- 著者
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日向 太郎
- 出版者
- イタリア学会
- 雑誌
- イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
- 巻号頁・発行日
- no.50, pp.90-115, 2000-10-20
Nell'Elegia di madonna Fiammetta di G. Boccaccio, La protagonista accusa quasi incessantemente la dea Fortuna di inimicizia, volubilita, cecita e sordita. Certamente il riferimento alla dea, un topos che risale alla letteratura antica, si trova anche nelle opere precedenti la Fiammetta, opere sia boccaccesche che di altri autori, ma l'accumulazione del riferimento non ci consente di affermare-senza considerare le caratteristiche della narrativa presente (nel senso che la protagonista coincide con l'io narrante)- che la Fortuna nella Fiammetta non si differenzia da quella del Filostrato o del Teseida. Scopo di questo studio e la caratterizzazione dell'uso del suddetto topos nella Fiammetta confrontandone le caratteristiche con quelle presenti in altra opere boccaccesche e in quelle di Apuleio, di Boezio, di Arrigo da Settimello ecc., in cui la dea svolge una funzione temaitca ugualmente importante. Gli studi generali del Doren e del Patch sulla Fortuna, benche fondamentali e validi ancor oggi, non sembrano sufficienti a chiarire il carattere ambiguo della dea, che deriva tale amtiguita specificamente dal punto di vista degli uomini. Alla vittima che ne ignora la natura la dea apare cieca (tipo A); non appare tale invece a chi la conosce e la supera (tipo B). Nella Metamorfosi di Apuleio, il protagonista racconta il proprio passato, come la Fiammmetta boccaccesca : egli - racconta - trasformato in asino, diviene vittima della Fortuna ; ma, essendo riuscito a riprendere la propria forma umana, dopo aver imparato la legge e la morale, Lucio si rescatta dal suo precedente status di vittima (tipo A) e mostra di esser giunto alla conoscenza della natura della dea ed al suo superamento (tipo B). Nell'opera d Apuleio, dunque, c'e una sorta di evoluzione nel protagonista dal tipo A al B. I due punti di vista A e B coesistono anche nella narrazione qui oggetto di discussione, ma in maniera diversa. Infatti, nel primo capitolo, la protagonista trascura il significato del sogno premonitore : l'esistenza stessa della maliziosa dea le resta ignota fino al fallito ritorno promesso dall'amante Panfilo. In questa fase, Fiammetta comincia ad accorgersi di essere vittima della dea. L'invettiva lanciata contro la Fortuna (V [25]), a seguito della notizia del matrimonio di Panfilo, mostra infatti che l'atteggiamento della protagonista e assimilabile al tipo A. Ella, infatti, pur accusandola di intervenire nel campo dell'amore, nutre pero la speranza che la dea possa diventarle tanto benevola da renderle l'amato. Diverso e, invece, l'atteggiamento della nutrice, che sembra corrispondere al tipo B, persuadendola a dimenticare Panfilo e a non cercare la morte. A questo scopo la nutrice richiama l'sttenzione di Fiammetta sul fatto di non essere l'unica vittima della dea, essendo quest'ultima instabile per sua propria natura. Ciononostante, Fiammetta continua a sperare che la Fortuna le conceda di rivedere l'amato e viene cosi ingannata dalla falsa notizia del suo ritorno nel settimo capitolo. Nel capitolo seguente, pero, al fine di convincersi di non essere l'unica a soffrire quale vittima della dea, confronta la sua situazione presente con quella di alcuni personaggi, sfortunati del mondo mitico e storico. Pur dando l'impressione di sedguire i consigli della nutrice, in realta non riesce ad andare oltre la visione vittimistica nei confronti della dea, dal momento che ribadisce diessere comunque fra tutti la piu sfortunata. Tornando al protagonista dell'opera di Apuleio, e possibile osservare che mentre Lucio riesce a liberarsi dal maleficio della dea e a riprendere la propria forma umana, Fiammetta, invece, continua a rimanerne vittima ; ma, come il primo, anch'essa, attraverso la sofferenza che la dea le procura, faesperienza di cose nuove : la protagonista e l'amante si scambiano cenni e parole destinati a permettere la comunicazione fra loro soli anche in presenza d'altri e questo le permette di imparare l'allegoria e di usare gli pseudonimi di Panfilo e Fiammetta. Nei capitoli terzo e quarto, l'attesa del ritorno di Panfilo avvicina Fiammetta alle figure femminili della mitologia descritte nelle Eroidi di Ovidio (poeta elegiac9\o); nel capitolo quinto l'invettiva contro la Fortuna la porta a esprimere ripugnanza per il lusso della vita urbana ea a prediligere la vita rustica e modesta dell'eta dell'oro. L'immagine del locus amoenus descritto dalla protagonista (V [30]) rievoca brani virgiliani e ovidiani; il lunghissimo catalogo degli afflitti dalla Fortuna del capitolo ottavo mostra affinita congli exempla di Ovidio e Properzio (entrambi poeti elegiace); la protagonista confronta la sua condizione attuale con quella dei personaggi mitologici. La narratrice ci mostra, dunque, un autoritratto della letterata che matura nel corso di eventi angosciosi. L'incontro con Panfilo le reca non solo un amore sfortunato, ma anche l'opportunita di ciltivare la letteratura ; il perfezionamento interiore raggiunto attraverso la conoscenza letteraria permette di susciare, in altri, compassione, unica consolazione per chi non riesce, comunque, a staccarsi da quel genere di amore mondano che rientra nei casi procurati dalla Fortuna. Si puo, dunque, concludere che in questa narrazione Boccaccio fa raccontare, minutamente, a Fiammetta la sua vicenda ed esperienza dei poteri della dea Fortuna con lo scopo di dimostrare il significato e l'opera di perfezionamento spirituale che la conoscenza letteraria puo procurare.