicoanalisi" non ortodosse a quella freudiana. Leggendo La coscienza di Zeno, troviamo numerosi accenni di psicoanalisi freudiani. Infatti, nei testi freudiani come Vorlesungen zur Einfulung in die Psychoanaliyse e Die Traumdeutung possiamo trovare espressioni uguali o simili alle espressioni di Zeno. A questo punto il lettore comincia ad interpretare il testo seguendo la teoria freudiana, cosi la psicoanalisi assume un ruolo di narratore nascosto: ogni volta che il narratore Zeno dice qualcosa, la psicoanalisi mormora un'altra cosa alle orecchie del lettore. Se, per esempio, esaminiamo minuziosamente un sogno di Zeno che somiglia molto ad un sogno descritto in Die Traumdeutung, scopriamo che Svevo rovescia i dettagli delle descrizioni freudiani ed aggiunge altri dettagli descrittivi che sono presi da un'altra opera. Percio il testo assume un sistema di torsione che invita il lettore a interpretare il romanzo seguendo la teoria freudiana, ma che nello stesso tempo rifiuta di essere interpretato da questa teoria. Con questo sistema il testo mantiene la possibilita della pluralita di interpretazione. A questo punto possiamo dire che, ne La coscienza di Zeno, la psicoanalisi assume una funzione di disintegrazione della storia. La psicoanalisi freudiana e una specie di "ordigno" posto all'interno del romanzo per farlo esplodere e farlo ritornare "alia forma di nebulosa". Svevo utilizzo abilmente la psicoanalisi come nuovo linguaggio per raccontare il romanzo.
著者
花本 知子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.57, pp.166-191, 2007-10-20

Nelle opere di Tabucchi si possono riconoscere alcuni elementi che si ripetono diverse volte : i nomi dei personaggi che appaiono in alcuni racconti, senza avere la medesima identita, ma con qualche caratteristica in comune; esperienze autobiografiche ripetutamente inserite nella narrazione come quella della malattia del padre; la data ricorrente del 23 settembre; ecc. Tra questi elementi, vi e il tema dell'infanzia che viene affrontato in quattro racconti. In un articolo del 1985, Tabucchi afferma di aver scritto due romanzi mai pubblicati, le cui pagine sono state buttate nelle acque dell'Oceano Atlantico. Queste pagine affidate al mare, tuttavia, riaffioreranno, sotto la forma di un ricordo, dal titolo <<Storia di una storia che non c'e>> (ne I volatili del Beato Angelico, 1987). Lo scrittore infatti aveva dimenticato di aver pubblicato su una rivista una parte del romanzo il cui manoscritto non esisteva piu, e le copie della rivista sono sbucate all'improvviso da un cassetto. E sono state queste copie abbandonate e dimenticate per tanti anni ad aver spinto lo scrittore a ricreare una nuova storia. Il racconto <<Capodanno>> (ne L'angelo nero, 1991) nasce cosi, utilizzando le pagine ritrovate in modo da integrarle con altri capitoli scritti in seguito, come spiegato dall'autore stesso nella nota che accompagna il libro e in un'intervista. Nel racconto si narrano i giorni d'estate di diversi anni di un bambino, trascorsi senza la presenza del padre che e stato ucciso durante la seconda guerra mondiale dai partigiani, e senza poter ottenere l'attenzione e l'affetto da parte della madre che ha un esaurimento nervoso. Questa storia inquietante e assai complicata dal punto di vista strutturale, dato che tra i capitoli, carenti di una continuita temporale, ci sono tante lacune che vanno riempite dal lettore. A rendere ancora di piu complicata la struttura narrativa ci sono le immagini fotografiche dei genitori rievocate nel ricordo del bambino e a partire