著者
荒谷 次郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.16, pp.23-33, 1968-01-20

Byron scrisse tragedie alfieriane durante il suo soggiorno in Italia, fra l'imperversare della tirannia del governo austriaco e la rivolta disperata dei repubblicani ardentemente bellicosi. L'ambiente non poteva essere piu prospizio per scegliere la via delle tragedie politiche perseguendo l'ideale italiano contemporaneo. Cosi apparsero il<<Marino Faliero>>(1820)che apparentemente rassomiglia la<<Congiura de' Pazzi>>dell' Alfieri, e i<<Due Foscari>>(1821)in cui si trova l'imitazione generale dall' Alfieri e particolare dalla<<Congiura>>e dal<<Filippo>>. E infine, <<la vecchia maniera>>dell' Alfieri-cosi come diceva Byron stesso-si riprovo col<<Sardanapalo>>(1821), pur essendo lontano dalle esigenze della scena, libero e spontaneo e che, se come tragedia non regge, e il migliore scritto drammatico di Byron. Soltanto in quest'ultimo dramma non si vede l'imitazione dei difetti dell' Alfieri. Quindi si puo dire che la sua imitazione delle opere alfieriane fu un vero fallimento e non gli era giovata nulla. Qui si tratta, prima, il carattere generale del metodo teatrale dell'Alfieri e poi i motivi byroniani di seguirlo, e nello stesso tempo si spiega anche la risonanza dei classici e dei romantici in quel periodo ; ed infine, si rilievano i meriti e difetti comuni dei due autori dal punto di vista artistico e politico.
著者
近藤 恒一
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.24, pp.1-14, 1976-10-01

Gli studi classici del Petrarca nei primi anni del suo periodo avignonese dovrebbero aver avuto un'importanza non trascurabile per la formazione del suo umanesimo e quindi dell'umanesimo rinascimentale in generale. Da tale punto di vista e sulla base delle piu recenti acquisizioni critiche portate specialmente da Gius. Billanovich, l'A.intende chiarire il significato storico di quegli studi classici, prendendo in considerazione soprattutto gli studi su T.Livio che possono venir documentati da un manoscritto(B.M., Harleian Ms.2493)formato e annotato dal Petrarca poco piu che ventenne, e insistendo sui seguenti punti : 1)Il giovane Petrarca si dedica agli atudi classici nutrendosi da un lato della tradizione retorica italiana e del preumanesimo che era appena nato dal seno di questa, e ereditando dall'altro il patrimonio lasciato dagli studi classici del Medioevo francese. 2)Per il suo 'classicismo' e il nuovo metodo filologico, il giovane Petrarca differisce gia chiaramente dai dotti contemporanei, compresi i suoi collaboratori anziani che seguono ancora il metodo tradizionale. 3)Sugli studi classici del Petrarca agisce dal profondo un nuovo motivo : viva aspirazione all'ideale comunione degli uomini, per cui egli si sforza di far 'riascere' i grandi antichi per poter familiarmente vivere con loro in una intima conversazione. Di qui appunto la sua esigenza filologica.
著者
藤沢 道郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.22, pp.15-30, 1974-03-20

Qui si tratta della lettera del 9 marzo 1498 a Ricciardo Becchi. E una delle piu famose lettere nell'epistolario machiavelliano, sempre considerato come un episodio formativo del suo pensiero e carattere spesso citata per mettere in rilievo il contrasto ideale tra Machiavelli e Savonarola. All' A.pare che sia anche un documento molto importante, e sulla vita privata del giovane Machiavelli e sulle vicende polititiche fiorentine dal 25 febbraio al 4 marzo 1498, e che in esso si trovino alcuni tratti interessanti l'analisi dei quali potrebbe mettere in luce una parte delle tenebra della sua gioventu. Esaminati quei tratti e analizzata la situazione politica del tempo, l'A.fa presente una ipotesi che la lettera sia stata scritta per dar informazione all' ambasciatore fiorentino a Roma, non piagnone ma papista, sulle azioni e intenzioni del' Savonarola delle quali nessun'altro avrebbe potuto sapere all' infuori di un frate, sia sincero che mascherato.
著者
北川 忠紀
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.44, pp.205-212, 1994-10-20

