著者
清瀬 卓
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.45, pp.100-130, 1995-10-20

I quindici libri della Genealogia deorum gentilium di Giovanni Boccaccio sono un vero corpus mythologicum del Trecento che ebbe buona fortuna nei secoli successivi nella cultura europea.Malgrado il valore di primaria importanza che ha questo lavoro negli studia humanitatis nell'autunno del Medioevo, ci pare non sia ancora tanto studiato e riconosciuto quanto il Decameron capolavoro del Boccaccio narratore, da parte dei cultori sia della storia dell'Umanesimo che della letteratura italiana, eccetto l'insuperabile Hortis che svolse ricerche sulle fonti delle opere latine. Nel presente saggio, attraverso una lettura analitica del testo latino del libro XIV, abbiamo provato a mettere in chiaro l'idea boccaccesca della poesia, che verra considerata come un punto di riferimento per gli studi sulla teoria letteraria nel Rinascimento italiano. Mentre il libro XV tratta di un tipo dell'apologia del poeta stesso che, quindi, racconta in un modo autobiografico la sua passione verso la poesia, il libro anteriore costituisce non solo le invectiva contro tutti quanti hanno capito male la poesia, ma anche l'encomion poesis dove il Boccaccio poeta verifica l'origine e la caratteristica dell'ideale poesia antica e moderna, spiegando nello stesso tempo come tema principale l'esegesi della fabula, ad esempio, nella historia della Dido virgiliana. I discorsi delle invectiva sono fatti contro gli undici argomenti proposti dagli accusatori : sull'inutilita della poesia ; sulla favolosita dei poeti ; sulla loro mancanza di eleganza e di urbanita ; sull'oscurita della poesia ; sulle sue bugie ; sulla sua lascivia e la sua vanita ; sulla sua decadenza morale ; sulla scimmia-imitatrice del filosofo ; sul pericolo della lettura della poesia ; sul buttar via i poeti dalla citta ; sul rifiuto assoluto delle "eorum<scenicas meretriculas>". Secondo Boccaccio, tutte le accuse derivano dal fatto che la maggior parte degli accusatori non ebbero ne voglia di capire la favola della poesia antica ne seppero interpretarla in modo giusto per penetrare la verita nascosta sotto la figura poetica, che e uguale a quella filosofica.E naturale che l'ultimo scopo delle invectiva sia la valutazione dell'ars poetica come la vera scienza ovvero la vera facultas tra le altre discipline e percio il riconoscimento del ruolo istruttivo assegnato alla poesia per la formazione umanistica della gioventu.
著者
鈴木 徳郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.43, pp.104-127, 1993-10-20

Il sistema tradizionale e caratteristico del commercio marittimo di Venezia fu l'utilizzazione di due linee di navigazione : navigazione di galere da mercato, che fu organizzata e controllata dal governo, ed attivita di navi private. La seconda venne utilizzata per il trasporto degli articoli ordinari come grano, sale, legno e cotone, ecc. ; la prima, invece, si specializzo nel trasporto delle merci preziose quali pepe, seta ed altre sorte di spezie, perche coprissero l'elevato costo di navigazione. L'attivita delle galere si perfeziono, dividendosi in 7 linee alla meta del Quattrocento e funziono bene fino alla fine del secolo. Tuttavia, nel 1514 il Senato della Repubblica di Venezia emano una legge la quale, permettendo a tutte le navi veneziane di trasportare il pepe da Alessandria d'Egitto e Beirut a Venezia, segno irresistibilmente un mutamento del vecchio sistema commerciale marittimo della citta di Venezia. La legge, conosciuta tra gli storici che si occupano dell'attivita economica della Serenissima, e stata considerata men importante, di quanto fosse, perche l'attenzione degli storici era concentrata soprattutto sul rapporto fra gli effetti della circum-navigazione dei Portoghesi e la promulgazione della legge. La situazione in cui la legge fu emanata pero era assai complicata, per le guerre contro la lega di Combrai e contro i Turchi, e per i sistemi tributari della Serenissima. Infatti, una tassa imposta dai consoli veneti presso i porti importanti del Levante, secondo alcune fonti storiche, fu aggravata in modo insopportabile. Soggetti di questa imposta non furono soltanto le galere da mercato ma anche altri tipi di navi veneziane. Per le navi private veneziane che navigavano nel Mediterraneo l'imposta pote essere sopportabile poiche mercanti potevano recarsi ad un porto informandosi del clima mercantile locale ; invece, le rotte delle galere da mercato furono prefissate dall'autorita veneziana e non sottoposte a cambiamento. Lo scopo di questo saggio e di mettere in luce alcune cause dirette dell'emanazione di tale legge.
著者
堤 泰徳
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.34, pp.161-180, 1985-03-30

Il Futurismo italiano deve essere considerato come un fenomeno sul nodo dell'asse sincronico e quello diacronico, dell'asse europeo e quello italiano. Il mio interesse per il Futurismo sta nel fatto che le avanguardie artistiche del Novecento si sono sviluppate in ogni parte d'Europa contemporaneamente. Sapere piu precisamente perche queste avanguardie (Futurismo italiano, Futurismo russo, Espressionismo, Dadaismo, Surrealismo, ecc.) sono nate via via nel primo ventennio del nostro secolo, e quale e stata la parte piu sinificativa del Futurismo italiano come primo autentico movimento d'avanguardia e uno scopo principale della mia ricerca. Nell'articolo ho limitato la ricerca di questo fenomeno multilaterale solo al campo della poetica, ma la poetica dovrebbe essere studiata dal punto di vista linguistico, storico, artistico e critico. F. T. Marinetti, la cui formazione calturale e letteraria fu esclusivamente francese e simbolistica (nato a Alessandria d'Egitto, 1876), prospettava una sia pur minima possibilita di nuova poesia nel rovesciamento della poetica irresistibile di Mallarme e anche nel capovolgimento della storicita della poesia italiana.
著者
斎藤 泰弘
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.43, pp.28-55, 1993-10-20