dalle quali il protagonista immagina i possibili episodi e storie rinchiusi nelle foto. I capitoli messi insieme in <<Capodanno>> in precedenza avevano un ordine diverso, sotto forma di un altro romanzo : si tratta di un testo narrativo pubblicato su Paragone nel 1978. Siccome siamo di fronte, come viene precisato nella nota, ai <<Capitoli scelti dal romanzo Lettere a Capitano Nemo, di prossima pubblicazione>>, ma che poi non venne pubblicato, non si puo sapere come era strutturato il romanzo nella sua interezza. Si puo comunque notare che quasi tutti i capitoli pubblicati sulla rivista sono stati inseriti, senza subire maggiori ritocchi, in <<Capodanno>>, capovolgendo pero l'ordine originale di ciascun capitolo. Se da un lato esiste la linea che parte da <<Lettere a Capitano Nemo>> per arrivare fino a <<Capodanno>>, ve n'e un'altra che collega quest'ultimo e <<I pomeriggi del sabato>> (ne Il gioco del rovescio, 1981). Uno degli elementi salienti che uniscono i due racconti e di nuovo la fotografia dei genitori del ragazzo protagonista nel loro viaggio di matrimonio. Infatti la foto descritta ne <<I pomeriggi del sabato>> e quasi identica a quella che appare in <<Capodanno>>, cosi da far intravedere al lettore un legame tra due opere : legame rinforzato non solo dalla presenza della fotografia in questione, ma anche dall'assenza del padre, dalla scarsa attenzione della madre nei confronti dei suoi bambini e dal fatto che la storia si svolge in un periodo del dopoguerra. <<Gli incanti>> (in Piccoli equivoci senza importanza, 1985), invece, e legato al <<Capodanno>> per via dell'assenza del padre, probabilmente ucciso dai tedeschi e della presenza di un personaggio dal nome Tullio, come il nuovo marito della zia nel primo o come l'amante della madre vedova nel secondo. Pur essendo storie indipendenti e diverse una dall'altra, i quattro racconti di Tabucchi con bambini come protagonisti sembrano formare un mondo narrativo tutt'uno, sempre ambientato in una citta italiana del secondo dopoguerra, osservato dai ragazzi che trascorrono le loro giornate in una famiglia priva di allegria, dove regna un'atmosfera pesante e dolorosa. E un'infanzia di un determinato periodo storico che anche l'autore, tra l'altro, ha vissuto da bambino.
著者
山本 真司
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.38, pp.52-76, 1988-10-30
著者
藤澤 道郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.32, pp.1-15, 1983-03-10

Si sa bene che il D'Annunzio si proponeva una marcia su Roma prima dei fascisti. In realta, egli non vi riuscisse nonostante della sua posizione abbastanza favorevole e, quando Mussolini e le squadre fasciste realizzarono la marcia sull'Urbe, egli non poteva Che rimanerne fuori come spettatore impotente. Cosa lo spinse a tale parte, e cosa fece vincere Mussolini nel gioco? L'Autore vuol chiarirne gli ambienti politico-sociali, analizzando le azioni politiche del D'Annunzio dall'agosto all'ottobre del1922, delle quali gli spunti piu distinti sono:(1)il suo discorso a Milano del 3 agosto, poco dopo il fallimento del sciopero "legalitario";(2)il mancato incontro D'Annunzio-Mussolini-Nitti e la sua "caduta misteriosa" dalla finestra;(3)la preparazione di una grande assemblea romana dei combattenti(una sorta di "contro-marcia")in programma per il 4 novembre e il patto Mussolini-Giulietti-D'Annunzio dei 16 ottobre. Si puo, pare, concludere che il D'Annunzio non comprendeva il vero scopo di Mussolini per la marcia su Roma, e questa incomprensione gli impediva delle azioni adeguate nel giusto tempo.