Nelle Leggende del castello nero, il sogno e inteso come memoria della vita anteriore, rivela i fatti delle esistenze trascorse e preanunzia il futuro. L'A., in primo luogo, tenta di esaminare come si sia formata questa nozione di sogno e di memoria in Tarchetti, secondo le indicazioni di Gaetano Mariani che afferma:<<Le sollecitazioni piu massicce provengono, ovviamente, dai soliti autori, cioe, da Hoffmann, poe e Nerval>>. In secondo luoto, pensando a quali funzioni abbia il sogno nel racconto tarchettiano, L'A. fa notare che il sogno funziona come un congegno che fa svolgere il racconto liberamente superando le barriere del tempo e dello spazio, o come un palcoscenico dove si rappresentano dei drammi del dramma, o come un luogo d'incontro della vita attuale e di quella anteriore. In terzo luogo, chiedendosi perche il sogno tarchettiano riesca a assumere queste funzioni, L'A. ne trova la risposta nel fatto che Tarchetti ha introdotto il fenomeno dello sdoppiamento della personalita nell'interpretazione del sogno. Infine, L'A. suggerisce che questo racconto si legga anche come un"racconto-doppio", un racconto-doppio singolare in cui l'eroe e il suo doppio s'incontrano solo nel sogno, perche il fatto che l'io abbia attraversato undici vite vuol dire che l'io ha undici doppi nell'eterna continuita del tempo.
著者
高田 和文
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.25, pp.105-121, 1977-03-20
被引用文献数
1

La riforma teatrale attuata da Pirandello soprattutto con il suo capolavoro "Sei personaggi in cerca d'autore" e strettamente e organicamente legata alla sua concezione del mondo ed e quindi imprescindibile dalla tensione meditativa che si era andata formando nel drammaturgo negli anni precedenti. Si e discusso finora molto della filosofia pirandelliana, del cosiddetto "pirandellismo". Ma l'elemento riflessivo nella sua arte e stato da un lato accettato in modo negativo come "cerebralismo" che impedisce, come insisteva nel dire Croce, la nascita o lo svolgimento della pura poesia, e dall'altro lato e stato schematizzato astrattamente come antinomia tra la vita e la forma, teoria che si deve al critico Tilgher. Questo articolo si propone di esaminare due punti : individuare il concetto base del teatro pirandelliano attraverso la ricostruzione della sua Weltanschauung ricorrendo fra l'altro al suo saggio principale "L'umorismo" ; affermare che la riflessione pirandelliana e da considerare sempre nell'ambito della letteratura, cioe come un intervento critico nella creazione artistica. Il nucleo del concetto esistenziale ne "L'umorismo" si costituisce nella consapevolezza dell'illusorieta della realta apparente e nella disgregazione tragica dell'io ottocentesco-razionalistico. E qui e gia implicito il rapporto dialettico tra la realta e la finzione, la verita umana e la maschera esteriore, rapporto che approda o anzi trova lo sbocco naturale nella rappresentazione teatrale la cui essenza consiste nella dialettica palcoscenico-vita, personaggiopersona. Lo sdoppiamento umoristico rifiuta l'immedesimazione-illusione su cui si basava la drammaturgia naturalistica, vale a dire, costringe il pubblico a verificare la funzione illusoria del teatro invece di invitarlo a partecipare emotivamente alla rappresentazione scenica, e l'attore a vedere se stesso e quindi a distinguere se stesso dal personaggio nell'atto della recitazione. Quello che sta alla base del teatro pirandelliano e "la finzione consapevole" che, anticipando il teatro epico di Brecht e il teatro assurdo di Beckett e Ionesco, da l'avvio alla rivoluzione del teatro contemporaneo. Dunque, la rivoluzione pirandelliana e da attribuire piu sostanzialmente alla propria visione del mondo e degli uomini piuttosto che alla nuova tecnica espressiva scenica. Tuttavia si deve sempre tener presente che la sua riflessione non e motivata dall'esigenza filosofica e ideologica, bensi dalla sua sofferenza esistenziale della vita. Egli rappresento la crisi e il fallimento del razionalismo europeo nelle figure concrete dei personaggi invece di risolverli sul piano metafisico e teoretico. La smania ragionativa che scaturisce da quasi tutti i personaggi pirandelliani deriva dalla sofferenza del vivere, e ragionare e per cosi dire la passionecondanna dell'esistenza umana. Il conflitto inconsolabile in cui sono imprigionati i personaggi non si presenta in astratto, come un problema da risolvere sul piano filosofico, ma e "la stessa tragica alternativa di Hamlet". Si potrebbe dire che la tragedia pirandelliana nasce appunto dal suo rifiuto di ogni soluzione filosofica, e il motivo fondamentale della problematica pirandelliana dovrebbe essere rintracciato nello scetticismo e nel pessimismo -i germi dei quali si possono scorgere gia nei frammenti di poesie scritte dal Pirandello quindicenne-che perdurano in tutta la sua attivita letteraria e teatrale.
著者
加藤 守通
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.42, pp.56-79, 1992-10-20