"Salvatico e quello che si salva". Leonardo ha scritto nel suo Codice Trivulziano questa frase misteriosa e ambigua e che finora nessuno e riuscito a interpretare in modo convincente. Ma il vero senso di questa frase lo si puo, chiarire solo confrontandola con un passo di Machiavelli che considera le ragioni per cui non ci rimane nessuna traccia dell'antichita remota. Secondo lui, fra le cause che estinguono le civilta umane e riducono a pochi gli abitanti del mondo, la piu importante e costituita dalle innondazioni, perche sono le piu universali e "quegli che si salvono sono uomini tutti montanari e rozzi". Vale a dire, solo gli "uomini selvatici" sopravvivono al Diluvio universale e poi ricominciano a costruire da zero la loro nuova civilta. Cosi diventa chiaro che la frase ambigua di Leonardo nasconde in se un pensiero escatologico e, nello stesso tempo, ciclico della Storia umana, e i due ricercatori della Natura e dell'Uomo hanno molti concetti fondamentali in comune. Per esempio Leonardo definisce la forza come una "virtu spirituale, la quale e creata e infusa, per accidental violenza, dai corpi sensibili negli insensibili, dando a essi corpi similitudine di vita, la qual vita e di mararigliosa operazione", e ne formula una proposizione generale : "La forza nasce per violenza e muore per liberta". Si noti che questa concezione della forza e un po'troppo antropomorficizzata. Al contrario il concetto della virtu machiavelliano e molto de-spiritualizzato e quasi si identifica con la forza di Leonardo. Ad esemio parlando dell'esercito, Machiavelli afferma "quivi essere maggior virtu [=forza militare] dove la elezione [=liberta di scelta] ha meno autorita", e questa virtu nasce dalla necessita [=mancanza di liberta]. Accoppiando i termini corrispondenti forza=virtu, violenza=necessita e liberta=elezione, ci si accorge subito che le due proposizioni hanno una stessa struttura e uno stesso significato fondamentale : qualsiasi costringimento (violenza o necessita) fa aumentare l'energia potenziale (forza o virtu) e la liberta la fa perdere. Tutto sommato, questa legge universale sull'Uomo e sulla Natura si fonda sulle osservazioni dell'acqua, l'elemento piu minaccioso e dannoso per la vita umana. Cosi, secondo i due pensatori rinascimentali, il compito piu degno dell'Uomo come la "seconda Natura" e di dominare e controllare la forza naturale, compresa quella propria dell'uomo, per creare un nuovo mondo artificiale dell'Uomo.
著者
池田 廉
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.19, pp.10-29, 1971

<p>L'articolo e composto di cinque capitoletti intitolati rispettivamente "Raporto del Boccaccio con i due Poeti, nelle sua vita" (cap. I), "Fiorentinita, amor civile, del Boccaccio" (cap. II), "Suo giudizio sui Poeti" (cap. III), "Trasfigurazione dantesca descritta dal Boccaccio, e dal Bruni" (cap. IV), e "Valutazione generale sui Poeti net primo Rinascimento" (cap. V) ; tra cui saranno pubblicati i capitoli III e IV, sul prossimo numero de1 "Japan Science Review", Tokyo 1970. Nella sua prefazione l'Autore chiarisce il significato del tema "tradizione del paragone tra Dante e il Petrarca" che, secondo lui, nella storia della critica, forma la preistoria degli studi "sul giudizio del Petrarca intorno all'Alighieri" : studi tanto fioriti, dopo la corrente della critica storica filologica del secondo Ottocento, sia per le interpretazioni filologiche sempre nuove sui documenti fondamentali dell'argomento, ades. Ep. ram. XXI-15, sia per l'ultima disputa sul concetto del Rinascimento. D'altro canto, egli non trascura di notare tale coscienza della tradizione del<<paragone>>in alcuni critici italiani e tedeschi, tra i quali G. Voigt che scrisse in una nota del cap. III, Lib. I della "Xiederbelebung des Classischen Alterthums", "En Italie, les rapports de D. e de P., ont donne lieu a un bon nombre de tarvaux et son devenue comme le thene prefere des erudits"(trad. francese) ; L. Martinelli, studioso della fortuna dantesca, che narro la "grandezza di D., davanti all' amato P., che costituisce ormai. il termine di raffronto continuo" ; B. T. Sozzi, che studiando sul Petrarchismo del Ciquecento, defini che "esso ha assunto la forma di opzione per D., e in quell'illegittima ma pur consueto parallelo e confronto e contrasto tra D. e il P.". Ora l' Autore mira a sistematicamente rilevare tale tradizione, stabilendo i limiti estremi dell'esame tra iI Boccaccio e il De Sanctis, perche presume che il primo ne formo l'ossatura, assai prima del Parallelo del Bruni in forma diretta, e che il secondo la completo nel suo storicismo peculiare dialettico, un po' dopo il "Parallelo" del Foscolo, talmente che dopo di lui il tema del<<paragone>>stesso comincio a scolorirsi davanti al crocenismo e alla critica filologica moderna. Nel primo capitolo, descrive i lineamenti cronologici del rapporto del B. con i Poeti, basato principalmente sugli ultimi risultati dei Proff. V. Branca e G. Billanovich. Nel cap. II, tenta di sottolineare l'amor civile fiorentino del Boccaccio, che gli corre dentro nel giudicare a confronto i due grandi concittadini e poi esamina suoi giudizi particolari sulle due Corone, tenendo conto di ambedue gli aspetti delle loro personalita e delle opere letterarie. Nell'ultimo capitolo da sommaria notizia della vicenda della valutazione dei Poeti nel primo Rinascimento, e conclude : segna la linea parallela almeno nel Trecento la valutazione di entrambi, cioe di Dante unicamente col "Poema sacro" e del Petrarca invece con molte opere umanistiche ; dopo il Trecento comincia quella per il primo a discendere, mentre quella per il secondo ad ascendere assieme alla fioritura dell'umanesimo, ma non senza alcune esistenze eccezionali che sono profondo conoscitore di Dante ; da Trecento in poi, la fama del P. umanistico a mano a mano cede a quella del P. volgare, prima con i "Trionfi", poi con il "Canzoniere"- le cui opere il P. chiamo "nugellae" almeno ufficialmente, rispetto agli scritti latini, - appunto com'e un dramma tanto ironico che la storia pote rappresentare raramente. Inoltre l'Autore ci da alcune considerazioni : a)l'apprezzamento del P. nel Rinascimento e diretto, oltre al profondo conoscitore</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>
著者
北田 葉子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.41, pp.205-225, 1991-10-20