著者
上西 明子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.47, pp.37-59, 1997

<p>Noi ricordiamo Pietro Metastasio (1698-1782) come il librettista che porto a compimento la riforma dei libretti delle opere iniziata da Apostolo Zeno (1668-1750). Per quasi tutto il secolo diciottesimo itesti di Metastasio vennero musicati e rappresentati, a differenza dei giorni nostri, molto spesso in tutta l'Europa. Egli restitui dignita letteraria all'opera, espellendo dall'opera seria ogni elemento comico, e costitui uno schema fisso di scena drammatica, separando l'azione affidata a recitativi dall'effusione lirica, confinata nelle arie conclusive. Tale schema condusse alla stilizzazione dell'opera seria, verso cui la generazione seguente assunse un atteggiamento critico. Si puo dire che la storia dell'opera sia quella del cambiamento dell'equilibrio fra musica e parole. Un determinato equilibrio in un'epoca puo apparire sorpassato agli occhi della generazione seguente. Da questo punto di vista, entrambe le riforme, cioe la riforma metastasiana e quella successiva a Metastasio, possono essere meglio intese. In altri termini, una parte della critica verso le opere metastasiane puo essere stata dovuta alla differenza di equilibrio nelle due epoche. Ora il Settecento el'Ottocento sono entrambi ricordi gia lontani. Soltanto adesso possiamo rivedere le opere di Metastasio e capire la ragione della grandissima popolarita di cui godette nel suo tempo, tenendo conto dell'ambiente culturale e sociale del tempo quando la gente si godeva le opere come puro divertimento (parlando e mangiando e divertendosi se non ascoltando le arie dei cantanti popolari). In questo studio ho cercato di analizzare l'effetto drammatico delle arie nelle opere metastasiane, essendo queste il punto essenziale della sua riforma e anche l'oggetto della critica del tempo seguente. L'opera qui scelta e Adriano in Siria (Adriano in breve), messa in scena per la prima volta a Vienna nel 1732 nella sua eta d'oro. Secondo il suo schema, e normale che nei recitativi l'azione proceda e nelle arie conclusive (cioe l'effusione lirica alla fine di una scena) si fermi, e che dopo avere cantato le arie i cantanti escano di scena. Seguendo il costume del suo tempo, l'aria e "da capo aria", e si compone di due strofe, la prima delle quali e ripetuta dopo la seconda. Adesso vediamo come si realizza lo schema in Adriano. Per prima cosa, quasi tutte le arie sono composte di due strofe, adatte alla struttura di"da capo aria". Inoltre, dopo quasi tutte le arie, i cantanti escono di scena. Quindi il pubblico aspetta naturalmente l'uscita del cantante dopo ogni aria. La sola eccezione e l'aria di Aquilio (3-2), dopo la quale Aquilio nell'allontanarsi incontra Adriano, la cui comparsa deve essere inaspettata non solo per Aquilio ma anche per il pubblico. In terzo luogo, la maggior parte delle arie appartiene al tipo che non fa procedere l'azione. Nelle arie tipiche come queste, spesso con metafore, gli affetti dei personaggi fanno presa direttamente sul pubblico. Tale alternanza dei recitativi delle arie crea un ritmo di tensione e rilassamento. Certamente questo ritmo, diverso da quello dei drammi moderni, e difficile per noi capirlo. Ma una volta accettatolo, potremo goderne cosi com'e. Bisogna riconoscere qualche merito in questo tipo di aria, presentata con metafore o espressioni comuni. Alcune arie sparse in atti diversi possono dare rilevanza al tema o all'opera (p. es. le arie di 2-12, 3-6, 3-7). Inoltre, le arie potrebbero dare ai poeti la misura di comunicazione diretta dal palcoscenico alla sala. Oltre a cio, Metastasio tenta talvolta di lisciare l'alternanza fra i recitativi e le arie inserendovi parole comuni. Parliamo ora delle arie non tipiche, quelle che non fermano l'andamento del dramma. In Adriano, quasi un quarto di tutte le arie appartengono a questo gruppo.</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>
著者
清瀬 卓
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.31, pp.116-127, 1982-03-20
著者
村松 真理子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.42, pp.125-150, 1992-10-20