Questa ricerca vuole investigare la teoria della cultura (eruditio) di Leonardo Bruni, uno dei famosi rappresentanti dell' "umanesimo civile" del Quattrocento e nello stesso tempo mostrare il suo sfondo storico tramite la comparazione con la teoria ciceroniana della cultura espressa nel dialogo De oratore. Nel libro di Bruni, De studiis et litteris, possiamo notare due caratteristiche della teoria della cultura : 1. l'insistenza che la cultura debba unire peritia litterarum (perizia letteraria) con scientia rerum (conoscenza delle cose)e 2. l' enfasi della vita civile. Nella prima parte della ricerca vengono chiarite nei dettagli queste due caratteristiche. Per questo scopo vengono usati anche i testi dagli altri scritti, come Lettere, scritti etici, Vita di Dante, e, last but not least, Cicero novus. Nella seconda parte viene esaminata la teoria ciceroniana della cultura in De oratore, la quale mostra grande somiglianza con quella di Bruni e percio implicitamente "l' influenza" di Cicerone su Bruni. Alla fine della ricerca si trova una critica alla tesi di Kristeller e Seigel che interpretano Bruni e gli altri umanisti come "professional rhetorician". Questa definizione e troppo limitata per l' umanista che voleva essere orator, cioe colui che unisce l' eloquenza con la conoscenza delle cose. La nostra ricerca consiste nelle seguenti parti : Prefazione I. La teoria della cultura di Bruni A. L' unione della peritia litterarum con la scientia rerum B. Peritia litterarum C. Scientia rerum D. L' enfasi della vita civile II. Lo sfondo ciceroniano della teoria della cultura di Bruni A. L' unione dell' eloquenza con la scientia rerum B. L' enfasi della vita civile Conclusione
著者
伊藤 博明
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.41, pp.256-263, 1991-10-20

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著者
岩倉 具忠
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.27, pp.24-47, 1979-03-03