"Anche se e minacciato dalla tortura, interrogi su quale e sua intentione", ordino il pontefice Urbano VIII. Nel processo a Galileo e stata pronunziata una sentenza molto severa, Galileo fece abiura e il Dialogo fu messo all'indice, perche proprio Urbano VIII prese direttamente in mano il processo. Ma Urbano VIII in passato e stato riconsciuto come autorevole appoggio di Galileo. Si dice che i Gesuiti abbiano notificato a Urbano VIII informazioni sfavolevoli a Galileo, percio Urbano VIII si sarebbe adirato. Percio i Gesuiti avrebbero gettato Galileo in un processo religioso. Il conflitto fra Galileo e i Gesuiti prese le mosse dalla polemica sulle comete che continuo dal 1618 fino alla meta del 1620. Secondo studi recenti, i matematici gesuiti erano eccellenti e differenti dai teologi e i filosofi che non capirono il matematico. Percio penso che la polemica delle comete non si sai verificata fra gli scolastici non scientifici e il protettore della scienza nuova, cioe Galileo. D'altra parte Galileo dipendeva da molti mecenati perche non aveva beni personali. Galileo doveva servire i mecenati, cioe scrivere libri eccelenti, fare scoperte e invenzioni e cosi dare onore ai mecenati. I mecenati di Galileo, particolamente i membri dell'Accademia dei Lincei, volevano che Galileo superasse gli Aristotelici della Compagnia di Gesu nella polemica e gli felero scrivere libri che accusavano gli Aristotelici. Anche Urbano VIII e stato uno dei mecenati di Galileo ed apprezzava i suoi studi. Quindi Galileo divenne il supremo scienziato in Italia. Ma i Gesuiti non hanno potuto tollerare questo senza attaccare Galileo. Anche la Compagnia di Gesu come leader curturale e spirituale che sosteneva ciascun gesuita nella sua attivita, non voleva essere ferita nell'onore e perdere il mecenatismo di Urano VIII a causa di Galileo. Non si sa bene come abbia agito la Compagnia di Gesu. Ma ci sono tracce della congiura ordita dalla Compagnia ai suoi danni. Nel 1633, anno processo a Galileo, il mecenatismo nei confronti di Galileo si era indebolito per la morte dei suoi mecenati. Forse aspettando questa occasione, la Compagnia ha attaccato Galileo e lo ha fatto mettere sotto processo. Attraverso queste azioni ha cercato di recuperare il proprio onore e riacquisire il mecenatismo di Urbano VIII.
著者
佐藤 三夫
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.36, pp.32-85, 1986-10-30