Poco dopo la maturita liceale, il giovane D'Annunzio si trasferi a Roma gettandosi subito nella vita mondana della capitale frequentando teatri e salotti privati mentre cominciava a scrivere poesie e a pubblicare su diversi settimanali e quotidiani articoli vari con noitizie sull' alta societa romana e recensioni sugli avvenimenti culturali, fra questi ultimi la moda delle giapponeserie. Fu cosi che nel giugno 1884 usci sul <<Capitan Fracassa>> un racconto intitolato Mandarina, la cui protagonista, un′ aristocratica vedova di Roma, soprannominata 'Mandarina' perche ha "questa curiosa affettazione di giapponesismo nelle vesti, nelle pose, perfino nella voce", ha un amico giapponese, un certo cavaliere Sakumi, di cui Madarina e quasi innamorata benche sia un uomo molto strano. Uno studio in tema di Maria Mimita Lamberti ha dimostrato come si possa sostenere che D'Annunzio avesse tratto diverse descrizioni degli arredi e della sfumatura dei colori da La maison d' un artiste di Edmond Goncourt. Dal confronto fra i due testi emergono in Mandarina tanti motivi e espressioni prese dal libro di Goncourt, spesso tradotte quasi letteralmente. Uno per tutti : la semplice trama del racconto, piu che ispirata ad un episodio raccontato nella Maison di Goncourt dove parlando del concetto dell' amore in Giappone vengono citate le critiche fatte da un giovane giapponese alle espressioni amorose francesi troppo dirette e libere, in D'Annunzio si capovolge creando una sorta di parodia di Goncourt stesso. Probabilmente all' inizio di maggio, D' Annunzio lesse un libro francese intitolato Poemes de la libellule ; una raccolta di poesie giapponesi tradotte da un giapponese, Saiongi, e riordinate secondo la metrica giapponese con l' aggiunta della rima da Judith Gautier. Compose allora una poesia giapponizzante Outa occidentale, raccolta dopo ne La Chimera, e scrisse una recensione intitolata Letteratura giapponese. Altra testimonianza delle giapponeserie in D' Annunzio e il suo primo romanzo Il Piacerc, del 1889, con la sua ambientazione negli anni 1885-1887, le giapponeserie nell' arredamento, il personaggio strano di Mandarima e il giapponese Sakumi, che, curiosamente, ritorna in questo libro con il suo "linguaggio barbarico" e con la sua fisionomia che sembra uscita dal pennello del grande pittore 'umorista' O-Kou-Sai(Hokusai). Acme di questa testimonianza e la sensazione che D' Annunzio attribuisca una certa qual valenza di richiamo erotico all' arredo giapponizzante come sfondo delle scene che alludono allo stato d' animo dei protagonisti. Elementi corroboranti sono pure altri due motivi orientaleggianti : uno e il paragone fiore-neve (forte e il richiamo a Victor Hugo e al Goncourt della Maison, ma forse anche alla poesia di Tomonori) ; l' altro e una specie di topos : il cielo bello come in Estremo Oriente, quello, per intenderci, che vedono Andrea e Maria all' ora del tramonto e "tutto roseo come un cielo dell' Estremo Oriente" o che si trova gia nel Taccuino del 1882 nella descrizione di un tramonto a Pescara, o ancora in alcuni articoli giornalistici e perfino nel romanzo Il Fuoco del 1898. A differenza del fenomeno dello 'japonisme' francese, molto significativo in campo artistico soprattutto dopo l' Esposizione Internazionale di Parigi del 1862, il Giappone per D' Annunzio rimane sempre limitato alla sfera della moda e del decoro. Pur possedendo i disegni e gli arredi giapponesi, come testimonia una prosa del 1936, il Giappone per D' Annunzio giovane era sempre anzitutto il Giappone di Goncourt e quest' esotismo, dalla durata piuttosto breve, come ogni fenomeno di moda non aveva in se motivazione sufficiente per giustificare un approfondimento nella formazione culturale del poeta. Nonostante cio, rappresentano curiosi documenti delle opere del poeta in un determinato periodo, utili, diciamo, per evidenziare il legame esistente tra i diversi generi letterari che trattava D' Annunzio. Cronaca e favole per i giornali da una parte, poesia e romanzo dall' altra, sono quindi fra di loro legati anche dai motivi giapponizzanti, 'ricucinati' dall' autore a seconda delle necessita richieste dai diversi generi.