Prima di esaminare le caratteristiche proprie della lingua e dello stile dei poeti siciliani, l'A. cerca di mettere in evidenza un aspetto rilevante, comune alla poesia lirica dell'Europa medievale, e ravvisabile in fondo anche nelle opere della Scuola poerica siciliana. Chi prenda a caso alcuni versi di un poeta medievale e cerchi di metterli a confronto con quelli di un altro notera subito che quasi tutti i poeti cantavano su temi gia frequentemente ripetuti e anche dal punto di vista linguistico seguivano una maniera molto simile. Il motivo di tale tendenza verso l'omogeneita e l'impersonalita sarebbe dovuto al fatto che poeti medievali attingevano alla stessa fonte di patrimonio poetico tradizionale e cercavano di ricalcarne fedelmente la forma e la lingua ed inoltre tendevano ad essere molto suscettibili all'influsso delle letterature straniere. Innumerevoli limiti e regole, di generazione in generazione cosi accumulatesi nella poetica del tempo, fecero si che i poeti finissero con l'elaborare una tecnica eccessivamente manieristica. Nel procedere all'analisi di opere di questo genere dobbiamo sempre stare attenti a non trascurare il minimo segno che ci consenta di identificare la loro originalita difficilmente riconoscibile, spesso celata sotto un aspetto apparentemente omogeneo. Dopo aver delineato sommariamente il contesto culturale della Magna Curia sveviana in cui si e formata la Suola, l'A. prende in esame alcune canzoni di Giacomo da Lentini e di Guido delle Colonne. Attraverso analisi linguistiche l'A. viene ad identificare una struttura piu complessa e un linguaggio piu elaborato che le canzoni di Guido ci rivelano in confronto a quelle di Giacomo, che sono invece foneticamente piu ricche e piene di immagini vive, ma ci dimostrano chiararamente una fisionomia piu arcaica. L'A. vede uno svilippo storico linguistico avvenuto tra questi due poeti insigni della Scuola. Come indice di questo sviluppo l'A. osserva tra gli altri elementi la distribuzione delle parti del discorso e l'uso della perifrasi. In genere si puo netare facilmente che opere piuttosto arcaiche dimostrano una predominanza verbale e una poverta sostantivale. Ma in un'epoca piu tarda invece tale tendenza cede sempre di piu a quella della predominanza sostantivale ed aggettivale e l'uso piu frequente della perifrasi viene accertato nelle opere piu tarde che hanno un tono piu elevato e un contenuto metafisico. In base a questo criterio l'A. tenta di riesaminare le canzoni sopraccennate. Mentre nelle canzoni di Giacomo si possono trovare molti esempi dell'uso verbale e soprattutto l'uso delle similitudini che richiedono una cosruzione verbale, respinto quasi totalmente dai poeti del Dolce Stilnovo, quelle di Guido ricorrono invece volentieri all'uso dei sostantivi e degli aggettivi e non ripudiano anche l'uso della perifrasi. L'A. conclude affermando che si dovrebbe supporre una seconda generazione della Scuola poetica siciliana a cui Guido delle Colonne dovrebbe appartenere e vede una fase di evoluzione linguistica e stilistica tra le due generazioni. Contemporaneamente l'A. cerca di sottoporre ad un esame critico il guidizio di Dante sui due poeti siciliani proposto nella sua De Vulgari Eloquentia. L'A. non e affatto restio ad affermare che la particolare predilezione di Dante per le canzoni di Guido sarebbe dovuta alla sua intenzione di guistificare la sua attivita poetica giovanile, come osserva acutamente Mario Marti, ma vede nello stesso tempo nel giudizio dantesco anche una verita storica obbiettivamente accertata.
著者
中川 さつき
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.48, pp.252-274, 1998-10-20

