- 著者
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斎藤 泰弘
- 出版者
- イタリア学会
- 雑誌
- イタリア学会誌 (ISSN:03872947)
- 巻号頁・発行日
- vol.72, pp.67-92, 2022 (Released:2022-11-09)
- 参考文献数
- 11
Nel presente articolo vengono trattate le vicende di una causa civile in cui Stefano Pirandello, figlio di Luigi, fu accusato di essere il vero autore di un soggetto del padre: Il figlio dell’uomo cattivo, che fu acquistato dall’imprenditore G. Manenti nel 1936 in qualità di “soggetto originale dell’Accademico Luigi Pirandello” poco prima della morte del premio Nobel. Tuttavia, dopo la sua scomparsa l’imprenditore denunciò il soggetto come “apocrifo” indicando Stefano come il suo vero autore. Per controbattere l’accusa, Stefano presentò un memoriale in cui venivano indicate dettagliatamente le modalità di svolgimento di questo tipo di lavoro, nonché le parti della trama modificate per interferenza censoriale del governo fascista e del Sant’Uffizio. Tale vertenza si concluse con una transazione in cui Stefano fu assolto dall’accusa a lui rivolta.Questo Memoriale di Stefano ci rivela chiaramente il funzionamento dell’officina creativa di Pirandello: lui parla liberamente agli amici intimi delle sue idee in merito a vari soggetti, accettando volentieri le loro proposte per migliorarli, mentre Stefano, il suo “negro” (inteso come “schiavo”), prende nota di tutto quello che gli detta il padre, e allo stesso tempo cerca di colmare le lacune dei racconti inventando nuovi episodi. Egli stesso nel suo Memoriale confessa quanto segue: “Accanto a Pirandello, chi sa come, ci sentiamo tutti bravi a inventare. Bravi come lui. Bravi anche più di lui. Chi sa come, poi, senza Pirandello, siamo tutti un po’ meno bravi. […] Il merito di questo fervore inventivo restava per intero alla fantasia creativa […] che era la fantasia di Pirandello”.Il “negro” Stefano collabora volentieri con il padrone posseduto dal suo demone creativo. L’editore Bompiani ci fornisce una spiegazione convincente in merito a questa strana relazione fra i due: “Il rapporto di Stefano col padre era del tutto fisiologico: Stefano aveva un cervello simile, ma critico, e Pirandello se ne serviva come di un proprio organo.” (da Il mestiere dell’editore). Una volta completata la stesura, Pirandello regolarmente considerava come proprio tutto ciò che veniva scritto da Stefano senza apportare nessuna modifica al testo.Questo atteggiamento potrebbe essere riconducibile al fenomeno del “padre-padrone” specifico del Meridione; Stefano dedica tutto sé stesso al padre, lavorando come un “negro” e perfino tramutandosi nel coautore del padre, alimenta la sua creatività anche dal di dentro.Tuttavia, quando il padre gli impose di pubblicare un intero scenario a nome suo per ripicca nei confronti di un ordine del governo fascista—è il caso dell’Acciaio—, il figlio non poté sottrarsi a un forte rimorso di coscienza, e giungendo perfino a deridere i critici incapaci di distinguere le differenze di stile, confessò in modo autolesionistico di esserne stato il vero autore.Da questo Memoriale rivelatore del funzionamento dell“officina Pirandello” si può intuire che il figlio non è mai riuscito a liberarsi dalle catene del padre, nemmeno dopo la morte di quest’ultimo, e visse come un buon figlio docile covando un sentimento ambivalente di amore-odio nei confronti del “padre-padrone”. In ultima analisi Stefano si sentiva anche lui come il figlio dell’uomo cattivo.