著者
林 羊歯代
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.59, pp.97-117, 2009-10-17

Questo lavoro esamina l'influenza delle illustrazioni presenti nel testo De Divina Proportione di Luca Pacioli sulle tarsie lignee di Fra Giovanni da Verona. Il volume matematico, che venue pubblicato nel 1509 a Venezia dallo stampatore Paganino de' Paganini, contiene 59 illustrazioni in xilografico di poliedri per le quali Leonardo da Vinci forni i propri disegni originali cromatici. Fra Giovanni da Verona, un monaco benedettino olivetano (Verona, 1456/57-1525), e considerato uno degli intarsiatori piu straordinari del periodo rinascimentale. Fra Giovanni esegui le tarsie di cori e sagrestie destinati a conventi olivetani in tutta Italia. Le sue opere piu importanti possono oggi essere ammirate nel coro dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore a Buonconvento (Siena), nel coro e nella sagrestia di Santa Maria in Organo di Verona e nel coro moderno nella Cattedrale di Lodi. Le tarsie rappresentano vari motivi legati a temi della natura morta, come ad esempio libri, frutta, arredi liturgici, ma anche animali e paesaggi. Fra questi, particolarmente significativi sono 11 poliedri di 8 tipi diversi, fra cui il cubottaedro (cuboctahedron), l'icosaedro (icosahedron) e l'icosaedro troncato, i poliedri a settantadue facce ed altri, in cui l'effetto chiaroscurale e la prospettiva conferiscono alle tarsie un'apparenza tridimensionale. In questi poliedri si puo cogliere una quasi perfetta corrispondenza con alcune delle figure inventate da Leonardo per le illustrazioni del De Divina Proportione. Ricerche precedenti hanno evidenziato i collegamenti esistenti fra tali disegni e le tarsie di Fra Giovanni, tuttavia, si ritiene che tali rapporti manchino ancora di una spiegazione dettagliata e di una discussione approfondita dell'influenza dei primi sulle seconde. In questo lavoro si intende dimostrare, in primo luogo, come i disegni leonardeschi del De Divina Proportione fossero nuovi e originali all'interno della storia della rappresentazione dei poliedri. In secondo luogo, si intende chiarire la posizione di Fra Giovanni nella sua rapida risposta all'originalita dei disegni e nell'intuizione da lui mostrata nei confronti della forma in quanto intarsiatore. L'innovazione apportata da Leonardo consiste nell'espressione delle forme tridimensionali in una versione "vacua" (cioe con i soli spigoli), che permette all'osservatore una comprensione realistica della struttura dei poliedri, la cui composizione fino a quel momento rimaneva difficile da afferrare. La bellezza della forma, il mistero e il senso di realismo trasmessi dalle strutture tridimensionali nella versione "vacua" sono stati percepiti intuitivamente da Fra Giovanni come cheo potenziale utile a mettere in evidenza effetti visivi particolari per le tarsie di legno. I poliedri di Fra Giovanni vengono interpretati come formulazione di una visione metafisica del mondo e come dimostrazione della bellezza dell'espressione visiva della metafisica attraverso le teorie matematiche, che stabilivano una connessione fra il mondo dell'apparenza e la realta ad esso sottostante. Mentre le tarsie lignee coeve rappresentano l'influenza del simbolismo platonico (in quanto dimostrazione del collegamento fra i poliedri e gli elementi dell'universo), nelle tarsie di Fra Giovanni tale simbolismo non sembra manifestarsi. Una possibile interpretazione di questa mancanza puo essere formulata vedendo l'interesse dell'artista concentrarsi non tanto sul simbolismo platonico, quanto piuttosto sulla possibilita degli effetti visivi insita nei disegni di Leonardo. Verso la seconda meta del XVI secolo, l'espressione visiva dei poliedri stava dando vita a feconde discussioni negli impianti teorici sulla prospettiva nel contesto della costruzione geometrica e molte variazioni cominciavano a scaturire dalle illustrazioni della De Divina Proportione. Fra Giovanni rappresenta quindi una posizione piu avanzata nell'apprezzamento dei disegni leonardeschi dei poliedri in quanto elementi del suo interesse verso la forma.