"La clemenza di Tito" di Mozart (k. 621) fu rappresentata per la prima volta nel 1791 per l'incoronazione dell'imperatore Leopoldo II a re di Boemia. Il compositore non musico l'opera basandosi sul famoso libretto di Metastasio, rappresentato nel 1734 con la musica di Caldara, ma su un testo ridotto da Caterino Mazzola. Pur elogiando la musica di Mozart, fino a qualche anno fa, la maggior parte degli studiosi mozartiani giudicava il libretto di Metastasio convenzionale e fuori moda. A nostro avviso, questo giudizio e troppo parziale e influenzato dall'evoluzionismo, e in questo saggio, esaminando i due libretti di "La clemenza di Tito", cercheremo di chiarire la diversa concezione dell'opera lirica in Metastasio e in Mozart-Mazzola. Mozart-Mazzola apportarono due modifiche: una di forma e una di contenuto. Dal punto di vista formale, al fine di conformarsi alla tendenza di quegli anni, trasformarono il dramma metastasiano di tre atti in un'opera in due atti; accorciando poi i recitativi e inserendo i concertati, ovvero i duetti, i terzetti e i finali, diedero maggiore spazio alla musica. Per quanto riguarda il contenuto, Mozart-Mazzola trasformarono Vitellia e Tito, i personaggi idealizzati di Metastasio, in persone realistiche e umane. Vitellia e una principessa orgogliosa che sfruttando la fedelta di Sesto, vuole uccidere l'imperatore per salire al trono; tuttavia alla fine, per salvare la vita di Sesto, confessa la propria colpa. Nel testo originale, Vitellia agisce sempre con coerenza e consapevolezza, e sacrifica la propria vita per Sesto. Con grande padronanza di se, affronta la morte e nell'ultima aria canta "Getta il nocchier talora". Nella versione mozartiana, invece, e una donna debole che nel famoso rondo "Non piu di fiori vaghe catene" si lamenta per non essere in grado di sposare l'imperatore Tito. Mozart-Mazzola ridussero anche lo spessore dell'immagine di Tito, togliendo la sua dichiarazione di celibato a vita. I protagonisti idealizzati che nell'opera di Metastasio si sacrificano volontariamente per il bene degli altri diventarono cosi persone normali. In conclusione, mentre Metastasio privilegio la poesia sulla musica e realizzo immagini idealizzate, Mozart-Mazzola diedero maggiore importanza alla musica e crearono dei personaggi realistici.
著者
秋山 余思
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.13, pp.80-85, 1965-01-20

L'autore intende ricercare i vocaboli particolari usati in rima nella "Divina Commedia". Alla fine della terzina si trovano ogni tanto le parole che non sono usate oppure usate molto raramente fuori rima. In questo saggio sono raccolte diverse forme delle desinenze verbali e si spiega quali siano le loro origini dialettali e in quale scrittore se ne trovano gli esempi. E anche si puntualizzano le forme che si possono ritenere creazione di Dante stesso per fare rima.
著者
目形 照
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.11, pp.58-62, 1962-12-30

Il Pittore spagnolo Valdes Leal, nato a Siviglia nel secolo diciassettesimo e un personaggio d' un interesse tutto particolare che e stato perfino chiamato il pittore della morte. Il profondo sentimento religioso e la bellezza pura che esprimomo i personaggi rappresentati nei suoi quadri, hanno risvegliato di nuovo l'interesse degli studiosi d'arte. L'autore di questo articolo studia l'iconografia e L'esprssione estetica del quadro del Valdes "l'estasi di S.Francesco" servendosi di una riproduzione che si trova nel libro del Trapier.
著者
阿部 史郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.27, pp.1-5, 1979-03-03