Si dice che la piu brillante delle invettive del Petrarca sia il De sui ipsius et multorum ignorantia. Il Petrarca propose di donare la sua biblioteca in eredita a Venezia in scambio di una casa. Al Palazzo Molin che il governo della repubblica gli offri quattro amici vennero talvolta per avere qualche conversazione con facce ridenti e parole affetuose. Pero loro criticavano clandestinamente il Petrarca durante la sua assenza con un giudizio irriverente : <<virum bonum ydiotam>>. Questo giudizio aveva provocato un forte risentimento nel Petrarca che scrisse una invettiva contro quei giovani aristotelici i cui nomi ormai possiamo sapere dalla nota marginale di un manoscritto veneziano : Leonardus Dandolus, Thomas Talentus, dominus Zacharias Contarenus, omnes de Venetiis, et magister Guido de Bagnolo de Regio, primus miles, secundus simplex mercator, tertius simplex nobilis, quartus medicus physicus. Questa opera di polemica e stata diversamente giudicata dai molti studiosi. Per esempio, Ernest Renan considero quegli avversari del Petrarca come averroisti allevati all'Universita di Padova. Paul Oskar Kristeller e Bruno Nardi hanno assunto dai testamenti di Tommaso Talenti e di Guido da Bagnolo che le idee filosofiche dei quattro avversari del Petrarca non fossero state legate con Padova ma anzi con Bologna. Eugenio Garin ha sostenuto che l'oggetto principale della polemica petrarchesca non e affatto l'aristotelismo averroistico, ma la <<sofistica dei moderni>>, cioe la logica terministica. Ed Antonino Poppi dice che il Petrarca nell'epistolario si preoccupa per le deleterie conseguenze dei barbari logici britan-nici e dei teologi occamistici mentre nel De sui ipsius et multorum ignorantia il Poeta denuncia l'empieta degli averroisti, negatori di Cristo e della immortalita dell'anima. E Francesca Lucchetta dice che il Petrarca taccio quei medici-filosofi veneziani di essere <<averroisti>>, percio negatori di Cristo e della immortalita dell' anima, sovvertitori della tradizione. Lei chiama questo tipo di pensatori averroisti storici distinguendoli dagli averroisti teorici. Quanto ai pensieri aristotelici nel De ignorantia del Petrarca si trovano solamente tre problemi : 1. dell'empia Etica aristotelica, 2. dell'eternita del mondo, e 3. della dottrina della doppia verita. Pero quegli avversari hanno sostenuto realmente queste tesi contro il Petrarca? Il Poeta scrisse <<Quid de aliis dicam, qui...mundi huius eternitatem astruunt? In quam sententiam...philosophi fere omnes, et cum illis mei quoque iudices...in-clinant>>. Quindi non si tratta dell'affirmazione reale di quella tese, ma si tratta solamente della presupposizione personale del Poeta. Anche per quanto riguarda la dottrina della doppia verita e la stessa cosa. Possiamo sapere dai loro tes-tamenti come pietosi erano Guido da Bagnolo e Tommaso Talenti. Non si trova nessun documento che il Petrarca leggesse le opere di Aristotele stesso eccetto l'Etica e la Politica. Quasi tutte le sue citazioni da Aristotele sono solamente quelle che prese a prestito da Cicerone e dagli altri classici o dai commentatori come Calcidio. Nel De ignorantia il Poeta disse <<Solebant illi vel aristotelicum problema vel de animalibus aliquid in medium iactare. Ego autem vel tacere, vel iocari, vel ordiri aliud>>. Queste parole non dimostrano la sua ignoranza sui problemi aristotelici? Ma perche il Petrarca e ignorante di problemi aristotelici sebbene lui stesso fosse studente bolognese una volta come Guido e Tommaso? Perche il Poeta era studente nella facolta di giurisprudenza mentre Guido e Tommaso erano studenti nella facolta di arti e medicina. Nell'Universita di Bologna la facolta di diritto e la facolta di arti e medicina costituivano due organizzazioni tutto diversi. Quasi tutte le discipline che i professori della facolta di arti e medicina diedero erano commentarii delle opere di Aristotele. I testi della grarrmatica e della retorica erano di Donato e di Prisciano. E talvolta si usarono la Topica o la Rhetorica di Aristotele. In somma gli insegnamenti della facolta di arti avevano il carattere tutto aristotelico. Gli studenti della facolta di diritto invece dovevano dedicarsi interamente agli studi di Digeta o di Decreta e non avevano tempo di studiare altre discipline come Hastings Rashdall dice.
著者
霜田 洋祐
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.62, pp.1-25, 2012-10-16

I frequenti interventi in prima persona del narratore-autore sono uno degli elementi tipici dei romanzi europei del primo Ottocento. La figura del narratore dei Promessi sposi, per molti aspetti, appartiene a questa tradizione. L'uso manzoniano delle prime persone e, pero, a ben vedere, molto particolare, in quanto lo scrittore milanese le utilizza in modo sistematico. Nell'introduzione dei Promessi sposi, interrompendo <<il proemio>> dell' autore anonimo con un discorso diretto, il Manzoni narratore si presenta con la prima persona singolare. Dopo aver manifestato l'intenzione di <<prender la serie de' fatti>> dal manoscritto e <<rifarne la dicitura>>, pero, comincia improvvisamente a usare la prima persona plurale (plurale "autoriale"). Poiche queste due prime persone, <<io>> e <<noi>>, vengono usate alternatamente nel romanzo, gia alcuni critici hanno giustamente tentato di classificare le loro funzioni mettendo in evidenza la pluralita del ruolo della voce narrante. Tutti i modelli di classificazione elaborati sono basati, in diversa misura, sull'idea di un <<noi>> autorevole che parla con sicurezza e pronuncia la verita. Questa sfumatura di autorevolezza e propria del plurale autoriale, ovvero la prima persona plurale usata al posto della prima persona singolare. Il narratore dei Promessi sposi, tuttavia, fa un largo uso anche della prima persona plurale allo scopo di coinvolgere il lettore. Si tratta del plurale inclusivo (<<io>> + <<voi>>) che potrebbe essere definito un <<noi>> "affettivo". Tra i casi evidenti di questo <<noi>> affettivo si puo classificare l'aggettivo possessivo <<nostro>>, che viene usato riferendosi ai personaggi <<il nostro Abbondio>>, <<il nostro giovine>>, ecc.) e fa in modo che il lettore condivida l'affetto del narratore-autore verso di loro. Insieme alla prima persona dell'aggettivo possessivo, con cui il narratore gioca sulla complicita con i lettori, anche le altre forme (verbale e pronominale) della prima persona plurale vengono usate per includere l'ascoltatore o meglio il lettore. Accanto ai verbi che si riferiscono all'atto del parlante / scrivente (<<abbiamo scritto>>, <<citeremo>>, <<ometteremo>>, <<spendiamo quattro parole>> ecc.), si trovano quelli che sembrano voler coinvolgere il lettore. Tipici sono i verbi che raffigurano chi "vede" i personaggi e la loro storia e seguendoli "si muove" dentro il testo (<<come abbiam veduto>>; <<per andar dietro a Renzo, che avevam perduto di vista>> (XI, 49); <<andiamo a vederlo [=Cardinale Borromeo] in azione>> (XXII, 47); <<Trasportiamoci al castello>> (XX, 42), ecc.). Anche se rimane difficile individuare tra i due poli una linea di confine netta, si deve comunque dire che la differenza tra il <<noi>> autoriale propriamente detto e il <<noi>> affettivo e notevole, e siccome all'interno delle enunciazioni contenenti la prima persona plurale, ritenute per lo piu omogenee, emerge questa varieta significativa, sara opportuno riconsiderare la loro tipologia. Ciascuno dei due tipi di <<noi>>, che compaiono entrambi di frequente nel romanzo manzoniano, ha una propria funzione. I dati raccolti da chi scrive mettono in rilievo la frequenza disuguale delle enunciazioni con il <<noi>> autoriale (esse appaiono in totale piu di 200 volte). Se ne trovano numerose nei capitoli cosiddetti "storici", capitoli in cui vengono narrati i fatti realmente accaduti. Si puo quindi ritenere che l'uso del <<noi>> autoriale sia fortemente motivato dall'atto di riportare le vicende storiche, e che la presenza di questo <<noi>>, creando un effetto di veridizione, contribuisca in un certo senso alla distinzione tra la narrazione storica e quella inventata. D'altro canto il <<noi>> affettivo (presente nel romanzo circa 140 volte), con una distribuzione nei capitoli relativamente equilibrata, viene usato spesso nei cambi di scena. Utilizzandone la funzione fatica o comunicativa, il narratore invita i lettori (solo quelli che hanno percorso con lui l'itinerario del viaggio testuale e non altri) a partecipare al lavoro di svolgere la trama. Dunque, diversamente dai romanzieri della generazione successiva, tendenti a celare i segni dell'<<io>> narrante, il narratore-autore dei Promessi sposi utilizza le vane forme della prima persona valorizzandone attentamente le diverse funzioni cosi da renderle parte della strategia narrativa con cui affronta alcuni dei problemi principali del romanzo moderno: la verosimiglianza del racconto, la veridicita della narrazione e il rapporto con il lettore.
著者
山邉 規子
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.32, pp.16-31, 1983-03-10