著者
倉重 克明
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.59, pp.1-22, 2009-10-17

Una peccatrice (1866) e la prima opera verghiana del cosiddetto "ciclo mondano" ed e nel contempo un'opera di transizione, in cui coesistono caratteristiche narrative che si trovano gia nelle opere precedenti e nuovi orientamenti. In questo articolo si tenta di individuare il tentativo verghiano di sperimentare nuove forme narrative all'interno del racconto. Anzitutto, per ottenere i presupposti attraverso i quali analizzare questa opera, si prendono in esame le caratteristiche narrative delle opere precedenti, i cosidetti romanzi catanesi. In queste opere, il narratore e onnisciente, trascende il tempo e lo spazio del mondo narrato e spiega in dettaglio perfino eccessivo le scene, possiamo percio sostenere che, per il Verga catanese, gli elementi costitutivi dell'opera devono essere esposti al lettore nella loro completezza. Il narratore si immedesima in ogni personaggio e ne descrive l'intimita servendosi talvolta del discorso indiretto libero. Tale onniscienza arriva al punto di compromettere la stabilita della posizione del narratore stesso, finendo con il trascurare il contesto. Nel prologo di Una peccatrice, al narratore viene invece assegnato il ruolo di coordinatore dei fatti, stabilito come "io" narratore omodiegetico ed insieme extradiegetico, in quanto estraneo alla storia d'amore di Pietro e Narcisa. Pertanto il ruolo intermediario di Raimondo, che offre all'"io" il materiale dell'opera, risulta significante e influente sulle espressioni del narratore. Il "noi" del narratore nella storia stessa assume una qualita doppia, che implica l'instabilita della sua natura. In molti casi, inoltre, it "noi" appare nei cambiamenti di scena. In questo caso si notera che l'atteggiamento di Verga realizza la narrazione attraverso il discorso da parte del narratore onnisciente posto a livello metanarrativo, come nei romanzi catanesi. In Una peccatrice, it punto di vista del narratore e stabilito costantemente nel protagonista Pietro, ad esclusione del capitolo VIII che ha forma epistolare. La storia si svolge attraverso i suoi atti e le sue parole. Il fatto che il punto di vista del narratore sia stabilito in questo modo garantisce la coerenza dello svolgimento della storia. La descrizione minuta dell'interiorita e limitata, in generale, a quella di Pietro e condotta, in molti casi, in modo soggettivo. Il discorso indiretto libero si applica solo a Pietro e funziona come suo monologo. Viceversa, l'interiorita degli altri personaggi e descritta in modo relativamente obiettivo senza comportare l'immedesimazione del narratore in ciascuno di loro. La differenza fra queste due descrizioni lascia intravedere la limitazione dell'onniscienza e deve essere intesa come una svolta verghiana dal narratore onnisciente. A causa di tale limitazione, pero, Verga e costretto ad affidare la descrizione dell'intimita di Narcisa nel capitolo VIII alla forma epistolare. La prima lettera di questo capitolo e scritta da Pietro, che racconta in prima persona la parabola del proprio amore e non possiede efficacia perche fin qui tutta la storia e raccontata dal suo punto di vista. Si puo pensare quindi che Verga voglia rappresentare in questo capitolo le vicissitudini della vita intima di Narcisa. L'inserimento della forma epistolare deriva da due elementi, uno e l'inevitabile difficolta di descrivere in modo diretto e soggettivo l'interiorita degli altri personaggi se il punto di vista del narratore risiede nel personaggio di Pietro, e l'altro e l'attaccamento di Verga all'onniscienza del narratore che tende a descrivere tutti gli elementi della storia. Fin dall'esordio, Verga e consapevole della necessita di una descrizione psicologica che porti ad immedesimarsi nella vita intima dei personaggi. In Una peccatrice, il cui epilogo e il suicidio di Narcisa, per Verga si mostra indispensabile la descrizione dell'intimita di lei in modo diretto, ma questa e impossibile realizzare da parte del narratore nelle parti descrittive del testo. Di conseguenza la narrazione da parte del narratore viene interrotta attraverso l'inserimento del capitolo epistolare. Verga affronta cosi il limite della narrazione in terza persona. La prolessi della fine del romanzo nel prologo significa che per Verga non e piu importante solo l'andamento della storia, ma anche la forma narrativa. L'importanza di quest'opera consiste nell'intento di Verga di controllare la narrazione per mezzo del narrators, affrontando tuttavia la difficolta di una descrizione minuta dell'interiorita di piu personaggi in terza persona. Proprio per questo, nelle opere successive del ciclo mondano, Verga sperimentera varie forme narrative, dalla narrazione in prima persona a quella obiettiva in terza persona, che poi condurra a quella impersonale nel suo periodo maturo. Una peccatrice deve quindi essere considerata come la prima opera in cui Verga si dibatte consapevolmente nei problemi della tecnica narrativa e come punto di partenza per la sua successiva ricerca di nuove forme narrative.