La linea di sviluppo della letteratura nieviana appare gia definita fin dagli "Studi sulla poesia popolare e civile massimamente in Italia", opera nella quale il Nievo pose le basi della propria attivita futura. Il Nievo sosteneva negli "Studi" la necessita della presenza dell'elemento "popolare" nella letteratura. De Luca, insigne studioso del Nievo, manifesta questa opinione a proposito del significato del termine "popolare" : "Mentre il Berchet, facendo poesia popolare ha di mira un "popolo" in senso ristretto, cioe gli individui della classe intermedia tra la nbilta dei cosmopoli "i parigiani" e la plebe dei "balordi calzati e scalzi" "gli ottentotti", invece il Nievo punta direttamente proprio sulle plebi rurali, sugli "ottentotti". Il Nievo fu senza dubbio un osservatore attento e appassionato della vita rurale delle regioni a lui familiari, il Veneto ecc., ed e facile cogliere nell'arte sua l'impronta di questa consuetudine della campagna da cui nasce nel Nievo un amore sincero per l'umile gente dei campi. D'altro canto, pero non mi sembra essere vero che il Nievo avesse sufficiente coscienza delle miserevoli condizioni in cui vivevano gli umili dei campi, come invece afferma il De Luca. Se descrivere la realta sociale delle campagne per il Nievo significa non soltanto soddisfare al richiamo della moda, ma perseguire la sua ideologia letteraria, i risultati che lo scrittore raggiunge non sono abbastanza soddisfacenti. Gia trovavamo negli "Studi" dei precisi limiti ideologici dovuti a insufficiente meditazione del problema che attestano l'immaturita di questo tentativo. Gli "Studi" risultano quindi un tentativo inadeguato : tuttavia in essi sono presenti numerosi spunti che troveranno il loro sviluppo nelle successive opere del Nievo, e innegabilmente il primo di questi e l'idea della necessita dell'elemento popolare nella letterratura. L'amore per l'umile gente dei campi si manifesta nelle novelle apparse in vari periodici fra il 1855 ed il 1859 e riunite poi nel "Novelliere campagnolo". Fra esse, in particolare "La nostra famiglia di campagna" e indicativa dell'orientamento delle novelle campagnole che seguono. Il Nievo comincia dichiarando la propria intenzione di descrivere "per ischizzi e profili quella parte piu pura dell'umana famiglia che vive nei campi ; e per vivere intendo io lavorare in essi di braccia…ammirateli ed amateli(i contadini)…Al qual effetto non e d'uopo scrivere librattolo come malamente ho fatto io, ma avvicinarli, conoscerli, istruirli…" e alla fine il Nievo suggerisce una proposta, sia economia che politica, mirante a migliorare la loro situazione. Pero questa proposta non viene sviluppata in modo univoco e rettilinio nelle novelle campagnuole. In esse confluiscono varie disposizioni ideologiche, stilistiche e politiche, e gli esiti letterari che esse producono, risultano immaturi. Il Nievo lascia incompleta un'opera intitolata "Pescatore d'anime", iniziata prima della sua partenza per la Sicilia da dove non doveva piu ritornare. "Pescatore d'anime e soltanto un abbozzo ma e indicativo dell'orientamento dell'ultimo Nievo in cui le contraddizioni vengono completamente superate. Il Nievo fa sostenere al protagonita di questo abbozzo, Lorenzo Foschiani, le rivendicazioni sociali e politiche dei contadini. In questo saggio intendo chiarire l'oscillazione degli orientamenti della letteratura nieviana fra "La nostra famiglia di campagna" e "Pescatore d'anime" esaminando le novelle campagnuole una dopo l'altra."
著者
脇 功
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.16, pp.34-41, 1968-01-20

Questo articolo e scritto, comparando la critica alfieriana del De Sanctis fatta nella sua "Storia della letteratura italiana"e quella del Croce nella sua"Poesia e non poesia". L'autore addita che l'Alfieri disegnato dal De Sanctis ha due elementi ; cioe l'elemento romantico e quello illuministico. Il vigoroso desiderio verso l'assoluta liberta individuale che il De Sanctis distingue nell'Alfieri e l'elemento tipicamente romantico. Ma il De Sanctic unisce questo desiderio verso la liberta individuale all'aspirazione della liberta politica, dando alle opere dell'Alfieri il significato troppo politico, e lo considera come guida del risorgimento italiano. Questa considerazione risulta a dare all'Alfieri un carattere illuministico. Insomma, ll ritratto alfieriano del De Sanctis e un po'amblguo e non e chiaro come egli definisce l'Alfieri, come romantico o come illuministico. Mentre il saggio del Croce si svolge interamente intonro al desiderio verso la liberta individuale, cioe intorno all'"individuallsmo"alfieriano, evitando di porre nelle tragedie dell'Alfieri troppo valore politico, e lo definisce come precursore del romanticismo italiano. Da questa differenza fra il ritratto alfieriano del De Sanctis e quello del Croce, deriva anche la differenza delle valutazioni estetiche delle opere alfieriane. Il De Sanctis, additando il difetto delle opere dell'Alfieri, dice che il sentimento della liberta individuale e piu vivo in Alfieri, ma non gli concede il godimento estetico, e le sue concezioni, i suoi sentimenti sono espressi troppo crudi e disarmonici. Mentre il Croce insiste di leggere le tragedie dell'Alfieri come si legge la lirica, e valuta il vigoroso sentimento individuale dell'Alfieri come essenza della sua arte. Per concludere, la differenza dei ritratti dell'Alfieri disegnati da questi due grandi critici e molto significativo per pensare non solo sull'Alfieri ma anche sulla letteratura romantica italiana della prima meta dell'ottocento.
著者
ペルショウ アンリ 目形 照
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.12, pp.47-56, 1964-01-20
著者
岸本 通夫
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.9, pp.72-75, 1961-01-30