All'inizio dell'XI secolo, l'Italia meridionale era suddivisa: Le Puglie e la Calabria erano sotto la dominazione tbizantina, nella Campania c'erano alcuni ducati longobardi e delle citta sotto la supremazia dell'Impero bizantino; la Sicilia infine era nelle mani degli emiri musulmani. Accadde cosi che ogni potere avesse i suoi magistrati che giudicavano secondo le proprie leggi e i propri costumi: furono percio molto diverse fra loro le istituzioni giuridiche. Ma nell'XI e nel XII secolo avenne la conquista normanna. Ruggero II d'Altaviua, il principe normanno, unifico il Mezzogiorno d'Italia compresa la Sicilia. Fondo il Regno di Sicilia mantenendo pero il sistema politico dei suoi predecessori: il suo governo percio ebbe un carattere pluralistico. Gli uffici pubblici erano composti da individui greci, arabi e latini. Negli strati sociali inferiori rimasero come giudici i magistrati precedenti che furono controllati da giudici autorizzati dal potere reale, judex regalis, justiciarius regalis. Sopra gli justiciarii ci fu in piu magister justiciarius, a volte piu di uno. Ma anche questi uffici reali erano generati dal ceto dei magistrati. Anche se il governo normanno esercito la sua autorita, la societa meridionale e i ceti dirigenti non furono alterati grandemente ne rapidamente nei due secoli.
著者
岸本 通夫
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.7, pp.45-50, 1958-12-30

L.A. in questo saggio desidera limitarsi il suo lavoro per raccogliere e elencolare l vocaboli che sono considerati come il latinismo nella Divina Commedia facendo un po' di critica linguistica e stilistica di ciascuna parola, alla fine tenta di classificare tutti questi vocaboli in tre categorie che sono : latinismo che e oramai consolidato come la lingua italiana, latinismo che Dante aveva cominciato a adoperare, latinismo che solo Dante ha adoperato e nessun altro uomo di lettere hanno adoperato prima di lui.
著者
和栗 珠里
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.40, pp.179-204, 1990-10-20

Venezia conobbe il maggior peiodo di transizione nei secoli XVI e XVII, cioe la vicenda da una grande potenza mercantile a una metropoli culturale Europea. Questa ha colto l'interesse dei storici, ma le ricerche sono state concentrate sulle vicissitudini dramatiche della economica veneziana, lasciando quasi non toccato perche negli stessi secoli le arti fiorirono a Venezia. Cerco qua di getter luce su questo problema, con la domanda : perche i veneziani cominciarono a spendere molto denaro in opere d'arte e da dove veniva il denaro? Quelli che commissionavano pitture ed edifici del Rinascimento veneziano nel secolo XVI erano principalmente i ' maggior' nobili. La maggior parte di loro erano diventati proprietari fondiari, mentre abbandonarono il commercio prima della meta del secolo XVI. La gestione fondiaria che esigeva di gran lunga meno reinvestimento di commerci gli permetteva di vivere nel lusso. Inoltre i proprietrari nobili si misero a ostentare la loro ricchezza e il loro alto rango, in parte compensando il prestigio declinante di Venezia quale grande potenza del mondo. Nella seconda meta del secolo XVI si verifico un drastico aumento dell'acquisto dei terreni dovuto alla scarsita di alimenti e alle crescenti difficolta commerciali, due fattori che resero gli investimenti fondiari molto lucrosi. La maggior parte del patriziato e cittadini ricchi erano diventati proprietari fondiari prima del'inizio del secolo seguente. Ricavavano non poca rendita dai loro possedimenti e la spendevano per conspicuous consumption, dando impieghi e assicurando alto livello salariale ai popolani, e i popolani si misero a vivere nel lusso a loro modo. Cosi una consumer society face la propria comparsa a Venezia, dove anche le arti e divertimenti diventarono merci. In tali condiziosi, le arti popolari come teatro ed opera si svilupparono nel secolo XVII. Si puo dire che e il carbiamento avvenuto fra i veneziani da mercanti a proprietari fondiari che fece prosperare le arti a Venezia.
著者
村上 信一郎
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.25, pp.88-104, 1977-03-20