著者
猪浦 道夫
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.39, pp.177-196, 1989-10-20

La lingua italiana, come le lingue romancia e portoghese, possiede la "combinazione verbo-avverbio", la maggioranza della quale e nata sotto l'influenza delle lingue germaniche. Questa combinazione dovrebbe essere riferita in una certa maniera nella grammatica della lingua italiana moderna, giacche le combinazioni verbo-avverbio nella lingua italiana non sono trascurabili, anche se sono poche paragonate, per esempio, con quelle in inglese. Vediamo subito che questo tipo di vocabolario a indiscutibilmente colloquiale nel iivello di linguaggio, come in inglese. La linea di demarcazione fra la "combinazione verbo-avverbio" e il verbo semplice con un avverbio di luogo non e sempre chiara, e vi troviamo diversi gradi di maturita come una sola parola. Mi sembra che un ulteriore studio sia necessario per poter dare una definizione razionale per l'elemento di vocabolo che si puo chiamare la "locuzione verbale".
著者
秋山 余思
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.36, pp.169-195, 1986-10-30

Secondo i nuovi dizionari e manuali della lingua italiana la classficazione dei verbi riflessivi e un po' diversa da quella di un tempo. Si chiamavano pronominali quei verbi riflessivi, come "accorgersi", che hanno solo la forma riflessiva e non si possono quindi adoperare senza le particelle riflessive le quali costituiscono un tutto unico con il verbo. Ma recentemente si includono nella categoria dei verbi pronominali (o verbi intransitivi pronominali) anche i verbi transitivi che cogniugati con le partricelle pronominali pleonastiche, assumono valore intran-sitivo. Tuttavia si trovano alcuni verbi di questo tipo che non si possono distin-guere facilmente dal verbo riflessivo proprio. L'autore cerca, nel presente saggio, di chiarire quale sia il criterio per clas-sificare i verbi riflessivi, e poi per interpretare la funzione grammaticale di questi verbi investiga le loro origini e la loro formazione diacronica osservando le espressioni latine che corrispondono ai verbi riflessivi italiani. Nel latino classico esisteva la forma riflessiva propria (verbo transitivo piu 'se'), ma la funzione corrispondente a quella del verbo intransitivo pronominale italiano veniva assunta, nella maggior parte dei casi, dalla forma passiva ; e piu tardi comincio a prevalere la forma pronominale per I'analogia con la forma riflessiva propria. Infine l'autore prende in considerazione alcuni verbi intransitivi pronominali la cui forma senza particella riflessiva, cioe forma non-riflessiva, si adopera sia come intransitivo sia come transitivo. La forma non-riflessiva intransitiva ha lo stesso significato della forma riflessiva e prende l'ausillare essere nei tempi composti. Per analizzare il rapporto tra queste due forme si deve esaminare il sistema dei tempi dei verbi riflessivi e della forma passiva dell'italiano antico.