In questo articolo per la rivista "Studi italici", ho cercato di classificare i latinismi che si trovano nella Divina Commedia. Mi sono servito come base, la Divina Commedia con il commento dello Scartazzini, ed ho scelto specialmente le seguenti 9 parole : viro, cernere, sermo, repleto, labore(labor, leboro), prandere, festinare(festino), felle, face, che lo Scartazzini, commenta dal punto di vista fildlogice. Perolo Scartazzini nel suo commento fa rimarcare come latinismo solo la parola viro. Io ho studiato tutte le nove parole e mi sembra che si possa concludere. In molti casi i latinismi sono alla fine del verso e nel caso il poeta potrebbe essere stato obbligato dalla rima, che la frequenza dei latinismi e piu grande nel Paradiso.
著者
土肥 秀行
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.50, pp.208-231, 2000-10-20

La prima raccolta poetica di Pasolini del '42, poesie a Casarsa, e significativa non solo eome evento bibliografico, ma anche per il fatto che con questa egli abbia esordito in veste di poeta dialettale. Pasolini stesso spiego il morivo della scelta del friulano riferendosi a un certo realismo e al rapporto viscerale con la madre. Ma il suo realismo, fortemente legato all'estetica bipolare fra il sacro e il selvaggio, non e quello ordinario che riguarda l'oggetto in se, la cultura popolaresca, la lingua compresa, visto che negli anni '50 applico la stessa retorica estetizzante all'amore verso i sottoproletari delle borgate romane. In merito al rapporto con la madre, va notato che la maternita non e assoluta in Pasolini, ma complementare alla paternita. Per questo la motivazione dell'uso del dialetto non si esaurisce solo con l'accostamento del dialetto friulano alla figura materna. Per di piu, essendo una insegnante colta, la madre non parlo in realta un idioma contadino come il friulano di Casarsa. Percio, a prescindere da questi due punti, soffermiamo l'attenzione sulla questione della lingua "non sua" (Pasolini nacque a Bologna, e visse prevalentemente al di fuori del Friuli), rendendoci conto che la scelta di un dialetto non "a priori" per scrivere poesia e un caso raro nella storia della letteratura. In questa tesi il motivo della scelta linguistica viene esaminato in base alla coscienza della lingua poetica. Da un saggio linguistico del '65 in cui il poeta racconto che lo spunto per scrivere la prima poesia in dialetto fu la parola "rosada", possiamo cogliere che la "scoperta" del friulano e decretata essenzialmente dal suo essere una lingua "mai scritta". La sonorita del dialetto rievoca a Pasolini l a"vecchia salute di volgare" e la "verginita" che la "coscienza letteraria" facilmente corrompe nal corso della tradizione intesa come percorso di degradazione. Percio Pasolini risale all'origine della lingua poetica per ottenere una lingua non ancora consunta, chiamata dal poeta una lingua "romanza". Dunque il dialetto friulano e una lingua "romanza", allo stesso tempo, se viene scritto, una lingua riservata alla poesia, esclusiva di Pasolini poeta, cioe il suo idioletto. A questo punto Pascoli, poeta della lingua morta e Ungaretti, poeta della lingua pura influiscono su Pasolini che aveva una idea concisa, potenzialmente confusa, sulla poesia novecentesca: "era addirittura possibile inventare un intero sistema lingiustico, una lingua privaga (secondo l'esempio di