Mussolini, che era stato uno dei capi piu prestigiosi del partito socialista dopo il congresso di Reggio Emilia nel 1912 divenne poi ardente interventista durante la prima guerra mondiale e piu tardi fondo a Milano i Fasci italiani di combattimento, e cioe nel marzo 1919. Cosi si avverte sensibilmente il mutamento della posizione di Mussolini, il quale pero, si deve notare, rimaneva sempre nei limiti del socialismo, in un senso che solo Mussolini gli voleva dare. Per articolare precisamente tale mutamento mussoliniano nella posizione di "sinistra", l'Autore analizza le tracce della sua concezione della religione, rappresentata in particolare come anticlericalismo, prendendo il fatto che per gli uomini di "sinistra" del suo tempo l'anticlericalismo si presentava come un minimo comun denominatore. Con cio l'Autore conclude che la svolta ideologica di Mussolini consiste in una risposta al programma dannunziano per una insurrezione e relativa marcia, la cui data si puo collocare all'incirca il 25 settembre 1920. Questo non significa immediatamente il semplice rovesciamento della sua posizione in un senso reazionario, ma la realizzazione dell'inserimento per Mussolini stesso nel gioco politico-parlamentare a livello nazionale, per cui fin dall'inizio si verificava una frattura profonda fra il fascismo-movimento o fascismo rurale squadristico e il fascismo di Mussolini.
著者
大黒 俊二
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.37, pp.57-75, 1987

Nel suo saggio intitolato "La repubblica internazionale del denaro" (1986), A. De Maddalena ha formulato un'ipotesi, secondo cui nell'Europa dei secoli XVXVII si sia formata una comunita internazionale di mercanti che hanno comuni interessi economici e che si legano tra loro con una solidarieta senza frontiere. Questa comunita internazionale, egli la chama la repubblica internazionale del denaro, e ne enumera alcuni caratteri. Nel presente saggio ho tentato di esaminare uno di questi ultimi, la comune mentalita dei mercanti di questa repubblica, servendomi dei manuali mercantili ('La pratica di mercatura') dell'epoca, scritti da tre mercanti-scrittori : Benedetto Cotrugli, Giovanni Domenico Peri e Jacques Savary. Quattro sono le conclusioni che emergono dall'esame : 1. L'idea che il commercio sia 'necessario' e 'utile' all'umanita e allo stato, dunque sia un'opera 'nobile', e condivisa da tutti i tre mercanti-scrittori. 2. Questi sono d'accordo nel sostenere che il commercio cosi 'necessario', 'utile' e 'nobile' conviene che sia condotto, non dai piccoli rivenditori o manifatturieri, ma dai grossi negozianti, uomini nobili e degni. 3. La cultura umanistica, in particolare la capacita di leggere e esprimersi in lingua latina e, secondo Cotrugli e Peri, importantissima per i mercanti, non e necessaria secondo Savari, ma attraverso le opere di tutti e tre ci si puo accorgere della prevalenza tra i mercanti della repubblica dell'atmosfera umanistica. 4. I tre caratteri di sopra enumerati si simboleggiano nalle espressioni 'il mercante perfetto ', 'il negotiante (perfetto) ', 'le parfait negociant', che sono anche i titoli delle loro opere. L'aggettivo perfetto ne rappresenta l'idea centrale, che si e formata prima nall' Italia di Rinascimento, e poi, dopo il XVI secolo, e recepita dai mercanti d'altri paesi europei.
著者
谷 泰
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
no.21, pp.25-47, 1973-03-20