著者
フォンガロ エンリーコ
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.59, pp.53-70, 2009-10-17

本稿は三部から成る。第一部は、Introduzione bio-bibliograficaとし、カルロ・ミケルシュテッターの生涯と著作について、短くとも出来る限り情報量を損なわないように略述することを試みた。まず生まれ育った環境-ユダヤ系家庭、ゴリツィアの典型的な中央ヨーロッパ文化社会、ドイツ系の学校教育そして、特に後世のミケルシュテッターに非常に大きな役割を果たしたゴリツィアでの友人関係についてまとめた。次に、彼が大学時代を過ごし、著作を著し、自ら命を絶つまでの短い生涯の最後の期間を過ごしたフィレンツェでの生活について記した。最後に、死後の彼の思想の受容について、パピーニの新聞記事とジェンティーレの批判をはじめ、カピティーニのPersuasioneの解釈、カッチャーリ、マグリスなどの著作の影響で、80年代から現在まで続くミケルシュテッターの思想の再発見と再評価の概要について述べた。第二部は、Il mondo della Rettorica,la morte e la Persuasioneとし、ミケルシュテッターの思想の最も重要な概念を概説した。つまり、ショーペンハウアーとレオパルディから受けた影響がはっきりと読み取れるRettoricaの概念、そしてそれよりも難解なPersuasioneの概念である。Rettoricaの概念を用いて、ミケルシュテッターは、ブルジョワ社会とその世界観の徹底的な批判をするのみならず、「意志の形而上学」がもたらした近代ヨーロッパ文化のニヒリズムの衰退を明らかにした。さらに、ミケルシュテッターは、Persuasioneの概念を用いて、Rettoricaの世界観とは違う存在のあり方の可能性を思索したが、このPersuasioneの解釈をめぐっては現在も議論が続いている。第三部は、Tempo rettorico,tempo persuaso,tempo risvegliatoとし、ミケルシュテッターのPersuasioneの意味の問題を文化間的視点から考察した。Persuasioneの解釈の中では、カッチャーリによるルカーチの日記のイタリア語版に付した論文の中で行なったものがよく知られているが、カリオラート・フォンガロによる著書「カルロ・ミケルシュテッター:パルメニデスとヘラクレイトス.エンペドクレス(Carlo Michelstaedter:Parmenide ed Eraclito.Empedocle)」の中に収められている共著論文Figure dell'infigurabileにおいては、Persuasioneをルカーチ的なプラトニズムから脱却させ、Persuasioneの創造性と有限性という観点から説明がなされた。本稿では、カリオラート・フォンガロによるPersuasioneの解釈をさらに、非ヨーロッパ的な視点から分析し、新しい解釈を試みた。それに際して、友人のムロイレ(Enrico Mreule)がミケルシュテッターの死後、新聞記事においてミケルシュテッターを「ヨーロッパの釈尊」と評したことを手がかりとした。ミケルシュテッターのRettoricaとPersuasioneの背景にある時間性の分析を行なったうえで、ミケルシュテッターの「有の完全無欠」としてのPersuasioneの瞬間を、東洋的な無の概念と密接に結びついた西田幾多郎の瞬間と比較した。無の自己限定として現在と瞬間をとらえる西田の思考を参照することにより、ミケルシュテッターのPersuasioneは、西洋的な有、つまり、ギリシャのパルメニデス的な「現前性としての有」の概念から派生するという結論が導き出された。このように、ミケルシュテッターのPersuasioneの概念は西洋的形而上学の極限にあるものであるが、同時にそれを越え、形而上学からの出口を示しているものと思われる。ここに示されたように、ヨーロッパの思想の他の文化、特に仏教的文化との出会いは、実りある文化間的対話・思想の「場所」を示すものである。
著者
池田 廉
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.3, pp.28-47, 1954-12-30

All'infuori della sua personalita piena di contradizioni e che appartiene ad un periodo di transizione, abbiamo pochi elementi sicuri per investigare il pensiero del Petrarca. L'autore mette in rilievo, che siccome era cosa facile, passare dalla poesia volgare gia impregnata di elementi di razionalismo e di edonismo, al paganesimo, il Petrarca per opporsi a questa tendenza, unendo insieme, il moralismo latino e le sue idee cattoliche si adopero attivamente a formare il suo pensiero. Benche sentisse una profonda attrazione verso le cose umane, conservo sempre in se stesso un ideale religioso sicuro.