Mallarme), trovandola magari fisicamente gia pronta <…> nel dialetto" (1957). Pero Pasolini stesso possedeva la "coscienza poetica" e ne era consapevole, come si evince dalla dichiarazione nella nota finale della prima raccolta sulle "violenze" linguistiche, cioe l'uso del dialetto da egli modificato per "lenocinii arcaicizzanti o preziosismi linguistici". Una delle "violanze" e l'influsso dell'idioma del dizionario friulano-italiano, il Nuovo Pirona. Si nota che questa intrusione era intenzionale, confrontando le varie stesure: Pasolini conosceva ele alcune forme corrette del friulano di Casarsa e solo all'ultimo momento ha sostituito alcune di esse con l'idioma della koine friulana estrapolata dal vocabolario. Cost quando ha affrontato un dialetto "mai scritto" per scrivere, e ricorso alla variante standard letteraria. Per il poeta la letterarieta e spesso connotata dall'arcaicita delle parole: sceglieva appositamente le parole classicheggianti, tronvandole sempre nel vocabolario, che certamente non sarebbero mai state sulle bocche dei contadini. In altri casi per la versione italiana messa in calce sceglieva le parole non deducibili dal testo friulano. Questa scelta distacca le due versioni l'una dall'altra, e rende spesso quella italiana meno implicata e proporzionalmente quella friulana piu ermetica. La distanza fra le due versioni provoca l'indipendenza di entrambe, dovuta da un concetto particolare del poita sulla traduzione. Pasolini, spesso partendo dalla stesura italiana, compose le due versioni passando piu volte da una ligua all'altra cosi che non ha senso distinguere quale sia la versione originale o quale quella tradotta. Attraverso questo meccanismo di composizione si sono generate le parole "intraducibili", riportate nella nota finale. Di fatto queste parole sono dotate di una forte impronta pascoliana, quella fonosimbolia, e non sono destinate alla significazione contenutistica, ma piuttosto alla significazione sonora. L'importanza attribuita alla dimensione sonora condusse addirittura il poeta ad inventare alcuni termini come "tintinula" (trillare) e "svampidit" (che svanisce) che seguissero il vocabolo fonosimbolico tipicamente pascoliano e si accordassero con altre parole sia foneticamente sia metricamente. L'"intraducibilita" della poesia dialettale sulla quale Pasolini insistette sempre deriva anche dall'atribubo intrinseco delle parole "intraducibili" come "imbarlumide" (luminosa, dolcemente stralunata), "rampit" (spoglio)) e "tremul" (tremulo) che evocano immagini evanescenti o fievoli ossi adelle immagini che quasi negano le proprie presenze concrete. Descritto in questo modo il luogo deve le poesie sono situate, Casara, appare come "non-luogo". L' "intraducibilita" fu prevista dal poeta, dato che il dialetto avrebbe dovuto essere una lingua pura, assoluta. In conseguenza dell' "intraducibilita" nel '54 Pasolini ritenne che le versioni italiane "fanno parte insieme, e qualche volta parte integrante, del testo poetico", insomma hanno valore in se. Del resto quando indichicmo la lingua poetica di Poesie a Casarsa, dovremmo intendere una unica entita composta dalle due lingue utilizzate da Pasolini: l'una e un friulano artificiale e l'altra e l'italiano. Cosi Pasolini si situo nel punto neutro fra diverse lingue, appunto siu "confini" da cui il giovane poeta fu ossessionato.