L'eresia dei cosidetti "Apostoli" si e sviluppata all'interno di un movimento che si e diffuso nell'Italia settentrionale nella seconda meta del duecento. Fufondato a Parma nel 1260 da un illetterato, Gherardo Segarello, il quale fuscomunicato e in seguito condannato al rogo nel 1300. Gli altri membri tuttavia continuarono sotto la guida di Fra Dolcino ma furono perseguiti dacrociate papali e infine dispersi. Sulla dottrina millenaristica di Fra Dolcino, possiamo sapere dalle sue tre lettere Presentate nel "De secta illorum qui sedicunt esse de ordine Apostolorum" da Bernardo Gui, invece della dottorinadel fondatore, Segarello e dei suoi compagni nel primo periodo della storia "Apostolica" , non si trova alcun documento scritto direttamente da loro, masolo da coloro che volevano condannarli o li guardavano con occhio parzialee con disprezzo. Segarello non voleva essere autorita fra gli "Apostoli" secondo il suo principio anti-gerarchico e non professava il millenarismo, mentre Fra Dolcino fu addirittura considerato papa e profeta e guido i compagni con una interpretazione personale della teoria millenaria joachimistica. Cosi dato che il movimento degli "Apostoli" passo attraverso due periodi con differenze dottrinali, il pensiero iniziale deve essere ricostruito. In questo articolo ho provato ad esaminare la dottrina del Segarello e dei suoi seguaci attraverso le frammentarie descrizioni di scrittori che vedevano le cose dall'esterno o che erano malintenzionati. Prima di tutto e opportuno dire che queste descrizioni ci rivelano due aspetti apparentemente contradditori nella realizzazione della vita religiosa del Segarello e dei suoi seguaci : l'uno ascetico e l'altro sensuale. Dalle descrizioni di Salimbene de Adam, sappiamo che essi, calzando sandali e coprendosi con mantelli, seguivano l'ideale della poverta evangelica e mendicavano di citta in citta e di paese in paese senza convento ne fissa dimora e senza eleggere tra di loro un'autorita. Da questi dati si puo dire che la loro dottrina ed il modo di vivere volevano realizzare l'ideale della vita apostolica in un certo senso in modo piu severo e piu radicale dei Frati Minori. Inoltre le descrizioni di Salimbene e gli Acta Sancti Officii Bononie ci informano che Segarello e i seguaci trascurarono e anzi negarono il significato del sacramento dell'Eucaristia. Se il fatto di negare il sacramento e basato sul concetto dell'inefficacia del sacramento amministrato da un ministro indegno, possiamo mettere questi "Apostoli" tra quegli estremisti che ricercarono la vita apostolica ma tuttavia non furono al di fuori dell'ortodossia. Ma sembra che il sacramento sia genericamente negato indifferentemete dalla qualificazione del sacerdote. D'altra parte altre descrizioni di Salimbene e alcuni altri documenti dell' inquisizione ci presentano l'aspetto carnale dei "Apostoli" . Per esempio Salimbene dice che Segarello che voleva somigliare al figlio di Dio, si fece circoncidere e giacendo in una culla succhio il latte dal seno di una donna come il Bambino Gesu e fece spogliare i suoi seguaci davanti a una donna in occasione del riconoscimento di "Apostoli" per imitare il Cristo nudo della passione. Salimbene e altri scrittori riportano tanti altri esempi che dimostrano la loro intemperanza sessuale. Cosi Salimbene li chiama ribaldi che si dicono Apostoli ma che di fatto non lo sono. A questo punto dobbiamo prestare fede ciecamente a coloro che dicono che Segarello e compagni furono dei ribaldi, che si travestivano da Apostoli come tanti falsi mendicanti e predicatori laici che troviamo spesso in questo periodo e che non facevano altro se non criticare sacerdoti e monaci, oppure ci e lecito mettere in dubbio la testimonianza di questi scrittori perche essi seguirono le voci malintenzionate e messe in giro da coloro che volevano condannarli per paura dei movimenti radicali di riforma della Chiesa? Qui mi chiedo se e possibile ricostruire un quadro integrale della dottrina nella quale i due aspetti apparentemente contradditori possano coesistere. A quest scopo non possiamo trascurare una delle risposte di un "Apostlo" durante il processo di inquisizione. A proposito dell'intemperanza sessuale degli "Apostoli", egli risponde che i contatti carnali sia tra i due sessi che tra persone dello stesso sesso non sono peccato se chi li compie e un uomo perfetto: cosi egli ammette l'intemperanza sessuale degli "Apostoli". Non mi sembra azzardato affermare che la loro, definizione di uomo perfetto si riferisca a colui che e stato riconosciuto Apostolo attaverso il rito dell'imitazione di Cristo nudo, rito che e l'ultimo stadio di una via di perfezione fatta di una serie di azioni che imitano alla lettera lavita degli Apostoli e di Cristo. Essi mi sembrano appartenere a coloro che hanno cercato la salvezza, o meglio l'unione con Dio non attraverso il sacremento ma attraverso l'imitazione quasi rituale della vita apostolica e di Cristo: essi hanno sognato un mondo di uomini liberi, di cristiani perfetti, al di fuori della chiesa gerarchica. In questo senso la dottrina di Segarello e dei suoi seguaci si avvicina a quella della setta "Spiritus Libertatis".
著者
南部 雅美
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.46, pp.53-71, 1996

Come pioniere della scienza moderna, nascendo in un'epoca in cui era ancora dominante la fisica aristotelica, Galileo insiste attivamente sulla necessita di un nuovo metodo per le scienze naturali, caratterizzato dall'uso della matematica e applicato alla sua ricerca. Insomma insiste sulla matematizzazione della fisica. L'evoluzione delle scienze matematiche nel Rinascimento, e in particolare della meccanica, ha portato al metodo galileiano. Ma la posizione di Galileo non si limita all'ambito di tali scienze tecniche. Egli insiste sul fatto che la verita e l'essenza della natura possono essere conosciute proprio con l'uso della matematica. Questo saggio ha lo scopo di esporre il modo in cui Galileo giustifica la fisica matematica come la scienza nella quale si ricerca la verita della natura. All'inizio Galileo ha cercato tale giustificazione appellandosi all'apoditticita della matematica. Ma in fondo, in questo modo emerge il problema se la verita della matematica corrisponda ai fenomeni della natura. Questo costituisce la questione fondamentale della sua argomentazione. Nel Dialogo, I'insistenza sulla conformita della verita naturale alla verita matematica ha qualche cosa di forzato. Ma nei Discorsi, in cui intende presentare le leggi naturali che ha scoperto, il suo ragionamento diventa piu stringente. Qui Galileo evidenzia una metodologia graduale basata sui processi di deduzione matematica e sulla verifica sperimentale, attraverso la quale ha confermato la legge da lui scoperta. Ma per affrontare la questione se la verita della matematica corrisponda ai fenomeni della natura, non si puo ignorare il problema dell'astrazione. Galileo ha individuato le leggi matematiche implicite nella natura, attraverso I'idealizzazione dei fenomeni naturali. Quindi tali leggi costituiscono un'approssimazione rispetto al mondo reale. Riconoscendo tale fatto, Galileo ha rinunciato alla giustificazione teorica della conformita delle verita matematiche alle verita naturali, e ha provato a giustificare la fisica matematica appellandosi ala sua utilita pratica. Cosi, e difficile dire che la giustificazione della fisica matematica di Galileo abbia avuto successo dal punto di vista filosofico. Ma tale giustificazione era necessaria per lui che aveva insistito sul fatto che la verita della natura era conoscibile con il metodo matematico e sperimentale. La nuova scienza, che ha il grande vantaggio di poter fare previsioni, si e sviluppata proprio a partire da Galileo, la cui metodologia ha normalmente garantito la validita della teoria scientifica. Ma questa scienza si trascina dietro il problema che se da un lato la verita scientifica pretende di essere equivalente alla verita naturale, dall'altro, le leggi scientifiche restano delle approssimazioni rispetto alla realta.
著者
長野 徹
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.44, pp.100-121, 1994

La letteratura fantastica e spesso legata alle sensazioni di"paura"o di"inquietudine", perche queste sensazioni compaiono quando l'irreale, l'inspiegabile, lo strano, il soprannaturale invadono la realta;e la letteratura fantastica, nella forma di racconto, tratta proprio di tale conflitto tra la realta e l'irreale. Frend, analizzando alcune opere letterarie nel suo saggio Das Unheimliche(Stranezza inquietante), spiega che le sensazioni di paura o di inquietudine derivano dal ritorno, come estraneo e pauroso, di un contenuto rimosso, gia familiare e conosciuto. Come nello schema freudiano, anche nelle molte opere fantastiche di Dino Buzzati, la paura e l'inquietudine nascono dove il nascosto, il celato, il rimosso(dal mondo reale o dalla coscienza)appaiono di nuovo in forma inaspettata. Lo scrittore descrive l'angoscia di uomini impigliati in destini misteriosi, cioe controllati dal meccanismo irrazionale e illogico dell'inconscio, che trasforma il familiare nell'estraneo. Ma gli avvenimenti strani, inquietanti e paurosi, le cose misteriose delle opere buzzatiane, si rifiutano, nel racconto, di essere interpretate come allegoria o metafora di qualcosa, o di essere ridotte a dimensioni razionali;mancano sostanzialmente del"signifie"(significato)che dovrebbe corrispondere al"signifiant"(significante). Sotto questo aspetto, il suo fantastico si puo definire un'espressione di"nonsenso"in senso lato, che tendea scuotere e travolgere la stabilita dell'ordine del mondo reale ed a suscitare la"paura"e l'"inquietudine"esistenziali.
著者
星野 倫
出版者
イタリア学会
雑誌
イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
巻号頁・発行日
vol.69, pp.49-72, 2019 (Released:2021-01-23)
参考文献数
54

Benché la pubblicazione dei saggi di Bruno Nardi Dal «Convivio» alla «Commedia» abbia a lungo relegato il Convivio al ruolo di opera minore e intermedia utile all’interpretazione del Poema, oggi gli studiosi tornano a guardare quest’opera con rinnovata attenzione e ad interrogarsi sul progetto che l’ha portata alla luce. In questa direzione si muove anche la presente indagine, volta ad individuare fonti e modelli dell’opera, da Brunetto Latini a Cicerone.Dante, nel noto capitolo (Conv. II, xii) in cui espone la propria formazione culturale fiorentina dopo la morte di Beatrice, indica due testi: il De consolatione Philosophiae di Boezio e il De amicitia di Cicerone: mentre sul primo, racconto autobiografico in forma di prosimetro, non vi sono dubbi, risulta più difficile inquadrare il peso del dialogo ciceroniano nell’elaborazione del Convivio. Per quest’opera, infatti, è stato piuttosto indicato come modello il Tresor di ser Brunetto, che di Cicerone fu volgarizzatore e commentatore a Firenze.Brunetto, nella Commedia, affida a Dante il proprio lavoro con le parole «Sieti raccomandato il mio Tesoro» (Inf. XV, 119): segno dell’esplicito riconoscimento dell’opera enciclopedica del maestro come uno dei testi di riferimento da parte dell’allievo. Per quanto siano almeno sette i casi in cui il Convivio mostra riferimenti alla Rettorica, traduzione parziale del De inventione ciceroniano con ampio commento, e ben venticinque al Tresor, ciò non consente di definire il Tresor quale modello del Convivio. La leggerezza e la gioia che traspaiono dalla narrazione del Tresor (l’autore paragona le virtù cardinali con gioielli in Tres. II, i, 3), non si riflettono nella gravità e scientificità ricercata dal testo di Dante, e la lingua del Tresor, il francese, è lontana da quella dell’allievo.Simone Marchesi (2001) ha individuato nel primo trattato del Convivio (Conv. I, xii, 10) la citazione di un passo del Tresor (Tres. II, xci, 2, che è in realtà una libera traduzione del ciceroniano De Officiis II, xi, 40) senza evidenziarne l’eco brunettiano, citato tuttavia esplicitamente dal poeta nel quarto trattato. La ricezione dantesca di Cicerone appare aver acquisito progressivamente peso anche nel processo di composizione del Convivio, il che induce a considerare l’opportunità di indagare l’opera ciceroniana come fonte e modello dell’opera.Nel Convivio Cicerone è esplicitamente citato ventuno volte. Dante dichiara di aver letto a Firenze il De amicitia, citandolo nel primo trattato quasi letteralmente; il De senectute, che affiancava il De amicitia nella didattica medievale, è citato una volta nel secondo trattato e sette nel quarto; del De Officiis invece, come già osservato, non si rilevano tracce nei primi tre trattati, ma nel quarto ne compaiono sette citazioni.Il testo che si intende sottoporre all’attenzione qui è il De finibus bonorum et malorum, opera citata da Dante prima di tutti gli altri testi ciceroniani. Al De finibus, opera filosofica corposa e distante da opuscoli didattici quali il De amicitia o il De senectute, il poeta si ispira in Conv. I, xi, 14, allo scopo di giustificare la scelta linguistica del volgare, richiamandosi al passo ciceroniano (Fin. I, [ii], 4) che difende la legittimità dell’uso del latino per la disquisizione filosofica. Esaminando la diffusione dei manoscritti ciceroniani nell’Italia medievale, L. D. Reynolds (1992) ha messo in luce come il De finibus fosse giunto a Padova a fine Duecento e da lì avesse preso a circolare nel Nord della penisola. L’esiliato Alighieri viene in contatto con quest’opera, ne legge l’inizio del primo volume e lo cita nel primo trattato del Convivio, illustrando estesamente (dal cap. v al xiii) la scelta del volgare per il commento delle sue canzoni filosofiche. Potrebbe dunque essere proprio il(View PDF for the rest of the abstract.)